giovedì 29 gennaio 2009

1500 vittime in 20 anni. Su per giù.

Luc

Laugenspitze - Monte Luco: il famoso canalone valanghivo

Il Corpo forestale dello Stato in un comunicato stampa dà i numeri:

- 117 gli interventi in montagna nel 2008 riconducibili alla neve, fra soccorso in valanga, sulle piste, in parete.

- 100 e oltre (che vuol dire oltre 100? 199 o 101? mah!) le persone recuperate in valanga, 37 delle quali lievemente ferite e 7 ferite gravemente, 10 morte. (E gli altri? che potrebbero essere più di 100? Andati a casa tranquilli e beati, parrebbe)

- 1500 circa i travolti da valanga negli ultimi 20 anni, su per giù 80 all'anno, con una media di 20 morti all'anno. Circa.

- il 95% delle valanghe che hanno travolto qualcuno sono state causate dal passaggio di persone e solo il 5% da distacchi spontanei

- Il maggior numero di incidenti si verifica nei fine settimana nelle ore centrali della giornata fra i 1800 e i 2600 metri. Le pendenze dove si sono avuti più incidenti sono fra i 28 e i 35 gradi. E questo mi pare ovvio: nei fine settimana e nelle ore centrali della giornata c'è in giro più gente, sotto i 28° è difficile che si stacchino valanghe, sopra i 35° non è pieno di sciatori.

Questa poi me la devono spiegare:

"- Solo nelle Regioni a Statuto ordinario si contano 125 valanghe ogni anno.  A livello nazionale si sale ad una media di 190 ogni anno"

Embè? Che diavolo vuol dimostrare questa suddivisione? E poi: 190 valanghe in totale? Quindi il corpo forestale interverrebbe a prestare soccorso in più della metà delle valanghe che avvengono su tutti i monti d'Italia in un inverno (117 interventi nel 2008). Figuriamoci. Oppure contano anche le valanghe nelle quali è intervenuto qualche altro organismo diverso dal corpo forestale. Questo dato è poco chiaro.

"- Il Corpo forestale dello Stato ricorda come lo sci fuori pista sia una delle cause principali di incidenti sulla neve." Mica vero. Di incidenti da valanga, casomai. Incidenti tout court ce ne sono un bel po' di più in pista.

Insomma, secondo me questo comunicato non dice un cavolo. Un po' di tempo fa avevo trovato i dati AINEVA, aggiornati all'inverno 2002-2003, molto più precisi e interessanti.

martedì 27 gennaio 2009

Variazioni Dorf und Berg

DSC_3561_2flaas 

Flaas, Jenesien. Sullo sfondo: Latemar, Zanggen, Weisshorn(*)

DSC_3566_2

flaas2

Flaas, Jenesien 
ottobre 2008, gennaio 2009

(*) Valas, San Genesio, Latemar, Pala di Santa, Corno Bianco

domenica 25 gennaio 2009

Meteosal

clouds

Avete messo fuori le cipolle questa notte? No? E come diavolo fate a prevedere quando prender ferie quest'estate, eh?

Come che cipolle! Zitadini!

In gennaio si sono sempre fatte la predizioni sull'andamento delle stagioni del nuovo anno. Per esempio: i primi 12 giorni dell'anno servivano per prevedere il tempo della prima metà di ogni mese, i seguenti 12 giorni prevedono il tempo della seconda metà. Se il 3 gennaio, per esempio, è bel tempo, la prima quindicina di marzo splenderà il sole.

Quella del 25 gennaio, poi, era, e per alcune persone ancora è, una notte importantissima per le previsioni: la notte del sale di San Paolo. La magheria funziona così: si scelgono alcune belle cipolle, grosse e sane, e si tagliano a metà per il lungo; da ogni metà si ricavano alcune barchette, o scodelline; se ne scelgono 12 e in ognuna si mette una presa di sale.

Le 12 scodelline vanno poi disposte in fila ordinata fuori da una finestra sul davanzale e ognuna, a seconda della sua posizione nella fila, rappresenta un mese. La mattina seguente sul far del giorno si controllano le reazioni del sale: se è asciutto il relativo mese sarà bello e secco; sale umido prevede un mese umidiccio con il tempo così così, se il sale è sciolto preparate l'ombrello perché pioverà.

Il 26, 27, 28 e 29 del mese prevedono, "calendano", le singole stagioni, poi il 30 e il 31 sono i giorni della merla, quindi freddi e sgradevoli. E siamo quasi a febbraio: le giornate si allungano, il sole è spesso più tiepido, e comunque "alla candelora dell'inverno semo fora".

E se le previsioni si contraddicono? Se il 27 gennaio fosse bel tempo e le cipolle n. 4, 5 e 6 dicessero acqua? Non è possibile, che diamine, non si possono contraddire! Perché queste previsioni funzionano, come i calli della nonna, la vecchia ferita di guerra dello zio, gli uccelli e le marmotte. Funzionano almeno quanto le previsioni degli "esperti" che, vaticinavano l'anno scorso: "quest'estate sarà torrida come quella del 2003".

venerdì 23 gennaio 2009

Continuare la festa e gabbare lo santo

Mi pare che ogni interpretazione a favore dei finanziamenti pubblici di qualsivoglia provenienza agli impianti a fune a partire dal 2007 siano come minimo in malafede. O no?

funivia_coronelle

Rosengarten/Catinaccio - arrivo funivia Coronelle

"IP/02/326

Bruxelles, 27 febbraio 2002

La Commissione approva aiuti di Stato a favore di impianti a fune in Italia e in Austria e chiarisce l'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al settore

