mercoledì 21 dicembre 2011

Walter e Rossana

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Rossana Podestà e Walter Bonatti in Etiopia nel 2010 (archivio Bonatti; fonte, Epoca, numero monografico del 16 novembre 2011)

Per farmi perdonare di aver onorato con grandissimo ritardo una promessa fatta a Enrica qualche post addietro, violando una marea di diritti pubblico ampli stralci dell’intervista di Emanuele Farneti a Rossana Podestà comparsa sul numero di Epoca dedicato alla figura di Walter Bonatti.

«Ero lì che l'aspettavo ai piedi dell'Ara Coeli, 2 giugno 1981. Ero preoccupata, il tempo passa­va e lui non arrivava più. Ricordo che in quegli anni la zona di notte era mal frequentata e infatti un vecchietto, vedendomi lì in piedi da sola, ha pensato facessi il mestiere e mi ha detto: "Eh no, mo' pure de giorno!". Dovevamo incontrarci alle undici, l'ho aspettato fino alle due del pomeriggio. Poi giro l'angolo e lui è lì, che cerca di convincere i vigili a non portargli via la macchina. Gli avevo detto Ara Coeli, e lui aveva capito Altare della Patria. Siamo stati per ore ad aspet­tarci a distanza di un angolo, come due cretini. Allora gli sono corsa incontro e gli ho detto: "Ma che esploratore sei? Se non mi trovi almeno cercami!"».

«È la prima volta che lo vedo. Salgo in macchina e mi accorgo che guida con due dita sul volante. Penso: ma­gari le altre le ha perse sul K2. Poi frena di colpo, ché mi stava guardando e rischiava di finire in un tram, disten­de la mano e vedo che ci sono tutte e dieci. Meno male, mi dico. Sul sedile posteriore aveva di tutto: corde, ramponi, chiodi da roccia. E carta igienica, che usava per scriverci sopra».

«Le spiego. Dopo oltre vent'anni Walter aveva da poco concluso la sua collaborazione con Epoca, e non era di certo ricco. Alcuni amici gli avevano segnalato una mia intervista in cui dicevo che, se mi fossi trovata su un'i­sola deserta, avrei voluto andarci con lui. Mi aveva scritto una lettera: "Allora quando partiamo?". Così gli avevo mandato il mio numero di telefono. Mi chiama un giorno di fine maggio all'Argentario, dice che potrebbe venire a ottobre. Attacco e penso: be', allora non gli in­teresso poi molto. Un'ora dopo richiama: "Verrei a inizio settembre". La sera chiama ancora e mi dice: "Vengo dopodomani". Ho scoperto in seguito che stava tentan­do di organizzare una conferenza e una scalata lungo la strada per pagarsi la trasferta, per questo quel giorno aveva in auto la sua attrezzatura. Pensava che come at­trice avessi chissà quale tenore di vita ed era preoccupato di dovermi portare fuori a pranzo in un bel posto. Finimmo in un ristorante di piazza del Popolo, e non ci lasciammo più».

Che cosa porta un esploratore nella vita di una diva?

«Un meraviglioso cambiamento, e per certi versi un ritorno. Io e la mia famiglia ce ne siamo andati da Tri­poli che avevo 6 anni, con solo una valigia da 15 chili e pochi soldi in tasca. Sono stata una bambina selvaggia a Fiascherino, non andavo a scuola, uscivo da sola con la mia barchetta, pescavo e crescevo così. Diciamo insom­ma che l'avventura non mi ha trovata impreparata. Ho fatto l'attrice per guadagnare due lire, ma la mia vita vera stava altrove».

Così è cominciata l'avventura.

