giovedì 28 febbraio 2008

Abbigliamento tecnico

Pietro, febbraio 1938, Ortisei

Te te ritiri ti?

Variazioni frontali in metri del Ghiacciaio Principale della Marmolada dal 1905 al 2005. (fonte: Museo tridentino di Scienze naturali; dati forniti dal Comitato Glaciologico Italiano ed elaborati da C. Casarotto).

Nell'ultimo secolo la fronte centrale del ghiacciaio della Marmolada è arretrata di 600 metri; negli ultimi 15 anni di 164 metri, di cui 90 nel 2003. Con un trend di questo genere per il ghiacciaio della Marmolada sono previsti ancora 20-30 anni di vita.

Qui l'intero e interessante articolo del dr. Christian Casarotto, glaciologo del Museo tridentino di scienze naturali, pubblicato sul numero 2 del 2006 di Natura Alpina, rivista trimestrale della Società di scienze naturali del Trentino e del Museo tridentino di scienze naturali.

martedì 26 febbraio 2008

Confronto al vertice

marmolada_cartolina1

Cartolina spedita nel 1935 dal Rifugio Marmolada. Il punto di vista non è proprio lo stesso ma il confronto è comunque interessante:

Marmolada6

Fotografia di Ruggero Vaia, sempre presa in prestito dal sito di Mountain Wilderness, scattata il 3 agosto 2005, a 70 anni di distanza.

marmolada_cartolina2

Rifugio Fedaia con la Marmolada, cartolina spedita nel 1934. Ediz. Sansone Partel

Marmolada ferita

Prendo in prestito dal sito di Mountain Wilderness le foto, anche queste scattate da Ruggero Vaia, dello sfregio fatto dagli impiantisti al ghiacciaio della Marmolada durante i lavori del 2005. Sfregio sfociato in un processo di cui ho parlato qui e qui.

Marmolada1

Marmolada3 

3 agosto 2005 Lavori in Marmolada

Autore: Ruggero Vaia

Qui l'ultimo articolo in proposito sul sito di Mountain Wilderness, dal quale si piò risalire indietro lungo tutta la storia.

Qui le altre foto di Ruggero.

lunedì 25 febbraio 2008

Vai calabrone!

Nives Meroi (fonte internet)

Se la sono portata giù a spalle, Nives, attraverso il ghiacciaio, senza acqua né niente da mettere sotto ai denti.

"Il percorso e' un'inferno, su e giu' per il ghiacciaio, Nives che urta con piede i grossi sassi, la fatica di portare piu' di 50 kg a 5300m si fa sentire ed alle 15.30 ci fermiamo a montare la tenda."

Facendo a ritroso il cammino già fatto per recuperare un po' di materiale, gli zaini, qualcosa da coprirsi:

"C'e' ancora un po' di sole e siamo caldi ma tra qualche ora non sara' piu' cosi', dobbiamo tornare agli zaini.
Roman sembra leggermi nel pensiero "torniamo su?" mi chiede.
E cosi' in poco piu' di 3 ore saliamo e scendiamo con i crampi alle gambe, non abbiamo mangiato e bevuto niente da mattino."

Sperando che l'elicottero domani arrivi, che cali il vento, che ce la faccia ad atterrare, che ce la faccia a ripartire:

"E' un Mi 8, un calabrone del cielo, elicottero del' ex URSS, saliamo tutti 3, c'e' posto per 20 persone, il trek del Makalu lo farò un'altra volta..
L'elicottero balla, è scosso dal vento, stiamo volando a 6000m e sembra di essere in giostra <forse non lo faro mai piu' il trek del Makalu> vai calabrone..non mollarci adesso.
<Russian Machine...> urlo appena tocchiamo terra.
Ore 13.02
Siamo nella stanza di ospedale con Nives, base del perone rotta dicono i medici.
[..]
Arriva anche Nima Sherpa, titolare della Cho Oyu Trek, che ci organizza i viaggi e in questo caso ha coordinato le operazioni di soccorso con l'elicotterista.
Parliamo della bravura di quest'ultimo e ci confida che il pilota gli ha riferito che c'erano il 50% di probabiita' di non farcela a causa del vento che soffiava a piu' di 100km/h..ci guardiamo e mi metto a ridere."

Luca Vuerich, 14 febbraio 2008. fonte, sito ufficiale di Nives Meroi

Il Makalu, il "Grande Nero", è una montagna tremenda, l'unico 8000 dell'Himalaya che non è mai stato salito in invernale. L'ultimo tentativo prima di quello di Denis Urubko e del suo gruppo, finito in una rinuncia pochi giorni prima dei tre Italiani, e' stato di Jean Christophe Lafaille, scomparso a fine gennaio del 2006 nelle vicinanze della vetta.

Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich sono rientrati in Italia.

giovedì 21 febbraio 2008

Vietato? E chi se ne frega?

Heliski in Marmolada (fonte: video di Ruggero Vaia)

Dal sito di Mountain Wilderness, parte di una lettera di denuncia inviata dal socio Luigi Casanova alla Procura della Repubblica di Bolzano, al presidente della Giunta Provinciale, all'assessore all'ambiente e al Collegio Nazionale delle Guide Alpine:

"Mountain Wilderness denuncia, con continuità, come dal territorio della Provincia di Bolzano partano voli in elicottero che trasportano persone per attività turistica, o per praticare l’eliski. Spesso i voli partono presso singoli alberghi, come dimostrato dall’incidente del 2004, ma in modo continuativo essi prendono il via dalla piazzola del dismesso rifugio del Club Alpino Italiano posta alla sommità di Passo Gardena, in violazione della legge provinciale 27.10.1997, n°15, “Disciplina delle attività di volo a motore ai fini della tutela ambientale.

