martedì 18 gennaio 2011

Speriamo sia mite…

mite crop

Taviela, Vioz, e in mezzo la valle della Mite (la foto è quel che è, abbiate pietà)

Fine settimana in montagna per il governatore del Trentino Lorenzo Dellai: un paio di nastri da tagliare, due battesimi importanti, due nuovi impianti di risalita da inaugurare. Due contestatissimi impianti di risalita, per esser precisi, entrambi in un parco naturale, entrambi lungamente osteggiati e non solo dagli ambientalisti.

Il primo impianto nel selvaggio parco naturale Adamello Brenta, simbolo della wilderness nostrana, così wilderness da ospitare gli orsi del progetto Life Ursus. Che avranno un’altra cabinovia ad arredare il loro ambiente, un altro paio di piste sulle quali scorrazzare allegramente insieme ai cuccioli, in attesa del completamento del collegamento Pinzolo-Campiglio, in aggiunta a quelle già esistenti, alle strade, alberghi, pensioni, seggiovie nel loro incontaminato ambiente.

La seconda inaugurazione, la funivia in valle della Mite, in val di Pejo, nel cuore del parco nazionale (ex nazionale a voler essere precisi) dello Stelvio. In 6 minuti questo meraviglioso impianto porterà 100 persone a 3000 metri, al cospetto del Vioz e sotto le pendici del Taviela.

Qui oppure qui il resoconto della giornata, dalla penna di qualcuno più qualificato di me.

Questa volta non faccio la geremiade ambientalista, mi limito a qualche considerazione da guastafeste: la funivia porta in quota 100 persone alla volta. Che si getteranno tutte insieme giù per gli 8 chilometri di pista. 8 chilometri sono tanti, ma la pista inizia in un collo di bottiglia che conosco bene, la valle della Mite appunto. Me li vedo bene tutti incastrati nel budello iniziale. Anche se sono molti meno di 100. Ma la funivia va e viene in continuazione, penso che saranno di più di 100 insieme in pista.

L’impianto è costato 18 milioni di euro, gran parte finanziati con soldi pubblici. Si ripagherà? Dubito molto. Pagherà almeno i costi di gestione? Dubito anche quello: le società gestrici sono quasi tutte in serie difficoltò economiche, se non tirasse fuori la grana la provincia con varie scappatoie (per l’unione europea non potrebbe farlo) sarebbero tutti a rischio fallimento.

Peraltro, leggo qui, il Presidente della Pejo Funivie Spa Marco Dell’Eva avrebbe detto: “la nuova funivia […], è il primo tassello dell’importante progetto Pejo 3000, che prevede l’ampliamento complessivo di tutta l’area sciabile da realizzarsi in vista degli inverni prossimi, avendo sempre come obiettivo prioritario la qualità dei servizi offerti e la perfetta integrazione nell’ambiente.” Continuando a prescindere dall’ambiente e dalla perfetta integrazione, con che soldi, pliz?

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Da questa mappa si capisce bene in che pericoloso budello sia la pista (fonte: skionline.pl)

La prima parte della discesa è stata costruita esattamente nello stesso colatoio dove 25 anni fa (30 gennaio 1986) una valanga si è portata via pista e impianto di risalita. Ora l’impianto non è più a rischio, ma la pista? Siamo proprio sicuri che il Taviela non si incazzi di nuovo e non scarichi un’altra megavalanga su una pista zeppa di sciatori? Dove è caduta una volta ci sono buone probabilità che cada di nuovo.

Tranquilli, le staccheranno prima che cadano spontaneamente, con elicotteri e cannoncini. Però, inaugurata sabato, mi dicono che domenica la pista era già chiusa. Per cosa? pericolo valanghe. Ma guarda. Spiritosi!

sabato 15 gennaio 2011

Il tre di gennaio

Per anni, il 3 di gennaio all’imbrunire, intabarrato come un esquimese, il babbo si sedeva sul balcone di casa a contare i passeri. Quelli che venivano, e tuttora vengono, a dormire nel nostro canneto.

Ho ritrovato l’agenda con i numeri: 80 nel 1986; 65 nell’87, nell’88 erano 90, 108 nell’89, 114 nel 1990, 70 nel 1991. Di nuovo 90 nel ‘92 e 75 nel ‘93.

Troppo pochi anni, poche osservazioni all’anno, piccoli numeri, non fanno statistica. Fra l’altro, per essere interessante, dovrei contarli anch’io a distanza di quasi 20 anni (non se ne parla, sappiatelo), non so quanti siano, ma sono sempre tantissimi.

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Ora leggo, dalla penna di Danilo Mainardi, sul sito della LIPU, e strabilio:

“Negli ultimi 30 anni i passeri sono diminuiti del 50%. Questo è quanto emerge da un'indagine di BirdLife International fatta in  Gran Bretagna.  Anche i primi studi e dati sulla situazione italiana sono  preoccupanti.

