mercoledì 31 marzo 2010

Cerchi nel grano

patate jerome

I cerchi verdi degli irrigatori nelle campagne altrimenti aride di Jerome, Idaho. Fonte: GoogleMap

Chissà chi fa i cerchi nei campi dell’Idaho: gli ufo? gli alieni, gli omini blu? Se non stiamo attenti a quel che mangiamo diventiamo noi omini blu altro che ufo!

Qui si parla di patate invece che di grano, ma sempre cerchi sono:

Chiesi a Forsyth di illustrarmi il regime stagionale di interventi e i sistemi all'avanguardia per il controllo di un campo di patate. Di solito si incomincia all'inizio della primavera con un tratta­mento per il terreno; per controllare i nematodi e altre patologie, i coltivatori cospargono i campi prima della semina con un com­posto chimico tossico al punto da uccidere ogni traccia di mi­crorganismi nel suolo. Poi Forsyth innaffia i campi con un erbi­cida (Lexan, Sencor o Eptam), per "ripulire" il terreno dalle er­bacce. Al momento della semina, viene applicato sul terreno un insetticida sistemico, come il Thimet, che verrà assorbito dalle gio­vani piante e ucciderà ogni insetto che ne mangi le foglie per di­verse settimane. Quando le pianticelle saranno alte una quindici­na di centimetri, viene spruzzato sui campi un secondo erbicida per controllare lo sviluppo delle erbacce.

Gli agricoltori che operano in zone aride, come Forsyth, col­tivano gli enormi cerchi che avevo visto dal cielo; ognuno di es­si e delimitato dal raggio dell'irrigatore e di solito ricopre una superficie di 135 acri. Pesticidi e fertilizzanti vengono sempli­cemente aggiunti nell'impianto d'irrigazione, che nell'azienda agricola di Forsyth pompa acqua dal vicino Snake River (e glie­la restituisce). Insieme alla razione d'acqua, le patate di Forsyth ricevono dieci annaffiature settimanali di fertilizzanti chimici. Appena prima che i filari si chiudano, cioè prima che le foglie di una pianta incontrino quelle delle vicine, Forsyth inizia a spruzzare un fungicida che si chiama Bravo, per controllare la ruggine tardiva della peronospora, lo stesso fungo che causò la carestia di patate in Irlanda ed è ancora oggi la minaccia che più preoccupa gli agricoltori. Nel giro di aria notte, una sola spora può infettare un intero campo, mi disse Forsyth, riducendo i tuberi a una poltiglia marcescente.

All'inizio di luglio, Forsyth affitterà un polverizzatore per i trattamenti contro gli afidi da eseguire a intervalli di quattordi­ci giorni. Di per se gli afidi sono innocui, ma trasmettono un virus che provoca l'accartocciamento fogliare (PLRV) e la necrosi "a rete" nelle Russet Burbank - macchioline scure nella polpa dei tuberi - che impedisce di vendere l'intero raccolto. Nono­stante tanti sforzi, a Forsyth successe proprio lo scorso anno. La necrosi "a rete" è un difetto puramente estetico, ma poiché Mc­Donald's crede (e a ragione) che ai clienti non piaccia mangiare patatine fritte ricoperte di puntini scuri, gli agricoltori come Danny Forsyth devono irrorare i campi con alcuni fra i compo­sti chimici più tossici attualmente in uso, compreso un orga­nofosfato che si chiama Monitor.

DSC_2059

Patate nostrane, di montagna, senza Monitor

“II Monitor è velenosissimo” mi spiegò Forsyth, infatti e risa­puto che può danneggiare iI sistema nervoso umano. Dopo che I'ho spruzzato, non vado nei campi per almeno quattro o cinque giorni, nemmeno per aggiustare un irrigatore rotto.» Dunque For­syth preferirebbe perdere uno dei suoi enormi cerchi che espor­re se stesso o un dipendente a un veleno simile.