[...]

in diversi esercizi alberghieri della zona è pubblicizzato il volo di elicotteri per motivi turistici;

in tutta la pubblicistica vengono apertamente riportati i riferimenti telefonici dei piloti, sito Internet e posta elettronica [non li cito per non fare pubblicità gratuita]. Vi si specifica che il martedì partono voli per la Marmolada mentre il giovedì gli sciatori sono accompagnati sul Sella per discese con gli sci. Queste indicazioni sono chiaramente illustrate nei depliant ufficiali delle guide alpine della Val Badia. Tutto sta a dimostrare come si tratti di attività continua, tollerata dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dalle autorità che dovrebbero imporre il rispetto della legge provinciale.

Nella giornata del 2 febbraio 2006 abbiamo documentato con fotografie e riprese cinematografiche l’attività di eliski a Passo Gardena (tutta la documentazione è disponibile). "

Segue l'elenco di diversi voli turistici, con luogo (in provincia di Bolzano) e orari di partenza e, come aggiunge MW nella lettera, "dalle ore 10.00 alle ore 11.20 ben sei carabinieri osservano le operazioni dimostrando grande confidenza con gli operatori dell’elicottero."

MW chiede se questi voli siano regolari, se quel particolare giorno ci  fossero deroghe speciali e per quale motivo, se la ditta che effettuava i voli abbia per caso qualche concessione speciale, oppure

"Oppure, la Provincia di Bolzano pur conoscendo i fatti, sta tollerando la violazione della legge provinciale? E’ infatti inverosimile che simili complesse operazioni possano svolgersi in modo tanto appariscente, lungo la strada che conduce al Passo Gardena, con sosta continuativa sulla sede stradale del camion del rifornimento carburante, con gli elicotteri che sorvolano infrastrutture turistiche imponenti quali impianti sciistici, piste di sci affollate, viabilità di primaria importanza, incuranti dei rischi portati ai turisti, Siamo in presenza di comportamenti che violano il codice della strada, le norme di sicurezza, forse anche quelle relative ai voli civili con la complicità delle pubbliche autorità?"

Mountain Wilderness aggiunge in chiusura: "Qualunque sia la situazione, con quanto da noi illustrato, vi è la dimostrazione concreta che la Provincia Autonoma di Bolzano, nonostante la chiara legge provinciale, accetta che sul proprio territorio venga praticato con continuità l’attività di eliski ed eliturismo, un fatto riprovevole, a nostro avviso scandaloso, che toglie a questa amministrazione ogni credibilità sul suo agire in materia di difesa dell’ambiente del patrimonio dolomitico. "

Vietato l'heliski? ah si? e chi se ne frega?

Dolomiti futuriste

depero_dolomiti

Manifesto di Fortunato Depero, 1956
(fonte giornale Il Trentino on line) 

Bersntol, ecco il poster di Depero.
Era questo che avevi in mente?

martedì 19 febbraio 2008

Ancora Heliski

Eccoli qui, fracassoni, fastidiosi, arroganti e pericolosi: Heliski in Marmolada, a pochi metri dall'arrivo della funivia, in mezzo ai turisti e, come fa notare l'autore del video, solo una persona a scaricare gli sci dei passeggeri e contemporaneamente ad allontanare la gente dalla piazzola di atterraggio.

 

Ringrazio Ruggero Vaia per il video, girato da lui il 7 aprile 2007 a Punta Rocca.

lunedì 18 febbraio 2008

La nuova frontiera dello sci per Il Giornale

800px-Chc_bell_206Elicottero Bell 206  (fonte Wikimedia Commons, autore Jcmurphy, licenza GNU)

Sulle Alpi in elicottero: la nuova frontiera dello sci

"Milano - Scoprire l'arco alpino in elicottero. Affrontare i picchi, i versanti e canali più innevati al fianco di guide esperte. Dalla Val d'Aosta al Trentino-Alto Adige molte località sciistiche si stanno dotando del trasporto via elicottero sulle poste da sci. Un’esperienza straordinaria per chi è appassionato di sci, imperdibile per gli esperti, ma anche alla portata degli sciatori medi ai quali si proporranno percorsi adeguati alle loro capacità."

"Il Giornale" on line del 15 febbraio 2008 continua:

"La Regina delle Dolomiti Un volo sulla Regina delle Dolomiti è sempre affascinante, ma diventa un evento ancora più speciale quando i suoi pendii sono ricoperti di neve e la discesa avviene con gli sci. La Marmolada affascina col suo brillante bagliore che deriva dal ghiacciaio che l’ha originata. Con i suoi 3.342 metri, è la vetta più alta delle Dolomiti, situata tra il Cordevole e la Val di Fassa. Volando sopra le vette della Marmolada è possibile osservare il bellissimo Lago di Fedaia e il torrente Avisio. La Marmolada è la montagna-simbolo delle Dolomiti, non solo perché con le sue cime raggiunge le quote più elevate, ma per la complessità che questo insieme roccioso presenta."

Segue pubblicità di un albergo che offre un pacchetto di 7 giorni 6 notti compreso giretto in heliski sulla Marmolada.

Mi si scuserà, spero, se non metto il link diretto all'articolo, chi è interessato non faticherà a trovarlo.

D'altra parte, come si legge sul magazine on line del portale Libero.it, "Le escursioni in eliski sono ormai un must lungo tutto l'arco alpino."

"Must lungo tutto l'arco alpino" questo par di maroni: in Trentino Alto Adige l'heliski è già vietato, come in Francia, in Germania e in diverse zone dell'Austria. Ma serve a poco vietarlo in Alto Adige se in Veneto è ammesso, infatti la Marmolada, già coperta di piste e impianti di risalita, è anche diventata il campo giochi per ricchi helisciatori, che partono dagli eliporti sul versante veneto della montagna, con buona pace di Mountain Wilderness, degli ambientalisti e dei loro sit-in di protesta.

domenica 17 febbraio 2008

Agatha e il labirinto

Schenon

Lo Schenon visto dal Labirinto del Latemar

Verso la fine del 1700 dalla Nord dello Schenon si staccò un'enorme frana che creò un dedalo di massi e giganteschi macigni che si incastrarono uno nell'altro, attraverso il quale oggi passa il Sentiero del Labirinto, che si snoda sotto le crode del Latemar in uno scenario molto particolare.

