giovedì 30 aprile 2009

"Se non ora, quando?"

Lager di Bolzano (fonte Comune di Bolzano, archivio storico - progetto storia e memoria)

«Il 25 aprile - queste le parole durissime che ora mettono a rischio la tenuta della maggioranza - non c’è nulla da festeggiare. È vero che è finita la dittatura nazi-fascista, ma è anche vero che siamo rimasti sotto l’Italia. Quando 165 mila sudtirolesi, ovvero tutti quelli con diritto di voto, avevano fatto una petizione per chiedere la riannessione all’Austria. È rimasto un sogno».(*)

Cosa deve dire di altro il vicesindaco perché la sua maggioranza lo disconosca?

Invece «La maggioranza ha concordato all’unanimità di riconoscersi compatta nei valori dell’antifascismo e dell’antinazismo, base della convivenza nella nostra terra. Qualsiasi considerazione espressa da esponenti della coalizione di governo che contrasti con quanto sopra, ammesso e non concesso che contrasto ci sia, va considerata opinione personale». Alla fine della riunione il sindaco tira un sospiro di sollievo: «Con questo documento il caso Ellecosta è chiuso. Anzi per me non c’è neppure mai stato»(**).

Il caso Ellecosta non c'è mai stato solo per Lei, Dott.Spagnolli, e per la sua maggioranza.

Che poi lo si sapesse da tempo come la pensa il nostro (insieme a un'agguerrita minoranza) e si sia fatto finta di niente sperando inutilmente, conoscendolo, che la bomba non scoppiasse, è un'altra cosa da chiarire. Ma che si sappiano distinguere le proprie opinioni personali da quelle che si possono esprimere esercitando funzioni istituzionali è il minimo che si richiede a un politico. E, se coscienza non permette, dimettersi mi sembra segno di decenza. Ma sto chiedendo troppo, evidentemente.

fonti:

(*) quotidiano Alto Adige, 27 aprile 2009
(**) quotidiano Alto Adige, 29 aprile 2009

mercoledì 29 aprile 2009

Dai, fammi entrare!

 Su, che ti costa, fammi entrare!

Non se ne parla, bambolo!

Ma dai, guardami come sono carino! Non lasciarmi fuori dalla porta!

Non ci casco, pupo, tu miri alla mia scodella altroché!

Uff, vecchia zitella acida e malpensante!

lunedì 27 aprile 2009

Montagne Ribelli: intervista con l'autrice

(post modificato dopo la pubblicazione con l'aggiunta del link al video della presentazione)

Ieri sera a Trento Paola Lugo ha presentato "in anteprima italiana" Montagne Ribelli. (Che vuol dire anteprima italiana, visto che il libro è già disponibile da un po' in libreria e ce l'ho sulla scrivania da almeno una settimana?)

Stefano Fait l'ha intervistata per il quotidiano Alto Adige di ieri 26 aprile e qui trovate il testo integrale dell'intervista (più una coda di un altro articolo sui film in programma al Filmfestival che non c'entra un cavolo).

Questa la scheda dell'autrice pubblicata sulla quarta di copertina del libro:
"
Paola Lugo (Bologna 1959), vicentina d'adozione, insegnante di italiano, alpinista, giornalista e scrittrice, già responsabile culturale del CAI di Vicenza, collabora con la casa editrice Antersass, specializzata in libri e film sulla montagna."

Cito un passaggio dell'intervista, più inerente all'ambiente e al nostro futuro che alla Resistenza, e alla domanda che mi facevo ieri: c'è avvenire per la montagna vera, non palestra per i giochi dei cittadini viziati, ma territorio di chi ci lavora e ci vive?

La lapide a memoria di un partigiano, sull'Altopiano di Asiago. (fonte CAI di Asiago)

"Nel suo Memoria della Resistenza, Mario Spinella ripensa alle sue esperienze sull’Appennino ed evoca “un paradiso possibile, a portata di mano, solo che si spezzino le dolorose barriere delle classi, dei ceti, delle abitudini figlie della disuguaglianza. Spesso... sono indotto a ritenere che allora noi toccammo con mano una più alta forma di civiltà”. E adesso?
La speranza è l’ultima a morire. Nella montagna di oggi spesso si sopravvive o ci si arrende, ma ho incontrato anche piccole isole, tentativi di resistenza, e non sono pessimista. Un’altra forma di civiltà esiste già anche solo nel semplice rispetto con il quale chi vive in montagna agisce sul paesaggio. Lo stesso ritmo dell’esistenza è più sostenibile. Questo modello di vita e società è il filo che lega partigiani e montanari di oggi."