Anche senza considerare i costi sanitari e ambientali, dal pun­to di vista economico tutto questo lavoro di controllo ha un costo spaventoso. Un coltivatore di patate dell'Idaho spende gros­so modo 1950 dollari per acro (soprattutto in prodotti chimici, elettricità e acqua) per ottenere un raccolto che, in una buona annata glie ne farà forse guadagnare 2000. Ecco quanto un produt­tore industriale di patatine fritte pagherà le venti tonnellate di patate ricavabili da un acro. […]

Prima di andare a visitare i campi, Forsyth e io parlammo di agricoltura biologica. Forsyth [...] mi disse alcune cose che non mi sarei mai aspettato di sentire da lui agricoltore tradizionale. «Io preferisco mangia­re cibo biologico, e infatti a casa coltivo parecchie cose. Le verdure che compriamo al mercato dobbiamo lavarle un sacco di volte. Non so se dovrei dirlo, ma pianto sempre un campetto di patate in cui non uso la chimica. Alla fine della stagione, le patate del mio campo sono buone da mangiare, ma quelle del­la piantagione probabilmente sono ancora piene dl sistemici. Io non le mangio.”

copj13[1]

Fonte:
Michael Pollan
La botanica del desiderio. Il mondo visto dalle piante

Editore
Il Saggiatore Tascabili  (collana Saggi)

anno 2009
pagine 255, brossura
€ 11

ISBN 978-885650046-2

Questo citato non è che uno degli argomenti marginali del libro, interessante quanto mai; argomento marginale ma che mi è tornato in mente leggendo il breve intervento di Luigi Mariotti del WWF sul quotidiano di oggi. Ne riparliamo.

Comunque un’ottima occasione per consigliare Pollan. A me l’ha suggerito Stef in un commento a un mio post, ha rincarato la dose Equipaje (ehi, dove sei sparita?) , e per finire anche un amico.

(si, sto leggendo anche il dilemma, datemi tempo ;) )

sabato 27 marzo 2010

Vita da gatti

A una mattinata impegnativa

micia dorme2

micia micia dorme


triki dorme2

segue un pomeriggio faticoso:

triki dorme4 micia dorme3

Faticoso al punto che si chiamano in aiuto anche gli amici:

pauli ronfa

Vitaccia eh?

venerdì 26 marzo 2010

In prigione in prigione!

 

…e che ti serva da lezione! (Edoardo Bennato)

E' stato denunciato dai carabinieri lo scialpinista 'miracolato' che lo scorso 27 febbraio era stato estratto vivo dopo due ore da una valanga che lo aveva travolto in val Sarentino.
L'uomo, che aveva ignorato il bollettino che dava pericolo marcato (grado 3 di 5), è accusato del reato di valanga colposa. Il sarentinese, di 42 anni, stava effettuando una escursione in solitaria sulla Cima Rodella a circa 2.000 metri di quota, quando è stato sepolto dalla slavina.
Un addetto agli impianti di risalita di San Martino aveva visto per caso la valanga sul altro versante della valle mentre inghiottiva l'uomo.
Una sessantina di uomini del soccorso alpino erano intervenuti sul posto con l'ausilio di unità cinofile e di due elicotteri.
Dopo due ore lo scialpinista che era stato estratto vivo. Non aveva con se l'Arva, un apparecchio elettronico che permette la localizzazione sotto la neve
.”

Quotidiano Alto Adige di oggi 26 marzo 2010

I gradi della morte

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Val Lasties, gruppo del Sella

Interessante contributo di zullix in un commento al mio post "I numeri non sono isterici" che merita in un post la visibilità che fra i commenti andrebbe persa:

Valanghe, circa rapporto grado pericolo / morti:

Grado 1, In Italia circa il 2% degli incidenti mortali avviene con questo grado.
Grado 2, In Italia circa il 32% degli incidenti mortali avviene con questo grado.
Grado3, In Italia circa il 54% degli incidenti mortali avviene con questo grado.
Grado 4, In Italia circa il 12% degli incidenti mortali avviene con questo grado.
Grado 5, In Italia non sono noti incidenti mortali con questo grado.