«Walter voleva iniziare la nostra vita assieme facen­domi conoscere le sue montagne, i suoi sentieri. Così partiamo dalla catena del Bianco, mi porta a vedere la Mer de Glace, il Capucin, il Dru: i luoghi delle sue gran­di imprese. Abbiamo con noi la tenda per stare fuori quattro giorni. Camminiamo coi ramponi tra crepacci profondi 80 metri, quando vediamo salire una tempe­sta. Inizia a nevicare prima che noi si finisca di piantare i picchetti. Siamo rimasti chiusi dentro la tenda per 3 giorni e 3 notti. Il terzo giorno Walter mette la testa fuori, annusa il vento e mi dice: "Scappa via, veloce!". Inizio a correre scalza, facciamo appena in tempo ad allontanarci di qualche centinaio di metri quando cade una valanga proprio sulla nostra tenda. Sei o sette mi­nuti più tardi e non ci saremmo stati più».

«Dopo due anni assieme ha voluto portarmi in Pata­gonia, perché era il reportage di Epoca che mi aveva più emozionato da lettrice. Atterrammo a Comodoro Riva­davia e ci inoltrammo nella prateria. La vista di quell'in­finito mi fece capire che la nostra sarebbe stata un'av­ventura meravigliosa. Costeggiammo le Ande fino alla Terra del Fuoco, fermandoci a vedere le valli che non conosceva, cavalcando e restando per settimane intere nei luoghi che più ci piacevano».

E l'ultimo viaggio?

«L'anno scorso, a Gilf el Kebir in Egitto, dove abbiamo trovato degli agglomerati di roccia trasparente vecchi 30 milioni di anni e mari di sabbia disposta a onde e leggende di un esercito perduto che vagò per 20 giorni senza incontrare nessuna forma di vita né animale né vegetale. Walter disse che era il deserto più bello della sua vita. Era molto stanco, iniziava a stare male»

La storia della malattia di Bonatti è nota: un tumore (al pancreas) che esplode in pochi mesi, lei che prende la decisione coraggiosa e terribile di non dirgli nulla della malattia per far sì che possa vivere la sua vita fino in fondo, l'estate all'Argentario, gli ultimi bagni. Il 12 settembre non respira quasi più, deve essere ricoverato. Lo porta di corsa a Roma, al Gemelli hanno posto solo in corsia, per avere una stanza in cui stargli vicino deve ripiegare su una clinica privata. Dove la situazione sfug­ge di mano, l'ossigeno scappa via, i medici rifiutano la morfina e, utilizzando come pretesto il fatto che i due non sono sposati, la allontanano dal capezzale, si accaniscono nella terapia. Strappando così a Bonatti il conforto della sua compagna negli ultimi istanti di vita, ne­gandogli il diritto di andarsene con qualcuno che ti tiene la mano e ti dice che non sei solo, che non lo sarai mai.

«Ricordo che quando si arrabbiava faceva paura, gli dicevo sempre che gli venivano gli occhi da leone. Ecco, da dietro il vetro di quella stanza vedevo i medici che cercavano di forzargli il respiratore, e in realtà lo soffo­cavano, e dovevano tenerlo fermo in quattro perché aveva trovato ancora un po' di forza, come quel giorno sul Colorado. E, anche se non dimenticherò mai la violenza che ci hanno fatto, ricorderò anche quanto in quei mo­menti sono stata orgogliosa di lui, di quella luce antica che gli ho visto ancora una volta negli occhi».

Cosa è successo dopo?

«Mi hanno chiamata dentro dicendomi che aveva avu­to un attacco cardiaco. Il medico stava dietro le sue spal­le e provava a farlo respirare ancora con un palloncino. Gli ho detto: "Guardi che è morto". Allora lui si è seduto al tavolino e senza dirmi una sola parola di conforto ha preso la penna e mi ha chiesto: "Bonatti si scrive con una o due T?"».

Quando ormai è scesa la sera sul casale di Dubino Ros­sana Podestà sorride.

«Quanto mi piace qui. È la primavera casa di Walter, e per questo non la lascerò mai. È esposta a sud, vedi il sole tutto il giorno e fino a tardi, la sera».