Nel 1926 Agatha Christie attraversa un momento della vita difficile: perde sua madre e il marito la pianta. Lei scompare per una decina di giorni e viene ritrovata, pare in stato confusionale, in un albergo di una località termale inglese registrata sotto il nome dell'amante del marito, circostanza sulla quale le scrittrice non ha mai fornito nessuna spiegazione. Tuttora non sono chiari i motivi della fuga: qualcuno maligna che si trattò di una trovata pubblicitaria, altri sostengono invece che fu un tentativo della scrittrice di far perdere le sue tracce perché il marito venisse sospettato di averla uccisa. Così imparava a farle le corna con la segretaria!

Pare strano che una giallista abbia escogitato una così misera messinscena per incolpare il fedifrago di un delitto mai commesso, ma così si evince da un documento scoperto recentemente dal suo biografo ufficiale.

Uscita psicologicamente molto provata da quella storia, per portare a termine il suo "The big Four" nel 1927 si rifugia in Alto Adige al Grand Hotel Carezza, nei pressi del passo di Costalunga fra Catinaccio e Latemar, dove ambienta diverse scene del romanzo: proprio nel labirinto del Latemar infatti la scrittrice fa nascondere una banda di fuorilegge e sotto le guglie dello Schenon risolve la trama del giallo.

In memoria del soggiorno della famosa ospite, il comune ha intitolato al suo nome il sentiero ad anello che dal Grand Hotel porta al Labirinto per rientrare all'albergo in circa 3 ore di cammino.

Percorso: Grand Hotel Carezza, sentiero n. 18, sentiero n. 20, sentiero del Labirinto, Lega di Mezzo, sentiero n. 11, sentiero n. 12 per ritornare al punto di partenza.
Dislivello in salita: m.250
Difficoltà: T (turistico)

sabato 16 febbraio 2008

Le bambole del Latemar

latemarbig

Gruppo del Latemar con lo Schenon, la Forcella Grande, la Torre Christomannos, il Cimon del Latemar, le Torri del Latemar e la Forcella dei Campanili dalle vicinanze del lago di Carezza.

Post modificato dopo la pubblicazione con l'aggiunta della versione nr.2 della leggenda

C'era una volta un ricco collezionista di bambole che, passeggiando nei prati di fronte al Catinaccio, smarrì il suo preziosissimo coltello. Dopo aver lungamente cercato senza successo si avviò verso casa molto dispiaciuto per la perdita. Lungo la strada incontrò un gruppo di ragazzini che pascolavano le loro capre e raccontò loro del coltello smarrito. I ragazzini si misero subito a cercarlo: tante paia di occhi giovani funzionano meglio di un solo paio di un vecchio avaraccio e in poco tempo la piccola Minega scovò in mezzo all'erba il coltello perduto.

Minega, correndo verso il paese per restituire il coltello, raccontò a una strana tizia che passava da quelle parti quanto le sarebbe piaciuta una delle splendide bambole del collezionista, una di quelle vestite di seta, lei che non aveva mai potuto giocare con una bambola vera. Chissà, forse questa volta come premio...

Consegnò il coltello e tornò delusa a mani vuote: giammai infatti il vecchio avrebbe ceduto uno dei suoi tesori! Tornando a casa la bimba incrociò lo sguardo della vecchia maga che comprese al volo. E in un batter di ciglia trasformò tutte le bambole dell'arido vecchio, con i loro vestiti di seta, nei pinnacoli, pizzi e ardite guglie del gruppo del Latemar.

Questa è una delle versioni della leggenda delle bambole del Latemar, strane ed insolite forme rocciose che danno il nome al "sentiero delle bambole": un percorso che parte dalla stazione a monte Oberholz di Obereggen e porta al rifugio Latemar passando per la forcella dei Camosci e la conca di Valsorda e si snoda fra rocce che qualche era geologica fa erano formazioni coralline sul fondo dell'oceano. Si rientra poi per il sentiero delle malghe della Val d'Ega fino ad Obereggen.

Con splendida vista su un enorme campeggio. (non ancora per fortuna!)

Tempo di percorrenza: 5-6 ore
dislivello in salita: 575 m.

Versione n.2, si rovesciano i buoni e i cattivi: la strega convinse Minega a volere di più: quando il collezionista le avesse fatto scegliere fra le bambole vestite di seta, lei avrebbe dovuto pretendere quelle vestite d'oro recitando questa formula magica: "pope de preda, con strasse de seda, ste lì a vardàr el Latemàr" (bimbe di pietra con stracci di seta, statevene lì a guardare il Latemar).

Così Minega non ebbe né queste né quelle: le splendide bambole, uscite da un misterioso portale fra le rocce, che sfilavano davanti a lei in passerella, si trasformarono in campanili di pietra mentre fra le pareti del Latemar si sentì risuonare una raggelante risata di strega.

venerdì 15 febbraio 2008

Sviluppo turistico in barba ai turisti

Roda di Vael dai pressi di Carezza al Lago

A Nova Levante (BZ) ci riprovano: un enorme campeggio, 12 mila metri quadrati, nella frazione di Carezza al Lago, vicino, appunto, al lago di Carezza, uno dei posti mitici della regione. Sacrificati migliaia di metri quadrati di prato da sfalcio, di bosco con vista Roda di Vael, nei pressi dell'Angerle Hof, che già gode della vicinanza della pista di fondo e di quella per lo slittino. Il maso-garni possiede inoltre, a detta del quotidiano Alto Adige di ieri, una dependance con appartamenti, il maneggio, un minizoo e una stalla piena di mucche. Abbastanza per campare dignitosamente, mi pare.