  • Per la prima volta il passero è stato incluso nella lista delle specie di uccelli minacciati a livello internazionale.
  • Il suo declino contiene qualcosa di molto allarmante, potrebbe essere un segnale del forte degrado del nostro ambiente.

Danilo Mainardi
Presidente Onorario LIPU

I passeri a rischio, avreste detto? Negli stessi anni della conta dei passeri, il Pietro (suddetto babbo) aveva smesso di andare a pescare perché il fiume era morto. Ora in pieno centro sul Talvera c’è quasi quotidianamente l’airone che pranza; vicino alla stazione, sull’Isarco, ci sono stabili alcune garzettte; fra Rovereto e Verona, dal treno, se ne vedono diversi gruppi sulle rive dell’Adige e alcuni aironi li vedo fra Bolzano e Merano quando vado in bici.

Ventefioca mi scrive in un commento: “qui di aironi cinerini se ne vedono fin troppi, da qualche anno. Planano come degli alianti ubriachi e ti sfiorano il parabrezza. e dire che tanti tanti anni fa ne avevo visto uno alle propaggini delle valli e l'amico esperto ornitologo mi aveva dato del visionario... ma va'” e qualche anno fa erano davvero rara aves.

Il “TRENTINO” in ottobre pubblicava la notizia di 250 cormorani da abbattere: sono troppi, si sbafano tutti i pesci della regione e ai pescatori danno un pelino fastidio.

Merito del ripopolamento? Vengono seminati ogni anno un paio di milioni di avvannotti. Ma ripopolavano anche ai tempi. Meno? Possibile. Buon segno o brutto segno? Non so dirlo. Ovunque mettano le mani gli uomini fan casino? Probabile.

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In questo momento però sento un cicaleccio assordante arrivare dalle solite canne, mi van via chili e chili di becchime ogni inverno, sono visitata quotidianamente da un bel po’ di biodiversità.

I passeri sono in pericolo di estinzione? La cosa mi preoccupa: non qui però, non a Bolzano, non i miei.

copio dalla LIPU:

Piccole azioni concrete

Gli accorgimenti che ti indichiamo sono piccole attenzioni, ma contribuiscono alla sopravvivenza dei passeri che vivono intorno a te.

Fornire cibo:

D'estate: lascia crescere più alte le erbe in un angolo del tuo giardino (fino a 20-30 cm circa), e falciale solo alla fine della stagione. Molte piante spontanee producono fiori e semi che attirano uccelli e farfalle.

D'inverno: installa una mangiatoia sempre fornita di semi, come grano, miglio, canapa e avena per aiutare i passeri a superare il freddo. (e il girasole, non ce lo mettono? è il preferito, dai miei almeno. N.d.F.)

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Fornire rifugi e tutela:

Coltiva nel tuo giardino piante che in inverno sono fonte di cibo e riparo, come betulla, sambuco, biancospino, edera, alloro e rosa selvatica.

Non potare le piante e non ristrutturare tetti e facciate tra marzo e agosto, quando gli uccelli costruiscono i nidi.

Evita di irrorare le piante con pesticidi chimici.

Metti al micio un collare con campanellino: spesso i passeri sono vittime dei gatti, che conservano l'istinto della caccia.

(No, il collare non lo metto: ho preso paura già una volta con Lamicia impigliata in una rete per mettere il collare! E il campanellino li fa innervosire da matti. N.d.F.)

Fornire il nido:

Puoi installare sul balcone, sulla parete del garage o su un albero dei nidi artificiali, modello a "cassetta chiusa" o a "tronchetto".
I nidi devono essere ad almeno tre metri d'altezza, con un foro d'ingresso di 3,2 cm di diametro per la Passera d'Italia, o di 2,8 cm per la Passera mattugia.”

lunedì 3 gennaio 2011

Incontri cittadini

La vostra cronista stamane è arrivata a mezzo centimetro dal finire lunga distesa (corta distesa?) nel fiume, bottiglia del latte e macchina fotografica annesse: potevo farmi sfuggire un airone (cenerino I suppose) in centro città? Presa dalla concitazione ci è mancato davvero poco.

airone

airone cenerino, Bolzano, ponte Talvera.

A 50 metri da lui passavano indifferenti turisti e bolzanini, automobili, autobus, furgoni. Avere gli occhi non basta, per vedere bisogna anche guardare.

airone cenerino

E avere un po’ di culo: che il bestio sia rimasto lì ad aspettarmi finche’ sono volata a prendere la fotocamera, mi abbia guardata con regale indifferenza mentre quasi mi catapultavo in acqua (secondo me se la sta ancora ridendo), si sia lasciato fotografare senza batter ciglio. Me ne sono andata prima di lui.