Emanuele Farneti

 

Non esistono “tue” montagne ma esistono tue esperienze. Sulle montagne che hai scalato possono salirci altri, ma le tue esperienze non te le piglierà più nessuno"
Walter Bonatti

martedì 29 novembre 2011

E’ morto un giusto

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(foto AAD)

A soli 51 anni se n’è andato Michele Nardin, anestesista del pronto soccorso dell’ospedale S.Maurizio di Bolzano, alpinista, cofondatore e direttore sanitario dell'Aiut Alpin Dolomites, il soccorso alpino dell’area delle Dolomiti. Chissà quante volte ci è volato sopra la testa, chissà quante volte l’abbiamo visto in azione.

Gli dobbiamo tutti qualcosa.

Il funerale si svolgerà giovedì 1 dicembre alle ore 16.00 presso la chiesa di Appiano / S. Michele.

lunedì 28 novembre 2011

Sul cucuzzolo della montagna…

… “con la neve alta così” cantava Rita Pavone ai tempi.


Qui, se non cambia qualcosa, la neve alta così ce la sogniamo e “nella valle noi NON scenderemo con ai piedi un paio di sci”.

Non piove né tantomeno nevica, l’inversione termica impedisce ai cannoni sparaneve di funzionare, sulle piste crescono le margherite.

Secondo una ricerca effettuata dall’Eurac, la temperatura media in Alto Adige è aumentata di un grado e mezzo negli ultimi trent'anni, due nell’ultimo secolo, molto di più rispetto alla media  europea. E le previsioni non sono per nulla tranquillizzanti: per il 2050 è previsto un ulteriore aumento della temperatura media di almeno 1,2 gradi centigradi, fino a 2.7°.

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Queste sopra sono le Odle (Col Raiser, Seceda, per capirsi) pochi giorni fa, con un aspetto ancora splendidamente autunnale. In basso a sinistra si intravede un mucchietto di neve sparata accanto ad un impianto. Carezza rinvia le gare di coppa del mondo di snowboard e di biathlon, con la perdita economica che possiamo immaginare.

Aperti i mercatini, anche gli impiantisti pensavano di aprire la stagione in Dolomiti: anche in questo caso, pive nel sacco:

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questa la webcam sul Sassolungo dell’altro ieri.

Se le Dolomiti piangono, l’Austria non ride:

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questa qui sopra la situazione a Seefeld (fonte Repubblica on line).

Se gli escursionisti godono di queste domeniche limpide e tiepide, l’economia della regione, basata per gran parte sul turismo dello sci, si sta seriamente preoccupando. E quindi a me viene da chiedere: con queste previsioni ha senso investire capitali enormi per ampliare piste, incrementare la portata degli impianti, collegare comprensori, costruire bacini artificiali per l’innevamento programmato quando si parla già oggi di penuria idrica, con lo 0 termico che insiste fisso sopra i 2.800 metri di quota e puntare ancora e ancora sullo sci?

Forse ha senso: tanto se gli impiantisti vanno in rosso pagherà come sempre Giovannino, inteso per mamma Provincia, che alla fine siamo sempre noi.

mercoledì 23 novembre 2011

Corri in edicola!

Faccio il verso alle pubblicità radiofoniche, per segnalare questa uscita:

Chi ha letto “Un mondo perduto” ci troverà le fotografie a colori che nel libro mancano e un po’ di storie di montagna; chi non l’ha letto, il racconto di alcune delle sue avventure in stralci di articoli da lui scritti per la rivista; chi ricorda “Epoca” dei bei tempi avrà qualche attacco di nostalgia, chi si è sempre domandato come diavolo facesse a pubblicare le foto di sé stesso se era in giro da solo, avrà la risposta e chi si chiedeva cosa diavolo ci fosse nel suo zaino, pure.

Ci sono le foto di Bonatti prima di essere Bonatti e una bella intervista a Rossana Podestà, trattata dalla burocrazia sanitaria con il disprezzo e l’indifferenza che non si usa più nemmeno per una cortigiana.

Bella persona, coraggiosa, pura e testarda, ultimo modello per i ragazzini che sognavano di fare, da grandi, gli esploratori: ormai non c’è più nulla da esplorare su questo pianeta.