I proprietari del maso, a distanza di 4 anni dal veto della Giunta Provinciale, ci riprovano: non si vive senza il campeggio più grande delle intere Dolomiti!

Il comune di Nova Levante già allora aveva approvato la variazione della destinazione d'uso del terreno, da "verde alpino" a "zona destinata ad attrezzature turistiche", in violazione con la normativa urbanistica provinciale. E arrivò implacabile il NO della Provincia, appoggiato da una petizione firmata in pochissimi giorni da ben 700 turisti, nettamente contrari alla realizzazione del camping e preoccupati per lo scempio ambientale di una delle zone più belle dell'Alto Adige. 

Lago di Carezza

Lago di Carezza (fonte: Wikimedia Commons, licenza copyleft)

Ma che importa se i primi a essere contrari sono proprio i turisti, ovvero chi dovrebbe godere della nuova struttura? Se non vengono loro arriverà qualcun altro, dov'è il problema?

Ieri sera in comune si deliberava "solo" uno studio sullo stato di sviluppo del turismo nell'area di Carezza, fortemente voluto dalla famiglia proprietaria del maso di cui sopra, con il quale si vuole dimostrare la necessità del campeggio soprattutto per ospitare i tanti camper che sostano in zona.

Insomma ci riprovano. Come spiega Hans Heiss, consigliere dei Verdi Altoatesini: "dopo una recente modifica la legge urbanistica provinciale prevede la possibilità di presentare questi studi, nei quali i comuni - e sono sempre di più, specie i piccoli - tentano la strada del declassamento ad aree economicamente depresse. La speranza è di avere la via libera per la realizzazione di nuove infrastrutture. E in questo caso il campeggio sarebbe solo l'inizio della speculazione" (Hans Heiss, quotidiano AltoAdige, giovedì 14 febbraio 2008, pag.22).

Lo vogliamo raccontare a qualche paese del cuore della Sila che Nova Levante è area economicamente depressa? Vogliamo costruire strutture per turisti anche contro il loro stesso parere e in spregio della loro volontà? E cerchiamo di infinocchiare la Provincia sperando si sia scordata del NO di 4 anni fa?

E vogliamo piantarla di darci martellate sulle balle da soli, distruggendo la cosa per la quale siamo famosi nel mondo e per la quale vengono fin qui dall'altra parte del globo, l'ambiente?

Non sapremo presto come andrà a finire, ma i presagi sono bruttissimi, anche quassù si abbassa la guardia: sta cambiando l'aria, sta sparendo la cultura della conservazione ambientale, stiamo svendendo anche l'Alto Adige.

(fonte: quotidiano AltoAdige, 14 febbraio 2008, pag.22)

giovedì 14 febbraio 2008

"Eugenio Rosi, il dio proletario del Marzemino"

rosi Quasi ogni giorno arriva su questo blog qualcuno che cerca Eugenio Rosi. Ne parlai tempo fa in un commento con RoVino, niente di più. Misteri dei motori di ricerca. La chiave di ricerca è quasi sempre "Eugenio Rosi indirizzo".

Eccolo, l'indirizzo del giovane e interessante Viticultore Artigiano:

Eugenio Rosi
Via Tre Novembre, 9
38060 Calliano (TN)

Tel e Fax 0464/461375 - Cell 340/0611047.

E per soprammercato, linko qui un articolo di Renzo M. Grosselli, che come ritrattista ha poco da imparare, pubblicato sul quotidiano l'Adige il 12 marzo 2006 nella serie "Ritratti divini" e dedicato al Rosi. Per dare un'idea del tenore dell'articolo, questi sono occhiello, titolo e sottotitolo (clic per ingrandire):

rosi1

Se Eugenio vende una bozza in più per merito di questo post non posso che esserne contenta e se un piccolino che lavora bene porta via qualche euro a un grande che appiattisce gusti e cultura faccio i salti di gioia. Per il resto non è pubblicità, né diretta né indiretta, tanto per fugare ogni dubbio in proposito.

In topic

Oggi non ci si salva!

Tu non hai mai pensato di portare una donna con te? Sono convinto che ti sarà capitato almeno una volta. E quando un alpinista immagina di portare con se una donna in montagna, è perché con lei hai una relazione intima e l’amore che prova per lei è puro. Io, credimi, sono anni che sogno di portare con me Minako. Anche tu, il giorno che amerai veramente una donna, vorrai portarla lassù.

Yasushi Inoue
La corda spezzata
CDA & VIVALDA (collana Licheni)
ISBN: 9788874800070

mercoledì 13 febbraio 2008

Ma che sfiga!

Lungo il tragitto che dal CB del Makalu li avrebbe portati all’Hillary BC dove li aspettava un deposito di viveri e dove avrebbero atteso i portatori, Nives Meroi si è fratturata la base del perone. Recuperata faticosamente dall'elicottero nonostante i 100 km/h di vento insieme ai compagni, ora è in ospedale a Kathmandu.

Pare che il Makalu non le porti molta fortuna.

(fonte: Leila Meroi sul sito ufficiale di Nives)

Video di Nives e Romano sul K2 e sull'Everest

Signora mia...