Fonte: Dipartimento Regionale per la Sicurezza del Territorio
Servizio Centro Valanghe di Arabba 2007, Guida per l'utente, disponibile sul sito Arpav.

(Grazie zullix, trovato!)

Quindi più di metà degli incidenti mortali avviene con grado di pericolo 3.

Perché con grado 4 o superiore chiunque abbia un po’ di buon senso va in piscina e non a fare scialpinismo, perché con grado 2 la probabilità di valanga è indubbiamente minore… perché grado 3, in mezzo alla scala dei valori, è letto come pericolo medio: si c’è un po’ di rischio ma non poi così tanto. Invece grado 3 è pericolo MARCATO. Marcato vuol dire alto, pronunciato, spiccato. Forte.

Interessante comunque lo scambio di opinioni nei commenti del post segnalato sopra. Grazie a tutti voi.

venerdì 19 marzo 2010

Tami è partita

Tami suedtirol[1]

Tamara Lunger – (foto dal suo blog)

Cari miei venticinque lettori, è un ordine: pensatela tutti i giorni da qui al 29 maggio. In forse per problemi di salute fino all’ultimo (non l’avevo vista infatti nell’ordine di arrivo della Sellaronda Skimaraton vinta tanto per cambiare dal suo babbo insieme all’inossidabile Giacomelli), è partita. “Domani sarrò già nel aereo verso Kathmandu e sognerò del Lhotse, alto 8516 metri.” scrive oggi nel suo blog.

Passata la paura, ridimensionata l’ansia, Tami è in viaggio. E’ in buone mani, il suo capo spedizione è Simone Moro, un grande alpinista e una splendida persona, ma “ringrazio già adesso per tutti i pensieri vostri che mi fate nei prossimi due mesi. Sono convinta che gli sento e mi danno tanta energia.”

Ecco, pensatela. In italiano, in tedesco o come diavolo volete, ma pensatela :)

martedì 9 marzo 2010

Rami secchi

Fare e disfare è tutto lavorare diceva mia nonna. E per fare e per disfare occorron soldi da buttare.

“In metrò da Bolzano a Caldaro: sì al progetto Leitner da 200 milioni” titola oggi l’Alto Adige. Una magnifica idea per avvicinare tutti i paesi della destra Adige al capoluogo, sollevare dal traffico e dall’inquinamento la città e dalle code infinite della mattina e della sera gli abitanti di Appiano, Caldaro, San Paolo molti dei quali lavorano a Bolzano. Un progetto di mobilità alternativa che cova da tempo nei corridoi di palazzo Widmann (sede della Giunta Provinciale), variamente pensato e modificato e ora pare, finalmente, in dirittura d’arrivo.

E che diavolo ho da lamentarmi? Che il metrò di superficie da Bolzano a Caldaro c’era ed ha funzionato dal 16 dicembre 1898 al 28 giugno 1971. Che ora sul tracciato della vecchia ferrovia c’è, per mia grande soddisfazione visto che ne faccio sovente uso, la ciclabile che parte da casa mia e arriva dritta sparata fino quasi a Trento.

vecchia ferrovia

Galleria del trenino Bolzano-Caldaro sul tracciato della ciclabile

Ok, altri tempi, altra idea di mobilità, delle PM10 non si parlava, della chiusura del centro al traffico d’inverno nemmeno, ma porca miseria che spreco!

Che spreco allora a dismetterla e che spesa oggi a rifarla. Peraltro, mica è la sola: i cosiddetti rami secchi “potati” in Alto Adige sono parecchi: la Ferrovia Elettrica Brunico-Campo Tures, la Ferrovia Lana-Postal, la Ferrovia della Val Gardena e la mitica Ferrovia delle Dolomiti che collegava Dobbiaco a Cortina e proseguiva poi per Calalzo sul percorso della quale oggi si disputano una gara di granfondo di mountain bike e una gara di sci da fondo.

stazione[1]
Ex ferrovia delle Dolomiti: un pezzo del tracciato nel quale ancora si vedono (e sentono) le traversine una delle vecchie stazioni


E vogliamo parlare delle ferrovie dismesse in Trentino? La Ferrovia Rovereto-Arco-Riva, la Tramvia Dermulo-Fondo-Mendola, ovvero dell’Alta Anaunia e la Ferrovia della Val di Fiemme. Anche sul tracciato di quest’ultima è stata fatta una splendida ciclabile sulla quale si disputa ogni anno una granfondo.