E, se mi è concesso, gran bell’uomo.

mercoledì 16 novembre 2011

La pace della montagna

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Dolomiti: Marmolada e Pale di S.Martino

Sono 13 i nuovi impianti, fra seggiovie e cabinovie, del più grande comprensorio sciistico del mondo, il Dolomiti Superski. 

Molti di questi sostituiscono vecchie seggiovie preesistenti, moltiplicandone però la velocità e la portata e quindi la capacità oraria, più due new entry fresche fresche: una nuova e contestatissima cabinovia a Plan de Corones, la Ried, con partenza dalla stazione ferroviaria di Percha e con capacità di 3200 persone all’ora, che servirà la nuova omonima pista e un nuovo collegamento fra le zone sciistiche Jochtal e Gitschberg in val Isarco, con cabinovia a 8 posti ad agganciamento automatico.

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Val di Fassa, la ex incontaminata Val Jumela,

Questi i numeri del comprensorio: 3.000 km2, 450 impianti di risalita, 1.200 km di piste di cui 1.100 dotate di innevamento artificiale, 300 gatti delle nevi, 10.324.639 giornalieri skipass venduti nella stagione 2010-2011, per un totale di 147.769.305 passaggi, con un volume di affari aumentato dello 0,11% rispetto all’anno precedente, nonostante il lieve calo degli skipass venduti (evidentemente sono aumentati i prezzi) *

Numeri che fanno impressione.

(*fonte, sito ufficiale Dolomiti Superski. Che non linko per non far loro ulteriore pubblicità, abbiate pazienza, e quotidiano Alto Adige).

domenica 13 novembre 2011

Ma che bella giornata!

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FSC_9867GSC_0245Cielo azzurro, aria limpida e pulita, colori intensi, sole tiepido.

Domani magari pioverà, nevicherà, toccherà spalare e faticare, ma almeno speriamo di spalare neve e non più tonnellate di merda.

sabato 1 ottobre 2011

Mi arrendo!

Le strade per Quoz. In giro per l'America

William Least Heat Moon
Le strade per Quoz. In giro per l'America

Traduttore: M. Capuani

Editore:
Einaudi  (collana Frontiere Einaudi)

Anno 2011
pagine 555, brossura

€ 24

Sono arrivata faticosamente a due terzi e non riesco ad andare avanti: di questo passo, a due pagine al giorno, l’anno prossimo sono ancora lontana dalla fine. Mi abbiocco alla ventesima riga, mi annoio, quando lo riprendo in mano devo rileggere il già letto perché me lo sono scordato.

Ho amato molto "Strade blu", letto e riletto con altrettanto piacere a distanza di parecchi anni. "Prateria" meno scorrevole ma non brutto, già in "Nikawa", secondo me, Least Heat-Moon aveva perso lo smalto.

Qui l'ispirazione non c'è proprio più, sparita la leggerezza dalle sue pagine, si trascina faticosamente alla ricerca dell'incontro interessante o della storia curiosa da raccontare. E forse è questo il problema: viaggia per scriverne non per viaggiare e ciao spontaneità. E scrive per contratto, a mio avviso, non più per piacere.

I viaggi: tanti e brevi, pochi giorni invece che mesi e mesi, più giretti che viaggi, e forse anche per questo non entra nello spirito del vagabondaggio. Non trovo la storia, nel testo, non c'è continuità.

Anche la moglie con la quale va in giro (viaggiare mi sembra una parola grossa) e della quale è estremamente orgoglioso, bella, bionda e riccia e avvocato di successo, nonostante i suoi sporadici commenti pungenti, non lo aiuta ad uscire dal loro cerchio magico e a guardarsi attorno con partecipazione.

Least Heat-Moon ha scritto un solo libro, "Strade blu". I seguenti hanno cercato, con alterne fortune, di esserne all'altezza. Dev’essere triste e sfigato, si vede, solo e disoccupato per trovare il mood giusto: con una moglie adorabile, l’editore alle costole, i lettori che da lui si aspettano da anni, impazienti, meraviglie, non ingrana.