La Commissione europea ha adottato oggi due decisioni sugli aiuti di Stato concessi ad impianti a fune in Italia ed in Austria. Le due decisioni, che dichiarano gli aiuti compatibili con il mercato comune, chiariscono anche l'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al settore. La Commissione distingue tra gli impianti che soddisfano esigenze generali di trasporto e quelle destinati alla pratica sportiva. Si ricorda inoltre che per aiuti di Stato ai sensi del trattato CE si intendono soltanto le misure di sostegno pubblico che pregiudicano gli scambi tra gli Stati membri: per questo motivo la Commissione ritiene che il sostegno statale ad impianti destinati ad un utilizzo puramente locale non costituisca aiuto di Stato. D'altro canto, l'intensità degli aiuti agli impianti delle località turistiche in concorrenza con quelli di altri Stati membri deve essere gradualmente ridotta per raggiungere l'intensità accettata nell'ambito della legislazione e degli orientamenti esistenti in materia entro un periodo transitorio di cinque anni.

Nel valutare il sostegno statale ad impianti a fune, è necessario innanzi tutto valutare la distorsione della concorrenza reale o potenziale che potrebbe pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri. La Commissione ha ritenuto che il finanziamento di un impianto a sostegno di un'attività in grado di attirare utenti non locali vada generalmente considerato come una misura che ha delle conseguenze per gli scambi tra Stati membri. Questo potrebbe tuttavia non essere vero per gli impianti sportivi situati in zone poco attrezzate e con capacità turistica limitata. Per quanto riguarda gli impianti destinati principalmente a soddisfare le esigenze generali di mobilità della popolazione, vi potrebbero essere conseguenze per gli scambi tra Stati membri se vi fosse concorrenza transfrontaliera nella fornitura del servizio di trasporto.

 

funivia_rosetta

Pale di San Martino - Arrivo funivia Rosetta

La Commissione ha dunque accertato che, su 82 impianti destinati a ricevere finanziamenti statali nel quadro della prima applicazione del regime italiano di aiuti, si era in presenza di aiuti di Stato solo in 40 casi. In tali casi si è distinto tra gli impianti con scopi generali di trasporto, che sono stati valutati ed esentati a norma dell'articolo 73 del trattato CE, e gli impianti sportivi, che sono stati esentati a norma dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c).

Analogamente, nel caso del progetto di Mutterer Alm in Tirolo (Austria), la Commissione ha ritenuto che gli aiuti pubblici all'investimento in ski-lift e cannoni sparaneve, destinati a rivitalizzare la località sciistica, fossero aiuti compatibili a norma dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c).

La Commissione ritiene che la prestazione di servizi per gli sport invernali sia sempre più esposta alla concorrenza transfrontaliera. La crescente concorrenza sta cambiando la natura dei problemi, aumentando gli effetti distorsivi degli aiuti nel settore degli impianti di risalita. Per questi motivi si ritiene che in futuro la politica della Commissione in questo settore dovrà essere più chiaramente definita, interpretata rigorosamente ed applicata in maniera uniforme.

La Commissione constata che in passato le imprese del settore hanno ampiamente beneficiato di varie forme di sostegno economico da parte delle autorità nazionali, regionali e locali. Una parte di queste misure è stata considerata aiuto compatibile a norma dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c). Un cambiamento della politica che ponga limiti più rigorosi alla compatibilità non può dunque essere troppo brusco ed è necessaria un'applicazione graduale delle regole normali.

Di conseguenza, la Commissione ha fissato un periodo di transizione di cinque anni dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2006 durante il quale verrà accettata una maggiore intensità degli aiuti di Stato al settore degli impianti di risalita. Durante il periodo di transizione, la Commissione valuterà i progetti di aiuto nel settore in questione facendo riferimento al normale insieme di regole, chiarito, tra l'altro, dal regolamento della Commissione sugli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese e dagli orientamenti sugli aiuti nazionali a finalità regionale. Accetterà tuttavia un superamento temporaneo ma decrescente dei livelli di aiuti altrimenti giustificati a norma della legislazione e degli orientamenti esistenti, come quantificato di seguito:

  • 25 punti percentuali aggiuntivi per aiuti concessi nel 2002;
  • 20 punti percentuali aggiuntivi per aiuti concessi nel 2003;
  • 15 punti percentuali aggiuntivi per aiuti concessi nel 2004;
  • 10 punti percentuali aggiuntivi per aiuti concessi nel 2005;
  • 5 punti percentuali aggiuntivi per aiuti concessi nel 2006.

In base alle informazioni di cui dispone la Commissione, questo metodo sembra tener conto della necessità, da un lato, di permettere ai beneficiari di adattarsi al nuovo sistema e, dall'altro, di adeguare in tempi ragionevoli il trattamento applicato alle funivie a quello utilizzato in altri settori.

A partire dal 2007, gli aiuti che non possono beneficiare di nessuna delle deroghe previste dal trattato e dai vari regolamenti e discipline d'esenzione in vigore verranno dichiarati incompatibili. Continueranno tuttavia ad applicarsi le considerazioni di cui sopra sull'assenza di elementi di aiuto per quanto riguarda gli impianti locali."

fonte: Commissione europea, Press releases

giovedì 22 gennaio 2009

Tarallucci e vino

IMG_1931_2

Ultental/Val d'Ultimo

L'anno scorso segnalavo la storia dell'Ultental/val d'Ultimo, di un referendum contro una cabinovia disatteso, di pressioni dei poteri forti sui dissidenti.