Fa un po’ impressione soprattutto in questi giorni nei quali si sente riparlare in Trentino di Metroland: una montagna di soldi, quasi 5 miliardi di euro teorici ma quanti in realtà non si sa, per perforare mezzo Trentino e costruire ferrovie in galleria per collegare le valli fra loro con un metrò provinciale. Spero che vi ricordiate che nel frattempo staranno scavando il BBT, il tunnel di base del Brennero,

viadottoViadotto della ex ferrovia della val di Fiemme

che perforerà per anni la regione da sud a nord per il raddoppio della ferrovia con l’idea di spostare il traffico pesante dall’A22 ai treni.

Moltissime le perplessità attorno a Metroland sia per i costi esorbitanti che per l’enormità dei lavori previsti e per l’impatto ambientale: due nuove tratte: una verso Tione attraverso la  Vallagarina e il Bassa Sarca e una verso la val di Fassa e il Primiero passando sotto la catena del Lagorai. La tratta della Valsugana che già c’è  dovrebbe essere potenziata ed elettrificata e la Trento Malé, che già arriva fino a Marilleva, prolungata fino a Fucine e forse a Cogolo di Pejo.

Una seria analisi dei bisogni e dei costi, però, in Trentino manca. Manca un progetto serio, e pure la sicurezza del dove far uscire i soldi. I tempi di realizzazione molto lunghi mentre la mobilità nelle valli è incasinata adesso. galleriapiccola

Vecchia ferrovia della Val di Fiemme

La mobilità pubblica su ferro sta poi così a cuore che la sera non c’è verso di muoversi in treno fra Trento e Bolzano, il collegamento diretto fra Bolzano e Roma è stato soppresso dalle FFSS e si sta ancora brigando e discutendo su chi aprirà il portafoglio per ripristinarlo: per ora ci han pensato le Ferrovie Germaniche.

QUI un interessante approfondimento critico sul progetto e, per par condicio, QUI alcune voci a favore. (Occorre dire da che parte tendo? E, parola di giovane marmotta, non sono affatto affetta da misoneismo. :P)

TrenoGard04aSantaCristina[1]

La ferrovia della val Gardena vicino a Santa Cristina. (foto Wikipedia Italia, grazie a Mauro Bottegal che l’ha ceduta)

lunedì 8 marzo 2010

Bolzano conteso

Rifugio Bolzano al monte Pez

Il rifugio Bolzano al monte Pez – Schlernhaus

“Vendeteci il Bolzano! E’ stato costruito dall’Alpenverein(*) ed è uno dei luoghi simbolo dei montanari sudtirolesi” Più o meno sono questi, secondo il quotidiano Alto Adige di ieri (che ama moltissimo buttare benzina sul fuoco dello scontro etnico), i termini della richiesta dell’amministrazione provinciale al CAI di Bolzano, proprietario della struttura contesa.  Ma l’AVS è stato risarcito, ai tempi, per i rifugi che lo Stato ha confiscato durante la guerra, dice Broggi, presidente del CAI Alto Adige. Considerazione che non c’entra molto, a mio avviso: la Provincia non lo vuole in regalo, se lo vorrebbe comprare; sempre che non lo voglia per una pipa di tabacco ovviamente.

Comunque sia il CAI non ha la benché minima intenzione di vendere, il che è suo pieno diritto. Ma al momento non è molto conveniente mettersi di punta contro la Provincia, lascia intendere il quotidiano: a fine anno infatti scadono i contratti di gestione dei 25 rifugi ex militari che lo Stato ha ceduto in proprietà all’amministrazione provinciale nel 1999, ad oggi in mano a varie sezioni del CAI.

