Cesarino Fava. (foto al borde)
"E' morto Cesarino, un grande vecchio saggio. Fino a pochi mesi fa, a quasi 88 anni, li avrebbe compiuti il prossimo 12 giugno, conservava una freschezza e lucidità invidiabili. Grande appassionato e amante delle montagne, sia del suo Brenta che della Patagonia.
Il Cesarino migliore era quello che parlava della vita, delle ingiustizie del mondo. In particolare dei "poblones", i poveri delle bidonville, illusi di potersi costruire un futuro su terre ostili nella lontana Argentina dove lui aveva vissuto per tanti anni.
[...] Ho perso, abbiamo perso tutti, una gran bella persona"
Giorgio Gajer,
segretario per l'Alto Adige del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Spelelologico) Lettera al quotidiano Alto Adige del 24 aprile 2008.
Martedì è morto «Patacorta», zampacorta da quando si congelò i piedi e dovettero amputargliene un bel pezzo, per tentare di tirar fuori dai pasticci un alpinista americano, Richard Burdsall, mollato dalla guida argentina poco sotto la cima dell'Aconcagua, la montagna più alta delle Ande (m.6962). Per dire che tipo fosse Cesarino.
Con la sua camminata inconfondibile dovuta ai suoi cortissimi piedi, ha continuato ad andar per monti fino quasi alla fine, fra la val di Sole dove era nato e tornava appena poteva, e la Patagonia dove era emigrato e lavorava, fra il Cerro Torre, sul quale fu compagno di cordata di Cesare Maestri e Toni Egger nella prima drammatica salita nel 1959, ed il Brenta dove a 81 anni ha aperto una via nuova sulla Cima D'Ambiez.
Nella prefazione al suo libro "Patagonia, terra di sogni infranti" Cesare Maestri scrive: "Cesarino è l’uomo più importante della mia vita." E aggiunge: "E non l’ho scritto perché mi salvò la vita sotto il Torre, quando ero sfinito e moribondo. Quello non conta nulla con Cesarino c’era un legame che si nutriva di altro. Non avevamo neppure bisogno di vederci spesso, bastava poco per capirsi. Lui non è stato un forte alpinista ma un “grande” alpinista e andinista. Tutti gli alpinisti trentini che sono andati in Patagonia gli devono qualcosa, anche quelli che lo hanno pugnalato alle spalle. Lui ha sempre aiutato tutti(*)".
E' partito dal Trentino, tornato, ripartito pendolando fra qui e l'altra parte del mondo, guardando all'emigrazione come ad un'opportunità e non una condanna, un rinnovamento culturale e un arricchimento, al punto da consigliare ai conterranei di ricominciare ad emigrare e a mettere il naso fuori di casa per trovare nuovi stimoli e progetti di vita senza i quali ci si abbruttisce. "Se uscissero per qualche stagione i Trentini non solo ricaverebbero stimoli nuovi, ma apprezzerebbero anche di più, e difenderebbero con più convinzione ciò che hanno a casa, ne sarebbero più fieri, si accorgerebbero che è loro, se non la distruggono, la terra più bella del mondo(**)".
E dopo aver girato il mondo per tutta la vita, Cesarino Fava è morto a Malé, in Val di Sole, nella stessa stanza dove era nato, e lo hanno sepolto pochi metri lontano, in un piccolo cimitero dal quale può vedere le pendici del suo Brenta.
* fonte: quotidiano "IL TRENTINO" 23 aprile 2008
** Franco de Battaglia, quotidiano "IL TRENTINO" 24 aprile 2008
"poblones"? :) temo che gajer abbia copiato male un pezzullo che avevo scritto a suo tempo qua su Fava
RispondiEliminahttp://www.girovagandointrentino.it/puntate/2004/autunno/valdisole/valdisole.htm
ciao
[...]"A quasi 85 anni conserva una freschezza e lucidità invidiabili, e forse il Cesarino migliore è quello che parla della vita, delle ingiustizie del mondo. Come quelle dei "pobladores" (abitanti dei quartieri poveri e delle bidonville)" [...]
Francesca,
RispondiEliminaè un altro "pezzo" di un mondo di un alpinismo, di un modo di concepire e vivere la vita che se ne va. Ero molto piccolo ma la salita controversa al Cerro Torre mi aveva già molto colpito, come tante altre imprese di quei tempi. Non mi importa se salirono o non salirono in cima (Egger e Maestri, con Fava che gli accompagnò sin quasi alla fine) è che hanno avuto il coraggio di affrontare l'ignoto. Grande Cesarino.
Ciao
Guido
agh, secondo me Giorgio ha copiato bene. Vista la miriade di refusi quotidiani credo che ci abbia pensato l'Alto Adige copiando la copia :D
RispondiEliminacomunque così c'e' sul giornale,così lascio qui.
Guido, c'entra un cavolo ma... c'entra: stamane, 25 aprile, davanti alla lapide che commemora il partigiano Manlio Longon, oltre alle solite autorita' con la testa gia' rivolta al pranzo che le aspettava, c'era il doppio almeno di gente rispetto all'anno scorso.
RispondiEliminaC'erano anche alcuni ragazzi con braga vita bassa e cintura D&G e un paio di babbi con piccolino per mano.
Come dire, forse non tutto e' perduto :)
Molto bello, questo tuo ricordo.
RispondiEliminaR.i.p.
RispondiEliminaMisty
Bersntol, vedo che l'hai ricordato anche tu :)
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