"La val d'Ultimo da ieri ha voltato pagina. Dimenticando vecchi rancori e incomprensioni che l'avevano politicamente spaccata, si è stretta unanime attorno alla nuova cabinovia di Schwemmalm. La infrastruttura è molto di più di un semplice impianto di risalita, come ce ne sono a bizzeffe nei comprensori sciistici dell'Alto Adige e non solo; per la valle, la nuova cabinovia che unisce la località di Pracupola a bordo lago a malga Schwemmalm è la concretizzazione di una scommessa turistica a tutto campo(*)"

Immagino quindi il seguito: valorizzazione, alberghi, residence, parcheggi, seconde case e l'armamentario del turismo sciistico che si trova, uguale, ovunque. In Ultental, la magnifica Ultental.

"Pracupola verso il decollo come centro di sport invernali(*)" titola infatti il quotidiano di oggi.

"In valle è tornata l'unità sull'impianto(*)" sostiene il sindaco. Ovviamente per metà finanziato dalla Provincia. Ma non dovrebbe essere vietato dall'Europa finanziare impianti di risalita?

Bella cosa l'unanimità. Champagne, tarallucci, vino.

(*) Quotidiano Alto Adige di oggi

,

martedì 20 gennaio 2009

Neve e parchi senza pattìne

MeteoBz le sta cannando una dietro l'altra. Sabato davano tempo discreto per domenica, infatti quando mi sono alzata per andare a fare quattro passi per monti, stava nevicando tutto attorno alla città.

Le previsioni di ieri dicevano, invece:

"Il tempo domani:
Su tutta la provincia si prevede tempo perturbato con diffuse precipitazioni, localmente anche abbondanti. Limite delle nevicate a circa 1000 m. Al mattino temperature comprese fra -3° e +2°. Nel pomeriggio valori massimi da 0° a 5°."

Bolzano sta a metri 262 s.l.m. E nevica da ieri sera, porca paletta! Gli regalo un altimetro. Uff!

DSC_5220_rid

Bolzano, m.262 s.l.m., pomeriggio di oggi.

E siccome a equipaje piacciono i dilemmi, ecco che torna d'attualità l'argomento ungulati: un inverno così nevoso li mette in seria difficoltà. Ci sono metri di neve sopra i resti dei pascoli, scavare con le zampe fino all'erba è impossibile, spostarsi per cercare cibo, con la neve un bel po' sopra il petto, è difficilissimo e richiede un grande dispendio di energia, che bisognerebbe reintegrare, appunto, col cibo. Bel circolo vizioso eh?

E dunque, nutrirli con lanci di fieno o lasciar fare alla natura? Come funzionava quando non c'erano parchi, forestali, elicotteri? Perché nevicava anche "sti ani", non è una novità moderna. E nevicava tanto, per diversi inverni di fila, strano era un inverno con poca neve.

Funziona, racconta Luca Pedrotti, biologo del Parco Nazionale dello Stelvio, che in inverni nevosi ci siano perdite fino al 30-35% di capi. Ed è un fattore di regolazione delle popolazioni del tutto naturale. Dopo diversi inverni facili per i selvatici, questo è finalmente un inverno normale. E l'indice di fluttuazione di una popolazione non deve essere calcolato su qualche stagione, ma su tempi lunghi, e sul medio periodo questa si chiama selezione naturale. La buona, vecchia, selezione naturale.

Che, ragionando sui grandi numeri e in aree vaste dove l'antropizzazione non ha ancora stravolto il territorio, mi trova d'accordo. Ma pensare al singolo capriolo affamato che ti guarda implorante con una funivia, un residence, un villaggio turistico fra lui e il fondovalle dove la sopravvivenza sarebbe stata molto più semplice, stringe il cuore.

Pedrotti, pragmatico, smonta in parte questa teoria. «Non c’è dubbio che cento anni fa, in condizioni naturali, cervi e caprioli svernassero in fondovalle e che oggi queste migrazioni stagionali siano in parte ostacolate da barriere di origine antropica. Questo non significa però che i fondovalle siano diventati inaccessibili, perché non è così. In molti casi svolgono ancora questo ruolo, e non è un caso se in inverno è più facile vedere questi animali vicino a case e masi». «[il discorso] starebbe in piedi in casi molto particolari, ma non ne conosco. Certamente non allo Stelvio, e questo vale tanto per la parte trentina che per quella altoatesina. È vero comunque che quarant’anni fa gli inverni avevano mediamente indici di mortalità più bassi, ma questo semplicemente perché le densità medie di cervi e caprioli erano molto minori»(*).

Non ci vuole molto a capire che il dr.Pedrotti è contrario al foraggiamento artificiale, che non si limita, secondo lui, ad interferire in meccanismi naturali ma crea un'ulteriore serie di guasti ambientali: la concentrazione di tanti animali attorno alle mangiatoie provoca danni alla vegetazione e facilita la trasmissione di malattie. Se i cacciatori si stracciano le vesti e fingono un attacco di compassione chiedendo a gran voce che il parco foraggi, è solamente per non perdere quote di prelievo nella prossima stagione venatoria. E se loro ritengono giusto farlo, è legittimo, facciano pure, ma non nel territorio del parco. "[...] come fanno ad esempio tradizionalmente in Germania e anche in Austria, inducendo una dipendenza dall’alimentazione artificiale che snatura fortemente anche il carattere di selvaticità degli animali. A dirla tutta ci sono casi in cui si dovrebbe più correttamente parlare di misure a tutela del patrimonio zootecnico, visto che di selvatico - per esempio certi cervi bavaresi - hanno proprio poco. A mio modo di vedere preferisco quindi mille volte che sia l’inverno a fare selezione, piuttosto che i cacciatori. Perché quella dell’inverno è una selezione certamente naturale e certamente efficace e mirata, e quindi benefica.(*)"

Come andrà a finire, quante saranno le perdite, è difficile dirlo ad ora. Le nevicate precoci han sorpreso gli animali ancora in forma, dovesse la neve sciogliersi presto probabilmente ci sarà scarso o nessun incremento della mortalità. Se nevicasse ancora e l'inverno fosse lungo «Allora andrà verosimilmnete a finire come nel 2000-2001. Andremo a raccogliere le carcasse col camion(*)»

Bisogna ricordarsi, però, che caprioli e cervi non sono in via d'estinzione, anzi, in forte espansione.