...qui una volta era tutta campagna!

falzarego_1920

Passo Falzarego, 1920 circa, Edizione Zardini
(ma 3229 sarebbero i metri s.l.m.?)

falzarego_sas_de_stria_1920

Passo Falzarego con Sas de Stria, 1920 circa, Edizione G. Devich

Entrambe trovate su un supplemento del quotidiano "il Mattino" di Bolzano, che ha terminato le pubblicazioni da qualche anno.

lunedì 11 febbraio 2008

Nelle Terre estreme

JON KRAKAUER
NELLE TERRE ESTREME
Editore: CORBACCIO
ISBN: 9788879729253

Be', mi è piaciuto abbastanza e non me lo aspettavo. Di Krakauer ho letto, anni fa, "Aria sottile" e, pur restando incollata alle pagine fino alla fine, mi sono portata a casa una viscerale antipatia verso l'autore. L'ho trovato supponente, legato a una visione della montagna che non mi appartiene, poco obiettivo nel racconto e con poca pìetas nei confronti di chi ci ha rimesso le piume.

Non avrei quindi letto "Nelle terre estreme" se non me l'avesse consigliato, in tempi non sospetti, ovvero ben prima dell'uscita del film, un amico che non sbaglia mai un consiglio librario: "E' una bella storia, molto malinconica".

Intanto non c'e né supponenza né arroganza, Krakauer invece simpatizza evidentemente con le inquietudini giovanili del protagonista, si immedesima nella ribellione e nell'esperienza on the road, cerca di ricostruire e di capire. Non condivido la posizione di chi accusa l'autore di sciacallaggio,  o di aver fatto "cronaca su una vicenda piuttosto squallida" senza nessuna riflessione.

Ha ripercorso per mesi, con il consenso e il sostegno della famiglia, il girovagare (molto americano peraltro) di Chris, ha parlato con le persone che l'hanno incontrato, letto i suoi scritti, ricostruito con attenzione quasi due anni di vita del ragazzo accompagnandolo nella sua avventura fino in Alaska, alla radura dell'autobus 142. Krakauer riconosce tantissimi ragazzi e anche sé stesso nell'assolutismo e nel desiderio di purezza e di avventura di Chris e nel suo modo di non scendere a patti con la realtà che gli sta stretta, ma soprattutto non lo giudica.

Pur sapendo dall'inizio come andava a finire mi è stato difficile mollare le pagine fin quando non l'ho terminato, e anche dopo sono tornata più volte con il pensiero al libro e alla sorte di Chris e dei suoi genitori.

Non sarà il libro del secolo, d'accordo, Krakauer non è un grande scrittore, ma ha saputo raccontare una storia intensa e l'ha raccontata bene.

sabato 9 febbraio 2008

Inferno Makalu

Nives Meroi (fonte internet)

"Non è possibile sopravvivere lassù" queste le parole di Denis Urubko che già il 5 febbraio ha rinunciato alla prima invernale sul Makalu, dopo essere arrivato così vicino alla vetta che gli pareva di toccarla. (fonte Montagna.tv)

E oggi leggo sul sito di Nives Meroi, aggiornato costantemente dalla sorella Leila, le ultime notizie dei nostri due italiani:

"09-febbraio-2008: MAKALU BC
Sono circa le 14 (ora italiana) quando ricevo una telefonata di Nives. Il gruppo si trova al CB, pronto all’evacuazione. Lungi da noi, come sempre, l’intenzione di ‘fare epica’, ma stavolta è davvero il caso di dire che abbiamo raggiunto il limite."

Il vento si è portato via la tenda piazzata a 6500 m e quando gli alpinisti decidono di andare a vedere cosa è successo di tutto il materiale che conteneva, indispensabile per la scalata, ha iniziato a nevicare ed è sceso un bel nebbione costringendoli a rinunciare. Per soprammercato la notte scorsa il vento si è "risucchiato" gran parte del campo base, sparpagliando ovunque viveri e materiale.

"I ragazzi raccontano che erano circa le 20:30 (ora locale) quando, all’interno delle loro tende, si sono letteralmente sentiti sollevare, tanto che il risucchio del vento aveva addirittura tolto loro il fiato, impedendogli per un attimo di respirare." riferisce ancora Leila.

Impossibile farli recuperare dall'elicottero, troppo vento, tempo orribile. Cercheranno in qualche modo di scendere al CB inferiore, dove attenderanno l'arrivo dei portatori.

In mezzo al materiale perso, c'erano anche i pannelli solari che usavano, fra l'altro, per ricaricare il telefono: sarà quindi molto difficile avere loro notizie aggiornate.

Brutta bestia, il Makalu, brutta bestia anche d'estate, figuriamoci d'inverno. Tornate sani e salvi, ragazzi, che è l'unica cosa davvero importante!

venerdì 8 febbraio 2008

Nomen omen

Everest (Foto RedWolf; fonte Wikipedia, licenza GNU)

Dan Mallory vuole stabilire un record: arrivare sulla vetta dell'Everest con tutta la famiglia, composta da lui, la moglie Barbara e tre figli. Se ce la dovesse fare sarebbe la prima famiglia al completo sul tetto del mondo. La figlia Laura diventerebbe la più giovane donna ad aver raggiunto l'Everest, oltre che la più giovane canadese in assoluto.

Famiglia di rampeghini, la famiglia Mallory, e di recordmen: vogliono arrivare in vetta alle "Seven Summit", le cime più alte di ogni continente, e ai due genitori mancano solo l'Everest e il Massiccio di Vinson in Antartide. Finora sono circa 200 gli alpinisti che hanno concluso l'impresa.

Combinazione vuole che i signori, oltre che chiamarsi Mallory e voler scalare l'Everest, abitino in Ontario in una città chiamata Utopia.

Spero vivamente che le numerose coincidenze non portino loro sfiga.

(fonte: Il corriere Canadese)

Trentino clima 2008

Trento, dal 20 al 24 febbraio 2008.

La Provincia Autonoma di Trento, in collaborazione con il Museo Tridentino di Scienze Naturali e l’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente, organizza quattro giorni di eventi dedicati all'approfondimento delle tematiche legate al clima e ai suoi cambiamenti.

