domenica 21 ottobre 2007

Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan

Cambiare coalizione in corsa è una specialità degli italiani. Sebbene alleata con l'Impero Austroungarico, l'Italia aveva intensificato i rapporti con Francia ed Inghilterra, preparandosi a cambiare fronte allo scoppio della Prima Guerra mondiale. Per mantenere segrete le manovre diplomatiche, sperando, invano, che l'Austria non subodorasse le sue intenzioni, l'Italia non allestì una linea difensiva lungo le creste di confine, né una rete stradale efficiente per rifornire le truppe in quota, al contrario del previdente Kaiser che dell'alleato italiano poco si fidava.


Così impreparata si trovò a non avere né strade né uomini sufficienti per raggiungere i soldati al fronte. In Carnia, alla richiesta d'aiuto risposero le donne. Uomini validi in paese non ce n'erano più: appena rientrati, gli emigrati erano stati arruolati e spediti su per i monti a presidiare i Sacri Confini.


"Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan" Andiamo, se no quei poveri cristi muoiono anche di fame. Cariche come muli, con gerle pesanti 30 chili e più, compiendo dai 600 ai 1200 metri di dislivello e pagate una lira e mezza a viaggio, poco più di 3 euro attuali, le Portatrici Carniche andavan su e giù dai magazzini di fondovalle fino alle trincee sui monti, di giorno e di notte, d'estate e di inverno, sprofondando nella neve, equipaggiate alla bell'e meglio, calzate con zoccoli di legno o scarpe di pezza, spesso vicino alle operazioni, a rifornire i 10.000 uomini dei battaglioni Tolmezzo e Val Tagliamento di munizioni, vettovaglie, vestiario, lettere da casa.


Partivano in gruppetti che si sgranavano lungo il cammino, portando bene evidente il bracciale rosso di pezza che le doveva far distinguere da lontano dagli alpini ma anche dai nemici, raggiungevano ognuna il reparto dal quale dipendeva, arrampicandosi per sentieri a loro noti da sempre. A volte toccava loro riportare a valle morti o feriti.


Di questo migliaio di donne, 3 vennero ferite gravemente e una, Maria Plozner Mentil, uccisa a 32 anni da un cecchino austriaco. Sepolta con gli onori militari, la sua salma venne poi traslata nel Tempio Ossario di Timau (UD) vicina ad altri 1760 caduti su quel fronte e nel 1997 fu insignita dal Presidente della Repubblica della medaglia d'oro al valore militare.

5 commenti:

  1. Non so come la pensi sulla questione indipendenza del sudtirol, a me sembra che questo blog ragioni in modo molto serio e sia condivisibile, anche se gli obiettivi sono molto onerosi da raggiungere. In sintesi: non italiani, non austriaci ma sudtirolesi. Un'ipotesi per il superamento del problema etnico. Facci un giro e fammi sapere, sono curioso. Io non sono delle tue parti, ma è un tema che mi sta molto a cuore.
    http://www.brennerbasisdemokratie.eu/
    Ciao
    Roberto

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  2. Grazie della segnalazione, Roberto, bel blog me lo leggo con calma.

    Il mio punto di vista sulla questione e' piuttosto articolato, non so se un commento su un blog sia sufficiente per esporlo.

    La cosa che mi infastidisce di piu' è che sono tutti pronti a sostenere l'autodeterminazione dei popoli, basta che siano popoli altri. Per l'Alto adige invece, no. Ora come ora penso che se fosse concessa probabilmente gli altoatesini voterebero per restare dove sono consci di godere di un'autonomia amministrativa invidiabile che ha permesso a questa terra di essere quella che ora e', ricca, discretamente amministrata, sostanzialmente serena. Dall'autonomia hanno avuto enormi vantaggi sia i tedeschi che gli italiani.

    Credo anche che la soluzione vera sarebbe un Europa più forte, un Europa dei popoli e non un'espressione economica di stati uniti solo da motivazioni economiche.