Un po' di carne al fuoco eh? I cattivi che fanno i buoni, i buoni che condannano a morte i dolci cerbiatti, il parco che una volta tanto fa un ragionamento che, per quanto doloroso, è sensato e lontano dalla retorica buonista e lo riesco a capire; ma il singolo cervo in difficoltà mi commuove.

Regulus regulus (foto MPF; fonte wikimedia commons, licenza GNU)

E i miei pennuti? La mia mangiatoia in questo contesto come la posiziono? Mi accontento di giustificarmi dicendo che l'ambiente cittadino bla bla i piccoli numeri bla bla, così sono a posto con l'etologia e l'ecologia e la coscienza? O viceversa evito di uscire sotto la neve, domattina, lasciando fare a madre natura, così sono a posto con l'etologia e l'ecologia e la coscienza (e non mi becco il raffreddore)?

Non c'è niente di semplice a questo mondo, l'ecologia è un gran casino mentre tutti si sentono in diritto di pontificare, poche posizioni sono inattaccabili. E non tutte quelle che ci si avvicinano sono anche umane.

Be', sappiatelo, mi tengo le mie contraddizioni: Pedrotti ha ragione e io torto, ma me ne impipo. Domani aggiungo le noccioline, che con questo tempaccio, povere bestiole!

PS: è arrivato anche il regolo :)

(*) da un'intervista di Mauro Fattor a Luca Pedrotti, pubblicata sul Quotidiano Alto Adige dell'8 gennaio u.s.

Un po' dopo aver pubblicato il post, io che sono sempre sulla notizia e non mi faccio scappare niente :P, tramite Marzia scopro sul blog di Legno e fieno (che dovrei leggere più spesso, sisi), che si stanno già scannando fra ambientalisti e parco del Gran Paradiso per lo stesso motivo. E la blogosfera ambientale (che ambientalista può essere malinterpretato :P) si divide.

Lo specifico per correttezza: ho scoperto l'acqua calda ma almeno non ho copiato :)


lunedì 19 gennaio 2009

Parchi o parchi a tema?

Disneyland. (foto Eqdoktor, fonte wikimedia commons, GNU Free Documentation License)

Su Deserti americani, Banham ragiona sui vari interessi che ruotano attorno al deserto, sulla sua eventuale protezione e sul modo in cui la protezione viene gestita dall'Agenzia di Gestione del Territorio. E' un ragionamento interessante, vale la pena leggerlo.

"Tuttavia la situazione attuale non consente la politica del laissez-faire. Intorno ai confini del Mojave si stanno affermando posizioni con­trastanti; tutti i gruppi di interesse (anche il Desert Duck con i suoi pazzi motociclisti) hanno il diritto di essere ascoltati, l'Agenzia deve risolvere la sciarada di tenere conto delle richieste del pubblico e via dicendo. Sono tutti bloccati in un processo decisionale destinato a sfo­ciare in una soluzione che non solo non piacerà a nessuno, ma che nel lungo periodo finirà per essere considerata una decisione impopolare.

Ciò che rende il dilemma dell'Agenzia doppiamente tragico, è che nessuna delle parti in causa vuole che nel deserto vi siano delle regole di qualunque tipo. Dennis Casebier, un amante del fuori stra­da che conosce e ama il Mojave, da storico militare e studioso eclet­tico qual è ha risolto questo vitale dilemma quasi per caso, affer­mando che era appena giunto con molta riluttanza alla conclusione che il Mojave doveva rimanere chiuso e protetto, finché c'era anco­ra qualcosa da proteggere.

La sua riluttanza era motivata dal semplice fatto che un deserto protetto non è un deserto. Secondo Casebier, e secondo quasi tutti quelli di mia conoscenza che affermano di amarlo, il Mojave più ve­ro e prezioso è quello in cui si è liberi di andare dove si vuole, di fa­re ciò che si vuole, assumendosi la responsabilità delle conseguenze. Il deserto è considerato l'ultima e necessaria riserva delle antiche virtù dell'autodeterminazione e dell'antico privilegio della scoperta di sé - mentre Van Dyke vi ha visto l'ultima riserva di quell'antico e in­dispensabile bene primario che è l'aria pura. Tale posizione potrà an­che essere assurdamente nostalgica, un ideale impossibile da realizzare ma è possentemente inestirpabile, una componente fondamentale di ciò che significa essere fanatico del deserto.