La soluzione che fino a ieri pareva più probabile era quella di un consorzio unico di gestione tra Cai e Avs. Ora nel consorzio vorrebbe entrare anche la Provincia, che fra l’altro sgancerebbe un bel po’ di soldi in contributi per la manutenzione straordinaria delle strutture. Tutto risolto quindi e tutti contenti? Macché. Sabato scorso, durante l’assemblea annuale del CAI Alto Adige, il presidente Broggi ha gelato la platea dicendo che le trattative si sono arenate in quanto Kaiser Durni(**) avrebbe posto una “pregiudiziale molto pesante”. Quale sia la pregiudiziale non l’ha specificato, ma il quotidiano lascia intendere che sia proprio la vendita del Bolzano.

DSC_0876r

In bella vista, nella sala del rifugio, lo stemma del CAI

Comunque decidano di concludere, facciano in fretta, ma molto in fretta!

Già la scorsa stagione il rifugio Becherhaus - Gino Biasi al Bicchiere, uno dei più belli e famosi delle Breonie, bisognoso di interventi costosi di ristrutturazione e di adeguamento, è rimasto chiuso: chi avrebbe aperto il portafoglio per pagare le spese? Chi in breve tempo si potrebbe trovare espropriato della gestione, ovvero il CAI di Verona? E gli altri 24 rifugi nella stessa situazione, come la metteranno?

Qui di seguito l’elenco dei 25 rifugi con la gestione in bilico, e come si vede tutti rifugi importanti, famosi, mitici: prima di partire, secondo me, converrà informarsi se sono aperti o meno.

Rif. Vedretta Piana / Grohmannhütte, Alpi Breonie di Ponente / Stubaier Alpen
Rif. Vedretta Pendente / Teplitzer Hütte, Alpi Breonie di Ponente / Stubaier Alpen
Rif. Forcella Vallaga / Flaggerschartenhütte, Sarentini orientali / Östliche Sarntaler Alpen
Rif. Cima Libera / Müllerhütte, Alpi Breonie di Ponente / Stubaier Alpen
Rif. Plan / Zwickauer Hütte, Alpi Venoste / Ötztaler Alpen
Rif. Petrarca all'Altissima / Stettinerhütte, Alpi Venoste / Ötztaler Alpen
Rif. Borletti Aldo e Vanni al Corno di Plaies / Berglhütte, Ortles / Ortler – Cevedale
Rif. Passo Ponte di Ghiaccio / Edelraut Hütte, Alpi Breonie di Levante / Zillertaler Alpen
Rif. Genova al Passo Poma / Schlüter Franz Hütte, Odle / Geisler - Putia / Peitlerkofel – Puez
Rif. Giogo Lungo / Lengjöchl Hütte, Alpi Aurine / Zillertaler Alpen
Rif. Brigata Tridentina alla Forcella del Picco / Birnlücken Hütte, Alpi Aurine / Zillertaler Alpen
Rif. Vittorio Veneto al Sasso Nero / Schwarzsteinhütte, Alpi Aurine / Zillertaler Alpen
Rif. Corsi in Val Martello / Zufallhütte in Martelltal, Ortles / Ortler – Cevedale
Rif. Biasi al Bicchiere / Becherhütte, Alpi Breonie di Ponente / Stubaier Alpen
Rif. Città di Milano / Schaubach-Hütte, Ortles / Ortler – Cevedale
Rif. Bergamo al Principe / Grasleitenhütte, Catinaccio / Rosengarten
Rif. Pio XI alla Palla Bianca / Weisskugelhütte, Alpi Venoste / Ötztaler Alpen
Rif. Roma alle Vedrette di Ries / Kasselerhütte, Vedrette di Ries / Rieserferner
Rif. Vicenza al Sassolungo / Langkofelhütte, Sassolungo - Sassopiatto / Langkofel – Plattkofel
Rif. Firenze in Cisles / Ragensburgerhütte, Odle / Geisler
Rif. Comici al Piz Sella / Comici Hütte am Piz Sella, Sassolungo / Langkofel
Rif. Fronza alle Coronelle / Rosengartenhütte, Catinaccio / Rosengarten
Rif. Pajer alla Tabaretta / Pajer Julius Hütte, Ortles / Ortler – Cevedale
Rif. Serristori alla Vertana / Düsseldorfer Hütte, Ortles / Ortler – Cevedale
Rif. Porro alla Forcella di Neves / Nevesjochhütte, Alpi Breonie di Levante / Zillertaler Alpen