Spettacoli teatrali, convegni, conferenze, mostre, disseminati in vari luoghi della città, aperti a tutti e a ingresso libero.

Interessanti i temi trattati dal convegno scientifico (Aula magna del museo Trentino di scienze naturali): in due giornate diversi relatori si confronteranno su quattro tematiche: giovedì 21 si parlerà di Cambiamenti climatici nel passato: archivi e risultati, Cambiamenti climatici: osservazioni fisiche e scenari previsti. Venerdì le relazioni saranno incentrate su: Scenari su scala regionale, Effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi. Ogni giorno è prevista "Una finestra sul Trentino", nella quale si approfondiranno gli argomenti trattati in ottica locale.

Alle 20.30 di giovedì, al Teatro Sociale, tavola rotonda coordinata da Mario Tozzi (ma è il geologo martellato di Geo&Geo?) con tema "Il clima che cambia, cambia la vita?"

Venerdì 22 febbraio, nell'aula Magna della facoltà di Giurisprudenza, a partire dalle 14,30 conferenza pubblica su "Le strategie di azione e di adattamento per il Trentino" che verrà chiusa dall'intervento del Presidente della Provincia Lorenzo Dellai. Che per una volta dovrà vestire i panni dell'ambientalismo ed essere credibile. Ce la farà?

Trentino Clima 2008 il sito ufficiale dell'iniziativa.

giovedì 7 febbraio 2008

Scintilena

speleo Preferisco di gran lunga vedere "il cielo stellato sopra di me", le grotte e le gallerie mi mettono un po' in ansia, ma questi tizi sono interessanti, e compiono 5 anni di blog. Auguri! :)

(Mai avrei pensato di trovare la segnalazione sul blog di gattostanco)

Bondone, per un turismo diverso

 bondone

Bondone (TN) - Doss d'Abramo

(Post modificato dopo la pubblicazione:
"Gentilissimo signor direttore, per un inopinato errore di stampa, nel mio intervento sul futuro del Bondone pubblicato oggi dal suo giornale, il numero dei nuovi posti letto richiesti da Bertoli per il «rilancio» è salito da 1.100 (millecento) a ben 11.100 (undicimilacento). Non volendo espormi a querele per diffamazione, le sarò grato di una rettifica. Cordialmente. Francesco Borzaga -" fonte: Giornale l'Adige di oggi 7 febbraio, rubrica "lettere")

Non è questo il Bondone che vogliamo
lettera di FRANCESCO BORZAGA, presidente del WWF del Trentino Alto Adige, pubblicata sul quotidiano l'Adige di mercoledì 6 febbraio 2008

"La Società Bertoli [penso intenda la Società DI Bertoli, la Funivie Folgarida Marilleva*],che gode in Trentino di grande credito e di migliori entrature, ha disegnato per il Bondone un ben roseo futuro di stazione turistica di spicco. In base a suoi complessi calcoli essa subordina tuttavia il promesso grande rilancio alla realizzazione, definita irrinunciabile, di oltre 11.100 1.100 nuovi posti letto in hotel, di fronte ad una attuale disponibilità di 1.315 complessivi. Lo sforzo finanziario pubblico, erogato grazie ai «patti territoriali» e alle benevoli leggi che governano il settore, è stato ed è davvero ingente.

Però da una inchiesta apparsa su «L'Adige» del 28 settembre scorso apprendo come Bertoli ben poco partecipi al medesimo. Rimane una constatazione di comune esperienza: qui come altrove, puntualmente il cemento accompagna e segue le funivie.

Per alcuni incontestabili dati di fatto, non credo proprio al paradiso sciistico promesso da Bertoli. Il Bondone è un massiccio di abbastanza modesta altitudine, situato nella fascia prealpina e nettamente separato dalle montagne vicine. Esso presenta una superficie complessivamente modesta, e la natura calcarea delle rocce limita drasticamente le risorse idriche a disposizione. Il Bondone non è posto adatto a lunghi soggiorni, mentre la nuova città alberghiera dovrebbe sostenersi economicamente lungo l'intero arco dell'anno. Aggiungo che già ora il bilancio turistico appare passivo. Per tutte queste considerazioni, mi sembra in verità più realistico prevedere per il Bondone, così prossimo a Trento, un futuro di montagna al servizio della città e in funzione di questa.

Tuttavia anche in questo caso occorrerà riflettere bene sui costi e soprattutto sui modi, considerando le caratteristiche e i limiti naturali del luogo e valorizzandone i pregi. Dal Bondone, così isolato, è possibile godere di splendidi panorami, sulla cerchia delle Alpi e giù giù fino alla pianura. Il patrimonio floro - faunistico include presenze rare ed è nel complesso di straordinario valore. La presenza della foresta demaniale e della riserva integrale consente di ammirare e anche di avvicinare animali selvatici non spaventati. Sulle pendici ai piedi del Bondone stanno castelli, laghi e presenze geologiche di rilievo, come ad esempio le Marocche di Dro.

Purtroppo il saccheggio urbanistico e l'ondata di speculazioni che hanno contrassegnato a suo tempo il lancio turistico di «Trento Alta» hanno lasciato un segno brutto e in pratica incancellabile. Certo gli sforzi per ottenere un effetto paese, tra Vaneze e Vason, sono comprensibili e meritori. Tuttavia il fallimento e l'abbandono di così numerose imprese alberghiere già presenti in zona dovrebbero suggerire cautela. Ampliare e rimodernare andrà anche bene: funzionerà però la gestione ordinaria, venuti meno i pubblici contributi?