Casebier esprime con chiarezza il timore che il Mojave, una vol­ta messo sotto controllo, diventi un monumento nazionale come la Death Valley. Un timore che al profano potrebbe apparire oltremo­do perverso, poiché il National Park Service è un'emanazione del go­verno federale universalmente apprezzata. I suoi principali possedi­menti, il parco di Yellowstone e le cascate del Niagara, sono consi­derati dei modelli di buona gestione, pur essendo due patrimoni naturali assai frequentati; ma sono proprio le parole «buona gestio­ne» che non garbano a molti amanti del deserto perché sanno come «gestisce» l'amministrazione del parco: con opuscoli e mappe, par­cheggi organizzati e percorsi asfaltati e, ancora peggio, con cartelli che indicano i punti panoramici e prolisse didascalie esplicative quan­do si arriva sul posto. Nella Death Valley ogni panorama importan­te - Zabriskie Point, Dante's View (dove ci sono pure le toilette di plastica), Badwater e altri - oggi viene «gestito» prescrivendo il punto di osservazione. La cosa non sempre mi disturba, tuttavia mi rendo conto che mi dicono dove andare, da che parte guardare; e le didascalie mi spiegano che cosa devo considerare importante nel paesaggio. Può darsi che tale impostazione abbia salvato la Death Valley dalla distruzione e molti visitatori dall'accidentale autodi­struzione, ma è veramente puerile e, come sostengono i detrattori del National Park Service, farà fare alla Death Valley un ulteriore passo verso Disneyland. Forse non sarà un passo molto lungo ma, come dicono i puristi, sulla via della perdizione il primo passo è quello che conta."

Reyner Banham: Deserti americani 
Editore: Einaudi  (collana Saggi)
ISBN: 88-06-18502-0

sabato 17 gennaio 2009

Deserti americani

Reyner Banham: Deserti americani
Traduttore: Fagetti R.

2006, XVI-211 p., ill., brossura
€ 19,00

Editore: Einaudi  (collana Saggi)

ISBN: 88-06-18502-0

Gran bel libro, questo. Difficile da catalogare, troppo denso di argomenti e di spunti per incasellarlo fra i libri di viaggio, o di critica d'arte, di riflessione o di antropologia.

Gli architetti secondo me sono tutti un po' svitati: potrebbe essere da meno Banham, che dell'architettura fu storico e critico? Inglese, di formazione europea, critico d'arte, saggista, scopre per caso i deserti del sud ovest americano e se ne innamora. E al contrario di come avrei fatto io o, come recita la quarta di copertina, ogni "ecologista manicheo o di maniera", se ne va in giro attratto dalle tracce lasciate dal passaggio degli uomini che l'hanno preceduto e che questi deserti tuttora attraversano. Percorre chilometri e chilometri avanti indietro in queste solitarie e abitatissime terre sperdute fra cespugli di artemisia e laghi prosciugati attraversate da reticoli inimmaginabili di strade e autostrade, sbigottito dall'immensità di orizzonti impossibili nella piccola Europa e affascinato dalle luci e dai colori, e cosa va a cercare?  Le tracce della civiltà.

Mojave Desert (foto Jeff T. Alu; fonte wikimedia commons, GNU Free Documentation License)

Percorre interstatali, Highway e piste, costeggia ferrovie e ne descrive e commenta le stazioni, fa rifornimento nelle stazioni di servizio, si insabbia, quasi si scontra, nel deserto!, con un autotreno. Visita quel refuso tipografico, come lo chiama lui, di Zzyzx con le rovine della stazione climatica fondata dall'evangelista radiofonico Curtis Howe Springer, alle quali non si può negare un notevole fascino; le utopie di quei geniali pazzoidi come Paolo Soleri e Frank Lloyd Wright; la missione di San Xavier del Bac; si ferma umile e sgomento a Mesa Verde e a Taos, davanti ai resti di una civiltà che non capisce e ne ricava uno spaesamento culturale.

Inatteso il suo angolo visuale: tracce umane e natura si assimilano le une con l'altra senza darsi fastidio, si abbracciano e si compenetrano: culturalmente non attrezzato a questi paesaggi scopre che un pozzo petrolifero con le sue macchine in azione o un'autostrada, la stessa Las Vegas, in quel posto, con quella luce, immersi in quei colori, sono in armonia. Niente a che vedere con le immagini ormai diventate retorica della Monument Valley, che lui assimila nella mente ad un parco a tema.

Last but not least, Banham scrive piuttosto bene, leggerlo è un piacere. Fa anche venir voglia di partire, si si, in questo campo direi che è pericoloso!

In sostanza, io cerco il deserto in mezzo alla civiltà, lui cercava la civiltà nel deserto, affascinato dall'uno e dall'altra. Ma non lo sento poi così lontano.

Un po' più convenzionale e distante da me il suo approccio alle montagne, che vede da sotto e da lontano, resta incantato dal panorama ma, secondo me, pur dedicando loro un intero capitolo, non com-prende mai del tutto.

mercoledì 14 gennaio 2009

D300

enrosadira in catinaccio

Enrosadira a passo Principe in Catinaccio. D300, una delle prime

E' la stessa sensazione che passare in piazza Walter e non vederci più il duomo.

Mi hanno regalato la prima macchina fotografica, una Kodak instamatic, quando avevo 10 anni, andavo per la prima volta al campeggio da sola e me la tiravo tantissimo: girano ancora per casa un paio di stampe su carta camoscio, mi pareva tanto elegante e raffinata, di una catasta di legna sullo sfondo di un bosco, di una tenda sottoesposta, di un indistinguibile, artistico, ectoplasma. Danilo era già dietro quel banco, me lo ricordo, come era lì quando ho comprato la mia prima reflex, la Nikkormat, le centinaia di rullini di dias, la prima digitale, e anche l'ultima digitale pochi mesi fa. Che gli acquisti importanti si fanno guardandosi in faccia, non dietro un monitor. "Ti darà soddisfazione, questa, vedrai."

E tutte le volte si parlava di fotografia e di monti. Di obiettivi e di monti. Di digitale/analogico e di monti.

Credo che mezza Bolzano sia passata per il suo negozio, tutti quelli che hanno fotografato montagne ci han messo piede almeno una volta.