Rifugio Firenze alle Odle

(*)   CAI di lingua tedesca
(**) Luis Durnwalder, presidente della Giunta provinciale.

mercoledì 3 marzo 2010

I numeri non sono isterici

Malga Cagnon di sopra

Malga Cagnon di sopra – Lagorai

Aineva (associazione interregionale neve e valanghe) raccoglie da 24 anni i dati sugli eventi valanghivi nelle Alpi italiane, sulla località dell’evento, sul numero travolti, di vittime, sul tipo di attività che stavano compiendo.

Ogni anno una tabellina, aggiornata in tempo reale. Mi sono presa la briga di scorrerle tutte, le tabelline, e di ragionarci un po’ sopra senza un giornalista isterico attaccato alle balle.

Intanto ecco i totali, anno per anno:

Inverno

Nr. incidenti

Travolti

Illesi

Feriti

Morti

1985-86

37

97

47

26

27

86-87

24

42

22

4

16

87-88

51

127

69

22

36

88-89

12

36

20

5

11

89-90

22

44

26

5

13

90-91

50

118

61

19

38

91-92

17

61

36

15

10

92-93

23

85

27

33

25

93-94

34

94

62

9

23

94-95

33

70

43

15

12

95-96

26

44

26

8

10

96-97

27

69

52

4

13

97-98

31

49

30

13

13

98-99

35

73

36

25

12

99-2000

24

43

19

8

16

00-01

72

134

70

35

29

01-02

18

27

8

12

7

02-03

59

116

68

26

22

03-04

58

93

66

13

22

04-05

35

60

36

14

10

05-06

86

118

86

31

21

06-07

35

81

63

16

6

07-08

33

65

30

19

16

08-09

67

145

78

46

21

09-10

51

103

52

21

30

 

Secondo Hans Kammerlander, che propone il patentino, gli scialpinisti ed escursionisti fuori pista negli ultimi 10 anni sarebbero aumentati di 10 volte. Forse non di dieci, ma fra sci, snowboard e ciaspole sono davvero tanti più di un tempo. Ma a leggere i numeri dei morti, non sembrerebbe.

Insomma, gente sconsiderata che si infila nei casini da pollo, da ignorante o da temeraria indubbiamente ce n’è troppa. Nella statistica non vengono evidenziati gli escursionisti con le ciaspole che, a vederli in giro, mi paiono i meno preparati e temo siano inseriti nel numero degli scialpinisti. Aineva non ha ancora inserito i due faentini del rifugio Comici, con ciaspole, quindi non so dove li mettono.

E’ un tema che mi interessa assai, ci ho già scritto sopra, con altri numeri e altre statistiche, qui e qui.

Ogni morto di valanga è un morto di troppo, ma mi pare di poter notare che attorno alla questione ci sia un’isteria mediatica che tende a trasformare gli scialpinisti in pazzi criminali. Ma i numeri non dicono così. Ogni stagione c’è un argomento attorno al quale si coagula l’interesse sovreccitato della stampa. In estate si spera nel delitto di ferragosto, in inverno sono le valanghe, rassegnamoci.

Qui le tabelle annuali di AINEVA.

Qui una ricerca di AINEVA sugli incidenti in valanga, ma con numeri fermi a 10 anni fa