Cecco Beppe non ci mise molto a capire che i soldati trentini sul fronte italiano sarebbero stati poco opportuni. Di madrelingua italiana, molti irredentisti o quantomeno filoitaliani, si sarebbero trovati a combattere contro quella che consideravano la loro madrepatria.
La mobilitazione generale della popolazione maschile fra i 20 e i 42 anni (dopo il 1915 fino ai 50) fece sì che dalle valli del Trentino partissero poco meno di 60.000 uomini, più del 15% della popolazione, che finirono per la maggior parte ben lontani dall'Italia, sul fronte orientale fra i Carpazi e la Galizia, insieme ai soldati delle altre province italiane dell'impero austroungarico.
Circa 12.000 non tornarono più e già nel secondo anno di guerra altri 12.000 erano prigionieri disseminati in vari campi di concentramento, a cercare di sopravvivere alla fame e al freddo delle steppe russe, dimenticati da Vienna che di loro si fidava ben poco.
Come primo intervento l'Italia, alleata dell'Impero Russo, riuscì ad ottenere per loro la condizione di "soldati non ostili" facilitando loro la sopravvivenza, quindi, nel 1916 il governo creò una Commissione, composta da 20 ufficiali, che partì per Pietrogrado con il compito di trovare, raccogliere e riportare in Italia quanti più prigionieri possibile.
Già il 24 settembre del 1916 un primo gruppo di quasi 1700 prigionieri venne imbarcato su una nave diretta, via Polo Nord, in Inghilterra. Seguirono altre 2 partenze e a fine novembre circa 4000 soldati erano rientrati in Italia, dove li aspettava il riconoscimento della cittadinanza italiana e un campo di raccolta: le loro case erano ancora in territorio nemico.
All'inizio del 1917 l'inverno russo, le vicende della guerra e la Rivoluzione di febbraio complicarono enormemente le cose. Il maggiore Cosma Manera si trovò con 3 battaglioni da far rientrare e nessuna collaborazione russa né mezzi di trasporto. Suddivise i suoi 2000 uomini in piccoli gruppi che, alla spicciolata, salirono sui pochi treni che ancora viaggiavano attraverso la Siberia. In capo a due mesi, con percorsi diversi, si ritrovarono tutti a Vladivostok, dove l'ufficiale sperava di trovare modo di imbarcarli.
Purtroppo a Vladivostok la speranza andò delusa: in città, affollata di truppe alleate, non c'era né modo di acquartierare gli ex prigionieri né navi dirette verso l'Europa. Manera prese a questo punto una decisione coraggiosa: raggiungere la concessione di Tientsin, che l'Italia aveva ottenuto dalla Cina come riconoscimento per il suo intervento durante la rivolta dei Boxer.
Il viaggio fu lunghissimo, le strade pessime, i mezzi di trasporto malsicuri, ma nel marzo del 1918 Manera e i suoi uomini erano a destinazione. Da qui, gli uomini che non entrarono a far parte del "Battaglione Irredenti" impiegato in Siberia nella lotta antibolscevica, vennero, per vie diverse, rimpatriati.
Un gruppo consistente via nave fino alla costa occidentale degli Stati Uniti, quindi in treno a New York, di nuovo in nave fino a Genova ad attendere la fine del conflitto e il ritiro degli austriaci dal Trentino.
Il mio nonno rientrò a casa nel 1919, 4 anni dopo la partenza e dopo aver fatto l'intero giro del mondo.
Ciao Francesca, mi chiamo Ana Miravalles, sono argentina, i miei nonni materni sono venuti in Argentina dal Trentino (Poia, Lomaso) nel 1924 (lui) e 1928 (lei). Anche mio nonno ha fatto parte di questo gruppo di prigionieri in Russia e questa storia me l'ha raccontata parecchie volte, fino a quando è morto nel 1984. Adesso mi interssa sapere un po' di più su quest'esperienza incredibile: forse tu hai un racconto più particolareggiato di tuo nonno? Mi piacerebbe molto leggerlo.
RispondiEliminaUn cordiale saluto
Ana Miravalles
amiraval@criba.edu.ar
anamiravalles@hotmail.com
Ciao Ana!
RispondiEliminaCome immagini il mio nonno non c'e' piu' da molti anni, e ormai non c'e' piu' nemmeno la mia mamma. Lui non lascio' scritto nulla purtroppo.
Ho in casa pero' un paio di libri che raccontano questa storia basandosi su interviste e diari di chi qualcosa ha scritto. Purtroppo sono fuori catalogo e non sono previste ristampe. Se hai pazienza, ma molta pazienza ;), ti digitalizzo qui e la' le pagine piu' interessanti e te le mando via e-mail.
Il prossimo mese sono molto impegnata con il lavoro, ma dopo avro' un po' di tempo libero e lo faccio volentieri.
Strani i casi della vita: il mio compagno e' nato in Argentina, vicino a Cordoba: i suoi genitori erano emigrati dal Trentino nel 1953. Si ricorda poco pero', lui e' tornato in Italia che era piccolino.
Ciao :)
Ho letto l'introduzione fatta a riguardo delle vicende in cui furono protagonisti i richiamati di lingua italiana dell'impero austro-ungarico. Non ritengo appropriato il commento che fa capire che la maggior parte di loro erano filo-italiani. Non è vero! Nel Distretto di Cervignano (Küstenland-Friuli Orientale) a parte qualche decina di persone provenienti dal ceto borghese e benestanti non c'è stato nessuno che ha disertato prima del 24.5.1915.
RispondiEliminaBastava saltare un fosso, attraversare un corso d'acqua ecc.
Il sentimento di unione all'Italia non era sentito!!!!!
Qualche centinaio di persone invece, chiamate all'epoca "regnicole" e cittadini italiani ha tutti gli effetti ha preferito rimanere nelle loro dimore (in Austria-Ungheria avevano trovato lavoro)ed esser internate in Austria per non ritornare in Italia e correre il rischio di dover partire subito alla guerra. Potrei continuare con altri particolari...
Caro Anonimo, che introduzione hai letto? Di che commento parli? Di questo post? Se e' di questo che parli, non c'e' scritto da nessuna parte che "la maggior parte di loro erano filo-italiani." Ho scritto "molti". Ed e' innegabile che molti lo fossero, almeno dalle mie parti. Nella mia famiglia la quasi totalita', nel mio paese la maggioranza di chi professava un'idea.
RispondiEliminaA molti altri importava solo salvare campi, mogli e vacche, e non sentivano nessun richiamo nazionalistico (e non so dare loro torto), e le vicende della storia li hanno travolti. ALtri, tanti, avrebbero preferito restare austungarici. Conosco personalmente qualche nostalgico con il ritratto di Cecco Beppe in soggiorno.
Peraltro la mia non e' una valutazione di merito e la retorica dell'italianita' e' lontana da me anni luce.
E dunque non vedo il motivo di polemizzare.