Era lì prima di Natale quando ho preso una batteria di riserva. E adesso dietro quel banco Danilo non c'è più. E Bolzano è un pochino più povera.

domenica 11 gennaio 2009

Red

DSC_6019_2

red1

Troppo indifferente ai crocchini e troppo lucido per essere randagio, finge di essere rispettoso ma mi arriva quasi in cucina dal passaggio aereo delle gatte.

Ci ha messo pochissimo a capire che e' un perfetto punto di osservazione della mangiatoia, e gli uccellini ci han messo pochissimo a capire che da lì è inoffensivo.

Nei fine settimana si vede poco, probabilmente sta acciambellato in grembo al suo convivente. Se lo dovessi trovare acciambellato sul mio letto, sarà un lunedì.

Muppet show

muppett_show

I vecchietti terribili del Muppet show (fonte Youtube)

Questo blog non era nato per diventare il lamentatoio sul degrado della montagna. Mi pare di esser diventata, io da sola, come i due vecchietti tremendi del Muppet show, qualcuno se li ricorda? Sempre a lamentarsi per qualcosa, acidi e sarcastici. 

Ma non c'è giorno che non legga di qualche altra nefandezza, fatta o progettata e non c'è verso, è un argomento che non manca mai di nuovi contenuti.

Volevo parlare, oggi, del problema dell'alimentazione artificiale degli ungulati, in questo periodo di neve altissima, ma non c'è giorno che non ci sia notizia di un nuovo assalto alla montagna: 100 appartamenti, 54 casette per 248 stanze, centro wellness, centro congressi, shopping centre e quant'altro per circa novantamila metri cubi. Dove? Appena al di là del passo Fedaia, a Malga Ciapela, ai piedi della Marmolada. Per confondere le cose, la famiglia Vascellari lo chiama "Grand Hotel Marmolada", ma dell'hotel ha poco: 54 case e 100 appartamenti sono un villaggio non un hotel. Uno scempio ambientale, l'ennesimo assalto alla Marmolada e alle Dolomiti che contano già la massima concentrazione mondiale di impianti di risalita e di posti letto.

"La vita sulle Alpi si difende costruendo un equilibrio fra le comunità. Qui invece arriva una massa di cemento, imposta da interessi imprenditoriali, che rompe ogni equilibrio. L'identità e la storia di Rocca Pietore vengono cancellate. Gli artigiani e i piccoli imprenditori di questa conca avranno purtroppo un solo futuro: andare a fare i camerieri al Grand Hotel (*)" dice a Repubblica Fausto De Stefani, presidente di Mountain Wilderness.

marmolada4

Marmolada

Il progetto non è fortemente avversato solo dagli ambientalisti, anche il presidente di Federalberghi di Belluno è contrarissimo: "Il Grand Hotel di Malga Ciapela è una follia. Nel bellunese i letti degli alberghi sono occupati solo per il 40%. Il problema è fare conoscere le nostre Dolomiti, altro che costruire nuovi hotel portando tonnellate di cemento sulla Marmolada(*)".

Tonnellate di cemento avulse dal territorio, dove nulla avrà a che vedere con la cultura delle Dolomiti; un villaggio che proporrà atmosfere, menu, divertimenti e personale intercambiabile con un qualsiasi altro "non luogo" del turismo asettico, come li chiama Franco de Battaglia nel suo accorato articolo sul quotidiano Alto Adige di oggi. Un Sharm el Sheick in Marmolada, difficile da riempire e quindi sempre in saldo, con la clientela sempre meno scelta e sempre meno attenta.

"Tutti poi, nelle Dolomiti, sanno che il segreto delle frequenze turistiche non sta tutto negli alberghi sempre più barocchi ma nell'"effetto paese". Nella cordialità di vita, di storia, di ambiente che circonda gli alberghi, le strade, le case.(**)"

Peraltro chi frequenterà il Grand Hotel non solo non godrà dell'effetto paese ma contribuirà a distruggerlo: "Il grande complesso alberghiero - dice Luigi Casanova, vice presidente di Cipra, la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi - è invadente, cancella l'identità della popolazione locale, frantuma le filiere corte dell'economia che ancora oggi resistono. Cancella l'artigianato, i piccoli albergatori, gli affittacamere (*)"

marmolada5

Marmolada

I Vascellari sulla Marmolada si son fatti, come si dice dalle mie parti, i corni d'oro, mungendo il mungibile prima sfruttandone le risorse idroelettriche poi con gli indennizzi della nazionalizzazione; la società Tofana Marmolada, della quale Mario Vascellari è il presidente, nel 2005 ha ristrutturato la funivia che porta in cima alla montagna utilizzando 6 milioni di euro di sovvenzioni a fondo perduto concessi dalla regione Veneto.

Nell'estate del 1988 i volontari di Mountain Wilderness raccolsero, sotto la parete sud della montagna, centinaia di sacchi di scoazze buttati dalla società della funivia: plastica, robaccia chimica, rifiuti vari, funi, oltre a oli esausti e carburanti. La società fu condannata a pagare 100.000 euro di risarcimento alla provincia di Belluno per danni ambientali.

Un altro Vascellari, Valentino, fratello di Mario e socio della Tofana Marmolada, ha presentato il progetto di Malga Ciapela nelle vesti di presidente di Assindustria di Belluno. I due fratelli, racconta a  Repubblica il sindaco di Rocca Pietore, sono i principali soci della cordata che costruirà il Grand Hotel. Indicativo futuro, non condizionale: la cosidetta "variante Vascellari" venne infatti approvata dal Consiglio comunale già nel 2005, in tempi stretti, poco prima che la Regione bloccasse le modifiche ai PRG.