E questi suoi lettori lui cerca di lusingarli, di adularli, si rivolge loro in seconda persona, li chiama “tu, sagace lettore” oppure “paziente lettore”. Ecco io la pazienza l’ho persa! E ho di meglio sul comodino che sta prendendo la polvere. Caro William, senza rimpianti, addio.

mercoledì 14 settembre 2011

Sit tibi terra levis, Walter

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Walter Bonatti ed Erich Abram al campo base del K2 durante la spedizione al K2 del 1954 (fonte: Wikimedia Commons)

“La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non sempre accade nel quotidiano.

Se io dunque traspongo questi principi nel mondo degli uomini, mi troverò immediatamente considerato un fesso… E’ davvero difficile conciliare queste diversità. Da qui l’importanza di fortificare l’anima, di scegliere cosa si vuole essere. E, una volta scelta una direzione, di essere talmente forti da non soccombere alla tentazione di imboccare l’altra…”

Fonte: quarta di copertina del libro “montagne di una vita”, Baldini & Castoldi s.r.l., 1996

venerdì 26 agosto 2011

Imperdibile!

Mi scrive Federico da Castellavazzo: “Per la rubrica "Caccia al kitsch" ti invio questo yak di plastica oversize (in allegato) incontrato sulla strada che dal passo Sella conduce al rifugio Pertini.
Lo sconcerto è stato vedere che numerosi turisti si facevano fotografare accanto ad esso, dando mostra di gradire l'orrendo manufatto.

Chi sono io per privarvi di cotesta magnifica opera d’arte?

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Mi mancano, davvero, le parole.

Grazie, Federico, per la preziosa testimonianza :)

giovedì 28 luglio 2011

Speriamo che non vinca!

Ho una cuginetta candidata al titolo di “Miss Alto Adige 2011”. La fotografia del concorso non le fa giustizia ma assicuro che è molto carina! (No, non la linko, calma, non spingete Con la lingua fuori).

Non vincerà perché non si dà da fare per vincere, ma dovesse arrivare prima, dio non voglia, potrebbe essere, l’anno prossimo, fra i fortunati prescelti per un permesso di caccia speciale, magnanimamente concesso dal Kaiser altoatesino.

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Stambecco francese (Monviso)

Non contento di guadagnare più di Obama, come ogni sovrano Durni distribuisce ai suoi sudditi, a quelli che si sono distinti per qualche motivo o a quelli che sono amici suoi o gli sono simpatici e a qualche associazione (fra le quali coro parrocchiale di Vanga), permessi di caccia speciali. Qualcuno li usa, altri se li rivende a caro prezzo.

Non so dire se mi dia più fastidio il gesto in sé, da signorotto medievale, o il tipo di privilegio accordato. Lo so, un animale cacciato ha vissuto una vita molto migliore di un manzo allevato, bla bla bla razionalmente bla bla. Ma i cacciatori fatico, davvero, a capirli.

Peraltro me la vedo, la biondina, imbracciare un fucile e andare a caccia di stambecchi! Tanti auguri, ragazzina, di non vincere Miss Alto Adige 2011.

mercoledì 27 luglio 2011

Non abbandonare un amico

Video Ferrafilm, giovani e bravi

Filmato carino, ironico, diretto, e con un messaggio importante: non abbandonate il vostro animale!

(Eh si ci sono anche donne stronze, serve un elenchino?)

giovedì 21 luglio 2011

Vorremo mica essere da meno!

dei paesi più evoluti, come Dubai, Giappone, Olanda, Francia o Inghilterra! Tutti dotati di pista da sci indoor, aperta anche d’estate. Ebbene, italiani tutti, esultate! Entro il 2015 anche noi potremo sciare a ferragosto in un’arena con due piste lunghe BEN 600 metri (l’una o complessivamente?) e con un dislivello di BEN metri 120.

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Rendering dell’impianto (fonte: Repubblica on line)

Due pistoni, ammettiamo! Il giocattolino, progettato dalla Neveland che sarà, si legge in rete in italiano, “il più grande impianto per lo sci indoor al mondo” (in inglese invece “the largest indoor ski dome in Europe”), verrà a costare 50 milioni di euro e si pagherà, secondo i primi calcoli, con 180.000 – 200.000 ingressi l’anno a 25 euro ogni 2 ore e sorgerà a Selvino, in val Seriana (BG).