    I partiti cavalcano la tigre di un malcontento etnico in gran parte indotto, dagli uni per mantenere il senso del partito unico di raccolta inventandosi ogni settimana un nuovo contenzioso, dagli altri per rafforzare le destre sulla difesa del gruppo italiano. In mezzo il centrosinistra che non sa che pesci pigliare e da che parte stare. Come su quasi ogni argomento, peraltro.

    Questo in estremissima sintesi, che da scrivere ne avrei per diverse pagine. :)

    Ho letto con dispiacere le considerazioni fatte da Ziliani sul suo blog tempo addietro, ho impressione che si ponga nei confronti dell'alto adige con qualche preconcetto. Come molti turisti italiani che arrivano qui dicendo: qui siamo in italia bisogna parlare italiano, oppure: il cameriere mi ha trattao male perche' sono italiano. Probabilmente il suddetto si era solo alzato con la luna per traverso.

    La faccio finita ma l'argomento meriterebbe ben piu' tempo e spazio.

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  3. Si, Ziliani è un tipo impulsivo, bisogna condurlo al ragionamento in alcuni casi.
    Sei stata comunque chiara e ti ringrazio, penso infatti che da parte italiana di errori ne sono stati fatti e se ne continuano a fare tanti. A parte i politici che sono un caso disperato, mi interessa di più l'uomo comune, colui che ogni giorno deve confrontarsi con la realtà, spesso condizionato anche da media e luoghi comuni.
    Il nazionalismo, comunque, non ha mai fatto bene, soprattutto se viene enfatizzato.
    Credo che i popoli debbano imparare a crescere e convivere guardando ad obiettivi più saggi. Ad esempio non si deve avere paura delle diverse culture, ma imparare a conoscerle per confrontarsi, per apprendere ciò che viene dagli altri, invece di cercare di isolarsi nel proprio mondo. Sarà che io vivo a Roma, una città che ha visto numerose dominazioni, quindi è composta da infinite culture, abitata da popoli assai diversi. Non è priva di problemi ma certamente ha un suo equilibrio.
    L'impressione in Alto Adige/Sudtirol è invece di etnie che non convivono, non si comprendono e non si stimano (salvo ovvie eccezioni), spesso manipolate da politicanti che hanno ben altro interesse che una regione davvero autonoma ed equilibrata. Ma, come dici tu, il discorso è lungo...

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  4. Più che etnie che non si stimano sono etnie che non si conoscono. Per una precisa volontà della SVP che ha perseguito la strada della separazione etnica, da una parte per una comprensibile ma non giustificabile paura dell'omologazione e quindi della perdita dell'identità e della cultura tedesca, dall'altra per meri motivi politici: la paura di perdere lo stato di partito di raccolta e quindi la maggioranza assoluta in provincia.

    Secondo me pero' questo stato di contrapposizione etnica, a parte qualche raro caso, non e' reale. Sono tensioni presenti in una minoranza, enfatizzate e cavalcate dai media e dalla politica. La stragrande maggioranza della gente ha piu' buon senso di quanto appaia sulla stampa.

    Se poi mi parli di qualche vecchio sudtirolese che ancora ce l'ha con gli italiani, con buona ragione, per quello che hanno fatto sotto il facismo, o dei cretinotti neofascisti italiani, o quegli elettori che si sentono discriminati solo in campagna elettorale quando le destre starnazzano, secondo me non fanno testo.

    Un malessere c'e', sono convinta, ma non c'e' disistima reciproca ne' voglia di conflitto.

    Il vero peccato e' che invece che come opportunita' di crescita e di scambio culturale la convivenza sia vista come un rischio. Non e' chiudendosi al mondo che si preserva la propria identita' ma confrontandosi e quindi valorizzando le proprie radici.

    Peraltro, in un mondo sempre piu' piccolo difendersi chiudendo le porte e' una battaglia persa.

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  5. Penso proprio che il tuo contributo sul blog che ti ho indicato sarebbe gradito. Condivido in pieno quello che hai scritto.

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