In 5 anni, secondo il sindaco orgoglioso, il resort sarà bello che costruito. Al modico prezzo di 50 milioni.

A volte ho delle illuminazioni, dei presentimenti, come dire? Valentino Vascellari mi stava sulle balle già dai tempi del liceo, una questione di pelle. E non era nemmeno in classe con me, bastava incontrarlo nei corridoi.

(*) fonte JENNER MERLETTI su Repubblica on line
(**) fonte:  Franco de Battaglia sul quotidiano Alto Adige di oggi (lo linko quando lo rendono disponibile on line)

giovedì 8 gennaio 2009

L'impatto ambientale delle tende

colbricon

lago Colbricon

Appena se ne accorsero, le guardie del parco di Paneveggio si precipitarono a elevare multe: non si può, assolutamente, piantare tende vicino ai laghi Colbricon! Disturbano il paesaggio, è zona di riserva integrale, non si può e basta! Nemmeno se a piantarle, le tende, sono le persone che manifestano contro il progetto di collegamento sciistico San Martino/passo Rolle.

I cui piloni invece, sottolinea la delibera provinciale, valorizzeranno il paesaggio. Da non credere? basta leggere qui: "Sotto il profilo paesaggistico, lo studio d’impatto ambientale evidenzia che le
soluzioni  proposte  cercano  di  perseguire  e  valorizzare  il  tema  del  paesaggio  come risorsa,  anche  in  un  contesto  antropizzato,  integrando  opere  e  manufatti  con  il
territorio  ed  il  paesaggio  con  forme  e  segni  visivi  funzionalmente  efficaci  e contemporaneamente  rispettosi  verso  l’ambiente."

I piloni. Le tende invece disturbano.

Una sarcastica, addolorata, intelligente testimonianza sul bel blog di Maddalena Di Tolla Deflorian, falcoeleonorae, "Cittadinanza biologica - ecologia politica nelle Alpi" che mi spiace di aver trovato solo oggi.

 

mercoledì 7 gennaio 2009

Un fantasma si aggira per le Alpi

Alpe Bianca (Piemonte) (dall'istruttiva Gallery di Repubblica Le funivie fantasma)

"Centottanta impianti falliti al Nord: colpa della speculazione. Colate di cemento, terreni sbancati, piloni arrugginiti: la mappa dello scempio" scriveva il 2 gennaio Paolo Rumiz su Repubblica.

In molti casi non è solo colpa del cambiamento climatico, il fallimento dell'impianto era previsto da bel principio. La faccenda, spesso, racconta a Rumiz Luigi Casanova di Mountain Wilderness funziona in questo modo: “Meccanismo semplice, si compra il terreno a basso costo, si cambia il piano regolatore, poi si fa la seggiovia e si costruiscono case al quintuplo del valore”. Se il gioco è spinto aggiunge Rumiz, la seggiovia chiude appena esaurita la sua funzione moltiplicatrice del valore immobiliare.

Cambiano i luoghi, ma il trucco è lo stesso. C’è un pool che compra terreni, fonda una società e lancia un progetto sciistico, con un bel nome inventato da una società d’immagine. L’idea è nobile: “rilanciare zone depresse”, così chi fa obiezioni è bollato come nemico del progresso. A quel punto la mano pubblica entra nella gestione-impianti e finisce per controllare se stessa. Così il gioco è fatto. Il sindaco promette occupazione e viene rieletto: intanto parte l’assalto alla montagna. Per indovinare il seguito basta leggere la storia dei ruderi nel vento."

Anche qui, in Trentino e in Alto Adige, non è che l'esperienza altrui sia servita a qualcosa. Appena rientrato in carica, il presidente della Giunta provinciale di Trento ha dato il via libera al contestatissimo collegamento fra San Martino di Castrozza e il passo Rolle, impianto che attraverserà una zona a protezione totale nel parco di Paneveggio. Le due società che gestiranno il nuovo impianto sono in rosso da un pezzo, quest'estate han dovuto batter cassa presso i comuni (soldi pubblici, sottolineo!) per pagare gli stipendi, ora la Provincia sgancerà un'altra vagonata di soldi per finanziare anche questo scempio: per ottenere il finanziamento per realizzare l'opera iniziale, (così detta perché dovranno poi seguire altri finanziamenti per la realizzazione della pista e il collegamento al Col Verde), dovranno saltar fuori cinque milioni di Euro privati. 

In rete trovo il rendering dell'impatto ambientale dell'impianto sui laghetti del Colbricon:

rendering_colbricon

Saranno il nuovo impianto, la nuova pista e il nuovo scempio a salvare l'ennesima situazione decotta, con i soldi dei cittadini? Di quelli favorevoli e di quelli contrari, peraltro, ai quali tocca pagare il biglietto della seggiovia con le tasse anche se a sciare non va o fa scialpinismo.

Parole, parole, parole... dal programma elettorale di Lorenzo Dellai, rieletto solo un mese e mezzo fa:

"[...] incentivare le imprese impegnate a sviluppare processi produttivi e prodotti a minore impatto ambientale;

[...]

Essere amici dell’ambiente
Le consolidate tradizioni del Trentino ed insieme i rischi derivanti dalle condizioni globali del pianeta spingono a rimettere al centro delle attenzioni la responsabilità verso l’ambiente. Tuttavia essere amici dell’ambiente non toglie la responsabilità di pensare attivamente allo sviluppo futuro del Trentino che deve saper convivere con le risorse straordinarie che ha a disposizione ed anzi deve saper inventare le strade per creare nuova ricchezza proprio grazie alla crescita di una “economia verde”.