Sarà il primo al mondo ad essere completamente interrato per abbattere le spese di raffreddamento degli ambienti, e il pendio verrà quindi rimboschito per ridurne l’impatto ambientale.

Oltre alle piste da sci il complesso sarà dotato di pareti per l’arrampicata su ghiaccio, albergo, ristorante, zona wellness

Willy Nardelli della Neveland, che per il momento è l’unica a sganciare la grana, dice a Repubblica che la struttura “sarà in grado di ospitare gare di sci valide per la Coppa Europa o diventare sede di allenamento per sciatori professionisti, oggi costretti ad andare in una struttura simile nei Paesi Bassi.”

Secondo Neveland e secondo il sindaco di Selvino, la posizione strategica a sole due ore da Milano e a mezz’ora dall’aeroporto di Orio al Serio dovrebbe garantire l’interesse per un impianto che potrebbe diventare un’attrazione invernale per gli abitanti delle vicine città e un punto d’incontro estivo per tutti i montanari che già frequentano la Valle Seriana.

"Il nostro Comune ha la neve nel suo dna - ha spiegato il sindaco di Selvino, Carmelo Ghilardi - visto che vanta due medaglie olimpiche, una delle quali conquistata da Deborah Compagnoni.”

A me viene da chiedere: perché mai un milanese dovrebbe farsi d’inverno 2 ore di auto di andata e due di ritorno per sciare al chiuso per ben 2 ore a 25 euro, su due pistucole da 300 metri? A chi la si conta che le gare di coppa Europa si svolgono su piste che hanno da invidiare ai campi scuola di ogni stazione sciistica? E gli atleti andrebbero ad allenarsi d’estate su piste che sembrano le scale di casa? Dall’altra parte del mondo è inverno, se non vado errata, e a prezzi non inaccessibili. I nostri maestri di sci lo sanno bene, visto che vanno in Argentina a fare la stagione. All’aperto. Su piste degne di questo nome.

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Fonte: boh, diversi siti in rete

A me, istintivamente, una cosa del genere piace pochissimo. Mai contenta, eh? In fin dei conti l’impatto ambientale, almeno visivamente, che a livello energetico non lo so quantificare, è meno pesante che, che so, l’impianto di risalita della val Jumela.

Tutti quelli che van a Selvino, su e giù in seggiovia in un capannone, non li trovo per sentieri: l’impianto potrebbe essere un ottimo contenitore di tamarri che altrimenti sarebbero a piede libero. Al contrario, gli “amanti della montagna”, così definiti dal Nardelli, secondo me saranno ovunque ma non lì.



Una persona che ama sciare, può definire questa “una bella sciata”?

Duecentomila ingressi l’anno? Probabilmente ho perso il polso della società nella quale vivo, ma santi numi, perché mai duecentomila persone dovrebbero preferire l’esperienza virtuale a quella reale? Perché andare a Selvino invece che a Bardonecchia, a Madesimo, a mezz’ora di strada in più? A Foppolo, più o meno con stesso tempo? E bisogna proprio andare a sciare a ferragosto, non c’è altro da fare, in montagna? Invece che chiudersi in un capannone che assomiglia molto a un centro commerciale? AZZ! vedi un po’ che mi sono risposta da sola?

PS: qualcuno avvisi il sindaco di Selvino che Debora Compagnoni è nata a Bormio e vive, che io sappia, a Santa Caterina Valfurva. Che con Selvino non c’azzecca molto, diciamolo.

martedì 19 luglio 2011

Quattro passi in tre

Partiti dalla “Romània”, diretti in Francia, ognuno col suo bagaglio sulla groppa, chi indossando gli scarponi, chi con gli zoccoli, chi con le zampe: lei, l’asinello, il cane. Li ho incontrati domenica scorsa in val di Sole, vicino a una fontana: fatti bere gli animali, stava ripartendo verso ovest. E’ giovane, viaggia da sola, senza altri esseri umani intendo, parla male l’italiano, è carina e sorridente.