Oggi il divertimento sportivo, purché irreggimentato e rigorosamente a pagamento, costituisce il nuovo vitello d'oro, al quale ogni altro valore è sacrificato. In tale ottica, si vuole fare delle Viote un tempio dello sci da fondo. A tal fine si sta realizzando un nuovo assai robusto acquedotto, che con grande spreco energetico porterà in quota l'acqua del fondovalle. È questo un episodio tra tanti, nel bel Trentino di oggi. In tempi di crisi idrica e di crescente costo dell'energia, la posta vale davvero la spesa? Mi permetto di dubitarne. Comunque le Viote non meritano questa sorte. Lo straordinario patrimonio naturalistico e ambientale che vi è concentrato, con le strutture fortunatamente ivi presenti - l'orto botanico, la riserva integrale, il C.e.a. - ne fanno un ambiente eccezionale, una ricchezza di tutta la nostra collettività. Veda il Comune di Trento di farne non l'ennesimo sfogo per il turismo di massa, ma un luogo riservato alla comprensione della natura per un turismo diverso."

[*] Proprietaria della quota di maggioranza assoluta di Trento Funivie spa, il cui capitale azionario è suddiviso tra Funivie Folgarida Marilleva (52%), Agenzia per lo Sviluppo (36%) e Comune di Trento (16%). Società peraltro in grave deficit finanziario.

"La società ha per oggetto la gestione di impianti di risalita quali funivie, telecabine, seggiovie, sciovie ecc., la gestione di piste da sci, nonché la gestione di attività turistico - ricettive, anche con somministrazione di alimenti e bevande, la  fornitura di servizi a  supporto delle attività
turistiche della stazione del Monte Bondone ed altre eventuali attività di carattere turistico." (fonte: comune di Trento, scheda Trento Funivie)

martedì 5 febbraio 2008

Betscho, betscha & oiartrogar

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Val dei Mocheni dal Dos di Costalta

Da leggere, e da esserci, potendo!

Distruzione ideale

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La Marmolada dal Nuvolau

 

«Per gli alti ideali di Mountain Wilderness quello delle Funivie Tofana - Marmolada è un modo sfrontato di fare turismo, ma anche i nostro è un ideale: quello di utilizzare per lo sport la montagna. Ideale che hanno lo stesso identico peso del loro». (fonte: giornale l'Adige di oggi)

Ha lo stesso peso l'ideale di chi usa un bene comune per interessi privati che l'ideale di chi questo bene comune difende.

Queste le considerazioni dell'avvocato De Vecchi, rappresentante della difesa di Carlo Vascellari, Luciano Soraru e Mario De Cesaro, fatte a margine del processo contro Funivie Tofana - Marmolada S.p.A. per la violazione dell'articolo il 181 del decreto sulle autorizzazioni in materia ambientale. Processo concluso con la condanna degli imputati ad 8 mesi di reclusione (con le attenuanti meno del minimo previsto per il reato) cancellati dall'indulto, e la non menzione.

Era il secondo atto del processo di cui riferivo qui, la parte relativa all'inizio dei lavori in assenza di autorizzazione da parte della Provincia.

De Vecchi ha infine aggiunto che la "selvaticità" difesa da Mountain Wilderness «non può essere un elemento per chiedere risarcimenti. Anzi, qualcuno dovrebbe rendere conto delle spese di questo processo» (fonte citata).

Tutti contenti, in definitiva: M.W. perché si è sancito il fatto che la montagna non è proprietà degli impiantisti, la Società Funivie perché una pena ridicola sottolinea la modestia del reato commesso.

Per Mountain W. resta il fatto che a difendere la Marmolada come parte civile doveva presentarsi la Provincia e non un gruppo di iscritti ad un'associazione di volontari.

La guerra di Joseph

Enrico Camanni, La guerra di Joseph, CDA & VIVALDA, Collana I Licheni

Non è un capolavoro eh, a tratti un po' retorico, le figure dei due protagonisti sono un po' stereotipate: il buon montanaro onesto, pulito, coraggioso, che non si fa troppe domande, ubbidisce agli ordini e porta incondizionato rispetto gerarchico al suo ufficiale; il nobile tenente di buona famiglia, colto, che le domande invece se le fa, vede l'assurdità della guerra, ha un atteggiamento di pietas nei confronti degli uomini di entrambi i fronti della la prima guerra mondiale e di stima per la caparbia e riservata guida alpina che apre la difficile via nel camino sud-ovest del Castelletto della Tofana di Rozes. Prevedibili e note le situazioni, libri di guerra se ne sono letti ormai tanti; trasparenti le figurine dei comprimari, appena accennate; un po' deludente anche il racconto della salita del camino.

E' la storia di un'amicizia fra due persone lontanissime per censo, cultura, esperienza, unite dalla passione per la montagna, che passano giorni legate alla stessa corda affidando la vita l'uno nelle mani dell'altro senza sentire il bisogno di invadere l'intimità del compagno, senza raccontarsi l'un l'altro ma arrivando a conoscersi profondamente.

Terza protagonista, la guerra fra i monti: neve, freddo, valanghe, temporali, giorni e notti a scavare gallerie e camminamenti, a vivere come topi sotto le cime più belle del mondo, ad ammazzare a farsi ammazzare per nulla, letteralmente per nulla: "Mezza vita di Joseph finì per sempre quando, in autunno inoltrato, un ufficiale di passaggio gli svelò che non c'era più nessuna guerra sulle Tofane, perché gli uomini avevano improvvisamente abbandonato il fronte dolomitico. 
- Ma come, signor capitano, ci siamo arresi?
- Prima ce ne siamo andati noi poi gli austriaci. Lassù è rimasto un cimitero di baracche abbandonate e fili spinati
Gaspard lo squadrò attonito, quella notizia era più grande di lui.
[...]
- Ma come, con tutti quei morti... E la mina, e il Castelletto...
Ci fu un lungo silenzio: anche il capitano pareva in imbarazzo di fronte a quell'uomo menomato e incredulo che lo fissava con i denti serrati.
- Vede soldato: sulle Dolomiti ci sono mille, diecimila Castelletti. Noi ne abbiamo preso uno, ma non è servito a niente
- Non è servito a niente