I progetti in questo settore sono: [...] frenare la perdita di bio-diversità nell’arco alpino, valorizzando anche il ruolo delle aree protette; sostenere le iniziative dei comuni volte ad attivare reti ambientali; investire, in termini scientifici e imprenditoriali, nel campo delle energie alternative; elaborare un piano di legislatura orientato al recepimento dei protocolli della Convenzione delle Alpi e alla predisposizione di misure adeguate in relazione al cambiamento climatico; sostenere l’iniziativa del distretto “energia e ambiente”; lanciare un programma straordinario diretto a sviluppare iniziative imprenditoriali nel campo dell’industria verde e dei servizi ad essa collegati; potenziare le forme di sostegno alle imprese agricole di montagna; proseguire nell’attività di informazione e formazione dell’opinione pubblica; ridurre la produzione di rifiuti ed alla crescita della quota di raccolta differenziata, secondo gli obiettivi del Piano provinciale; rilanciare il patrimonio alpinistico (sentieri e rifugi) e avviare l’attività della “Accademia della Montagna” del Tonale, intitolandola alla figura di Bruno Detassis; approvare una legge provinciale in tema di tutela degli animali, previo confronto con le associazioni del settore."

Qui la delibera di autorizzazione della Provincia, qui il protocollo d'intesa.

Sul blog di Dello Sbarba il testo completo dell'articolo di Rumiz (nell'archivio di Repubblica non è ancora consultabile)

Qui un altro paio di rendering interessanti, qui "L'immagine ha il solo scopo di rappresentare in linea di massima l'ipotesi di messa in rete della skiarea del Col Verde con la pista del Passo Rolle."

venerdì 2 gennaio 2009

Cento!

Riccardo Cassin. Fonte: sito ufficiale

San Vito al Tagliamento, 2 gennaio 1909.

Se è vero che il miglior alpinista è quello vivo, chi meglio di lui? :)

La sua biografia su Wikipedia e la sua bella faccia al filmfestival di Trento nel 2001 in uno scatto di Giulio Malfer.

giovedì 1 gennaio 2009

Ancora ladri di acqua

peterpesci002

Il babbo, asciutto quella volta.

Se mi si chiedesse che anno era, non lo ricordo proprio; so solo che si apriva la pesca sull'Adige il primo di gennaio, e il babbo non poteva assolutamente perdersi l'evento. Bardato come solo lui sapeva fare, unica concessione alle convenzioni il cesto di vimini regolamentare e gli stivaloni, cappellaccio piantato sul cranio, canna da pesca e quant'altro, alle 6 di mattina era sull'argine a pescare.

Come vuole l'iconografia classica, quando tornò a casa bagnato come un pulcino mamma era seduta vicino al caminetto a ricamare violette su una tovaglia. Tutto preso dal sacro fuoco della pesca era scivolato nel fiume, stivaloni cesto e tutto l'armamentario compreso. Il primo di gennaio. A Bolzano.

I motivi per cui avrebbe potuto rimetterci la scorza variano dalla polmonite all'annegamento per stivaloni pieni d'acqua che lo tiravano sotto, per testata contro pietra affiorante o per assideramento dopo essere stato trascinato chissà dove: l'Adige ha una discreta portata anche d'inverno. Non si beccò nemmeno il raffreddore.

Ora ai fiumi altoatesini manca l'acqua. Lo segnala preoccupato il presidente dell’associazione Provinciale Pescatori, Gebhard Dejaco al quotidiano Alto Adige del 28 dicembre, e le colpevoli sono le centrali idroelettriche. Gli iscritti all'associazione hanno girato diversi torrenti in diverse giornate muniti di un costoso apparecchio di misurazione controllandone la portata in varie ore del giorno: nella quasi totalità delle misurazioni il livello delle acque residue fissato per legge dalla Provincia non è rispettato e si aggira attorno alla metà di quanto stabilito.

«Nei pressi di Colle Isarco sono state effettuate numerose misurazioni in ore e posti diversi. Non sono mai stati raggiunti i 600 litri/secondo prescritti, anzi. E così nel tratto d’acqua sottostante, un tempo ricco di fauna ittica, i pesci di dimensioni maggiori sono praticamente scomparsi del tutto, mentre i pesci più piccoli sono facile preda della crescente popolazione di aironi cinerini»

Non è solo la fauna ittica a soffrire di questa situazione: viene completamente distrutto un ambiente naturale. A fronte di un danno ecologico irreparabile, sottolineano i pescatori, se beccati in fallo i concessionari vengono sanzionati con cifre di gran lunga inferiori al guadagno che deriva dallo sfruttamento della maggiore quantità d'acqua utilizzata. Sempre che qualcuno voglia controllare e sanzionare: «Un funzionario del corpo forestale ci ha spiegato testualmente che "su determinate infrazioni abbiamo ricevuto ordine dall’alto di chiudere un occhio"» aggiunge infatti Dejaco.

I pescatori stanno pensando di passare alle vie legali e richiedere un risarcimento: un precedente a loro favore c'è. Il tribunale di Belluno ha condannato per lo stesso motivo l'ENEL a pagare una consistente cifra di danni al ministero per l'ambiente che si era costituito parte civile.

Non c'è ambito nel quale gli interessi economici non se ne facciano un baffo dell'ambiente e dell'ecologia, spesso con la connivenza delle istituzioni.

Occorre specificare che il tuffo del babbo fu l'occasione cercata dalla mamma per mollare tovaglia e violette al loro destino e non prenderle mai più in mano? L'iconografia classica a casa mia era sempre di brevissima durata.