FSC_7332Non ho fatto a tempo a domandarle molto di più, era già in strada, e non ho avuto la presenza di spirito di chiederle se avesse magari bisogno di qualcosa, dove avrebbe dormito, se le servisse da mangiare, da riposarsi o da ricoverare gli animali per una notte tranquilla: non mi mancano conoscenze da quelle parti.

Spero che trovi gente un po’ più sveglia di me lungo il cammino anche se a dire il vero pareva se la stessero cavando benissimo.

Buona strada, terzetto, siete tre grandi!

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venerdì 8 luglio 2011

Esamino di geografia

Su una cartina muta, in quanti dei miei lettori troverebbero al primo colpo il Pik Pobeda? Gran pochi mi sa. E il Kirghizistan? E’ là, a spannometro, molto ad est, faceva parte dell’URSS e ora è una repubblica indipendente tuttora piena di casini.

Insomma, quando Tamara Lunger mi ha detto che il 7 luglio se ne sarebbe partita per una spedizione sul Pik Pobeda mi è toccato guardare su Wikipedia per collocarlo al posto giusto.

In sostanza, Tami, dopo un inverno di magagne e umor nero, è di nuovo sorridente e per monti, e vi faccio l’obbligo di incrociare ancora le dita per lei Occhiolino

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Tami al “suo” rifugio l’altro dì

lunedì 4 luglio 2011

mercoledì 15 giugno 2011

Antichi mestieri

Non vorrei che questo blog passasse inosservato. E’ la nostra memoria, la nostra cultura, quello che eravamo e quello che siamo diventati. Cipputi la fa un po’ lunga, tira tardi, ci lavoricchia… ma se gli stiamo alle costole ne verrà fuori un piccolo capolavoro.

Ah, dimenticavo, anche il suo blog principale non è che sia proprio da buttar via!

sabato 11 giugno 2011

Se vi avanza qualche euro

potreste comprarvi due cime al prezzo di una:

già proprietà della Repubblica austriaca, vendute nel 2001 per 300.000 euro alla Società immobiliare federale, ora sono di nuovo sul mercato.

Se vi avanza qualche spicciolo, 121.000 euro per l’esattezza, potreste “portarvi a casa” il Gran Kinigat, (2690 m.), e il Rosskopf,  (2600 m.), 1,2 milioni di metri quadrati nella Gaital, in Tirolo. Ma sbrigatevi, se siete interessati: l’offerta è valida fino all’8 luglio.

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Gran Kinigat. fonte: Inalto.org, foto Giovanni Mazzolani

venerdì 10 giugno 2011

Anche la SAT per l’acqua pubblica

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Tiers am Rosengarten: Wuhnleger

ACQUA COME BENE PUBBLICO

II Consiglio centrale della SAT, stimolato anche da alcuni interventi dell'Assemblea dei delegati, con la delibera del 20.05.2011 intende sollecitare l'attenzione dei propri soci e della collettività trentina sul tema dell'acqua come bene pubblico.

SAT facendo proprie te dichiarazioni delle massime istituzioni mondiali, in coerenza con la storia propria e sicura di interpretare anche quella della collettività trentina, di cui è stata nell'ultimo periodo non solo testimone ma anche protagonista,

fa propria l’affermazione che

l’acqua è un bene Comune, un diritto dell’umanità e non può essere assoggettata a meccanismi di mercato;

la proprietà della risorsa idrica deve rimanere pubblica dalla fonte alla distribuzione.

sensibilizza i Soci e le tutte le Sezioni

invitandoli a prendere coscienza della reale dimensione del problema dal punto di vista dei diritti fondamentali delle persone e da quelli sociali;

invita

gli organi di comunicazione a dare maggior risalto alla tematica propria per l’importanza vitale della questione.”

giovedì 9 giugno 2011

L’acqua dei ricchi

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Lorenzo Milani "Lettera dalla montagna" a Ettore Bernabei