Forse, se non avessi appena camminato per alcuni giorni proprio lì, non avessi riletto di baracche, gallerie, forcelle, Sassi Misteriosi, Castelletti appena visti, non avessi trovato i nomi di persone appena letti su lapidi o in nomi di vie e di camini, non avessi fotografato da poco i muri diroccati di quelle postazioni o i camminamenti scavati nella montagna, il libro mi sarebbe piaciuto un po' meno. Ma quei posti li ho appena visti e toccati e il libro ha avuto un altro spessore e un diverso sapore.

domenica 3 febbraio 2008

Videogames

24_79[1] Cermis, 3 febbraio 1998. (Foto trovata in rete)

Marcello Vanzo, Maria Steiner-Stampfl, Edeltraud Zanon-Werth, Anton Voglsang, Sonja Weinhofer, Jürgen Wunderlich, Uwe Renkewitz , Annelie Urban, Harald Urban, Marina Mandy Renkewitz, Michael Pötschke, Dieter Frank Blumenfeld, Stefaan Vermander, Rose-Marie Eyskens, Sebastian Van den Heede, Stefan Bekaert, Hadewich Antonissen, Danielle Groenleer, Ewa Strzelczyk, Philip Strzelczyk.

Comitato 3 febbraio
Pino Loperfido: Ciò che non si può dire - Il racconto del Cermis

sabato 2 febbraio 2008

Varroa? Certo, ma non solo

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Apicoltori preoccupati in Alto Adige: in diverse arnie della provincia si registra una morìa del 50% abbondante di insetti, con un trend preoccupante che rispetta quello nazionale.

Ieri sul quotidiano Alto Adige interveniva l'Associazione Apicoltori Altoatesini che con toni allarmati parlava di igiene dell'alveare e di cambiamenti climatici che favorirebbero la proliferazione della Varroa, acaro parassita che attacca le api portando spesso alla distruzione dell'intera colonia.

Oggi un apicoltore rispondeva con una lettera al quotidiano: si, è vero, la varroa fa i suoi danni, i cambiamenti climatici non fanno bene alle api, ma com'è che qui in provincia la moria è spesso concentrata in zone dove si pratica molto l'agricoltura? Non si possono più portare le arnie in mezzo alla fioritura dei meli: i contadini spruzzano prima, dopo, durante la fioritura, spruzzano sui fiori, spruzzano sul terreno, non sempre solo prodotti autorizzati. E non sono solo i frutteti ad essere cosparsi di prodotti chimici.

E le api muoiono, ma non sono solo gli apicoltori a perderci un sacco di soldi: l'80% dell'impollinazione è merito delle api. Ci ha pensato qualcuno?

Soccorso Alpino, qualche considerazione

logo socorso alpinoCi è voluta la fattiva partecipazione di un amico per trovare i dati di cui parlavo l'ultima volta: sono sul sito del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.

Il primo dato sul quale abbiamo ragionato è questo: nel 2006 il 60% degli interventi sono stati fatti per recuperare persone illese o ferite leggermente. Su un totale di 27.519 uomini intervenuti, 16.511 si sono quindi mossi per recuperare persone stanche, impanicate, disattente, impreparate. Probabilmente gran parte di questi interventi potrebbe essere evitata se la gente andasse per sentieri collegando i piedi ai neuroni. Ricordo un tale pretendere che il rifugista del Brentari chiamasse l'elicottero solo perché era stanco, non se la sentiva di scendere a piedi e non aveva tempo di fermarsi a dormire al rifugio. Forse anche la falsa sicurezza data dal cellulare e dalla facilità della richiesta di intervento hanno la loro responsabilità.

Altro dato: il 95% dei tecnici intervenuti (26.255) fanno parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, ma solo il 5,5% degli escursionisti soccorsi sono soci CAI. Salvo poi protestare, parlar male del CAI, dire che è inutile e che è composto solo da accademici parrucconi scollegati dalla realtà dell'alpinismo.

Il 71,4 % delle persone recuperate sono maschi, il 28,6 femmine. Le donne sono più prudenti o la maggior parte di loro (politically scorrect mode on) sta a casa a fare la calza o preferisce la spiaggia ai crozi?

Fantastica la tabella delle cause dell'intervento: l'11,4% per perdita dell'orientamento (terza causa per numero di interventi), 4,8% per ritardo(!), 4,6% per incapacità, 1,1% falsa chiamata.

Per il 32,9% si trattava di escursionisti, al secondo posto un discreto 12,3% di sciatori in pista; solo il 4,4% complessivo il numero di scialpinisti (2,4) + sciatori fuori pista (2) che però riempiono le pagine dei giornali; 9% gli alpinisti e solo l'1,7% i ferratisti con buona pace di chi dice che le ferrate sono molto più pericolose dell'alpinismo.

L'1% (59 interventi) ha riguardato il recupero animali, lo 0,8% incidenti di caccia (dovrei cercare il numero delle giornate/uomo di caccia e delle giornate/uomo di alpinismo per fare un raffronto. Dati che non troverò mai).

Vero che siamo 4 gatti, ma non molti meno dei pescatori: praticare lo sciescursionismo è poco più pericoloso che pescare: 0,3% degli interventi contro lo 0,2%.

Ovviamente la maggior parte degli interventi è stata in agosto (17,3%) segue luglio con il 15,8% e si piazza molto bene anche gennaio con un discreto 9,8%: parecchio davanti a giugno che pesa solo per il 6,7%, superato anche dall'8,6% di febbraio.

Insomma tabellina interessante sulla quale ragionare e disquisire all'infinito.