Il Giornale del Mattino, 15 dicembre 1955, pag. 8

“Caro direttore,
col progetto di consorzio di cui ti parlai si darebbe l’acqua a nove famiglie. Quasi metà del mio popolo. Il finanziamento è facile perché siamo protetti dalla legge per la montagna. La benemerita 991 la quale ci offre addirittura o di regalo il 75 per cento della spesa oppure, se preferiamo, in mutuo l’intera somma. Mutuo da pagarsi in 30 anni al 4 per cento comprensivo di ammortamento e interessi. Nel caso specifico, l’acquedotto costerà circa 2 milioni. Se vogliamo sborsarli noi, il governo fra due anni ci rende un milione e mezzo.
L’altro mezzo milione ce lo divideremo per 9 che siamo e così l’acqua ci sarà costata 55.000 lire per casa. Oppure anche nulla; basta prendere pala e piccone e scavarci da noi il fossetto per la conduttura e ecco risparmiate anche le 55.000 lire. Se invece non avessimo modo di anticipare il capitale allora si può preferire il mutuo. Il 4 per cento di due milioni è 80.000 lire all’anno. Divise per nove dà 8.800 lire per uno. Se pensi che 8.000 lire per l’acqua forse le spendi anche te in città e se pensi che a te l’acqua non rende, mentre a un contadino e in montagna vuol dire raddoppiare la rendita e dimezzare la fatica, capirai che anche questo secondo sistema è straordinariamente vantaggioso.

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Insomma bisogna concludere che la 991 è una legge sociale e meravigliosa.
Mi piacerebbe darti un’idea chiara di quel che significa l’acqua quassù, ma per oggi mi contenterò di dirti solo questo: s’è fatto il conto che per ogni famiglia del popolo il rifornimento d’acqua richieda in media 4 ore di lavoro di un uomo valido ogni giorno. Se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio quella di lavorare solo 8 ore al giorno, si potrebbe dunque dire che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua. Dico acqua, non vino! Tu invece per l’acqua lavori dai tre ai quattro minuti al giorno.

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A rileggere l’articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale» mi vengono i bordoni. Ma oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma d’un’altra cosa. Dicevamo dunque che c’è questa 991 che pare adempia la promessa del 2° paragrafo dell’art. 3 della Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini». A te, cittadino di città, la Repubblica non regala un milione e mezzo, né ti presta i soldi al 4 per cento compreso l’ammortamento.

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A noi sì. Basta far domanda e aver qualche conoscenza. Infatti eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui, la quale è ricca anche in settembre e sgorga e si perde in un prato poco sopra alla prima casa che vorremmo servire. Due settimane dopo, un piccolo incidente. Quel proprietario ha un carattere volubile. Una mattina s’è svegliato d’umore diverso e m’ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo scoscendi più neanche colle mine. Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso d’ottenere l’esproprio di quella sorgente, ma risposto di no. Sicché la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante in sé, ha l’atomico potere di buttare all’aria le nostre speranza d’acqua, il nostro consorzio, la famosa 991, il famoso articolo 3, le fatiche dei 556 costituenti, la sovranità dei loro 28 milioni di elettori, tanti morti della Resistenza (siamo sul monte Giovi! Ho nel popolo le famiglie di 14 fucilati per rappresaglia).

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Ma qui la sproporzione tra causa ed effetto è troppa! Un grande edificio che crolla perché un ragazzo gli ha tirato coll’archetto! C’è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell’edificio di ogni intrinseco significato. Il nome di quel baco tu lo conosci. Si chiama: idolatria del diritto di proprietà.

[…]

DSC_3691_2Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una 991 molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti. Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantar la bandiera della Repubblica su quella sorgente. Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male.
[…]

nonna Piera zia Isa

Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri.”

fonte:

Milani Lorenzo, “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca” editore Chiarelettere (collana Instant book), 2011, 89 p., brossura

Se volete leggerla tutta è pubblicata anche sul quotidiano L’avvenire on line di oggi.

Acqua, ancora acqua

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quest’ultima è foto di Vera

Si si la pianto, quando abbiamo raggiunto il quorum