Qui il video della presentazione a cura del FilFestival di Trento

domenica 26 aprile 2009

Un'onda pulsante

Cristian Cristoforetti davanti a uno dei pannelli della mostra (fotogramma tratto dal video di presentazione a cura del TrentoFilmFestival)

Ne aveva già parlato Marzia in un post l'anno scorso: patrocinato dalla Provincia autonoma di Trento è stato pubblicato "Pastori nelle Alpi, storia e testimonianze” libro transfronteliero frutto del progetto interregionale di sostegno e promozione del settore ovicaprino nell’arco alpino denominato Alpinet Gheep. Il libro è il risultato di tre anni di lavoro e di studio sull'allevamento ovino e caprino nell'area alpina al quale hanno collaborato studiosi ed esperti di diversi istituti di ricerca di Italia, Austria, Baviera e Slovenia mentre la parte iconografica è stata affidata al fotografo trentino Cristian Cristoforetti.

Da qualche giorno e fino al 16 maggio queste belle foto sono esposte a palazzo Trentini, nell'ambito del TrentoFilmFestival della montagna, in una mostra curata dall’Ufficio per le Produzioni Biologiche della Provincia.

In questo video, ospitato sul sito del FilmFestival, Cristian Cristoforetti parla del suo lavoro e dell'esperienza straordinaria che ha rappresentato per lui seguire le greggi e i pastori durante la transumanza e si chiede che futuro ha, in questo mondo di corsa che li ignora o li tratta con fastidio, l'onda pulsante dei pastori vaganti con i loro animali.

Sono io che sono più sensibile all'argomento rispetto a tempo addietro o c'è in giro più attenzione per pecore e pastori? Libri, mostre, articoli, studi. Forse è per quel meccanismo a causa del quale prima ignori un fenomeno poi, appena inizi ad occupartene, lo vedi ovunque, ma pecore e pastori (e capre eh!) mi sono sempre piaciuti. Speriamo che la maggiore attenzione, se è vera, porti anche più tolleranza e meno rigidità nei riguardi di questo che è "il lavoro più antico del mondo", altroché ;)

Dal 23/04/2009 al 16/05/2009
10:00 - 19:00
Palazzo Trentini, Via Manci, 27
sabato 9/05 e 16/05 orario: 10:00 – 13:00, domenica 10/05 chiuso

Ah, per inciso, avrete capito che a Trento è in pieno svolgimento il 57° FilmFestival della montagna e dell'esplorazione, del quale qui c'è uno scomodissimo programma HTML oppure qui un più banale ma anche più comprensibile programma in .pdf. (non sono così in ritardo come pare nel segnalarlo: le proiezioni sono iniziate solo ieri).

Dal calderone di proposte di ogni tipo, ne segnalo una:

IL MONDO DELL’ARRAMPICATA VISTO ATTRAVERSO I COMIX DI CAIO

Che se è QUEL Caio, il famoso Caio di Traversella, di ISM, di Fuorivia, una segnalazione se la merita sicuramente.

Caio Comix

Link:
Il libro "Pastori delle Alpi" in formato .pdf zippato da scaricare liberamente. Foto comprese

Altri documenti interessanti a libera consultazione da scaricare dal sito Alpinet Gheep

Articolo del giornale "Vita Trentina" sul progetto Alpinet Gheep

TrentoFilmFestival: webTV

giovedì 23 aprile 2009

"..un muto bisogno di decenza" (*)

Paola Lugo
Montagne ribelli.
Guida ai luoghi della resistenza
Editore Mondadori  (collana Oscar storia)
anno 2009,
pagine XIX-179 p., ill., brossura,
€ 13
ISBN: 978-88-04-58839-9

Quarta di copertina: "Fin dal Medioevo le montagne sono state ricettacolo, o rifugio, per ogni sorta di ribelli: vagabondi, fuorilegge, streghe, eretici, servi fuggiaschi. Niente di più naturale, allora, per quei giovani che l'8 settembre 1943 scelsero la disobbedienza al regime di Salò, che salire in montagna. E in montagna iniziarono a camminare." E cammina, alla lettera, anche l'autrice tracciando per noi dieci itinerari nei luoghi della Resistenza di scrittori come Calvino, Fenoglio, Ettore Castiglioni; luoghi, che nelle loro pagine troviamo a volte descritti altre volte solo citati o accennati, dove li portò la scelta di andare a combattere in montagna, fatta per "un muto bisogno di decenza" come scrive Santo Peli, citando Primo Levi, nella bella prefazione.

E Paola Lugo camminando  racconta: quello che vede lei, quello che in quei posti videro i suoi autori, quello che in quei posti accadde. Persone vere incrociano personaggi letterari, luoghi reali ospitano racconti di fantasia accanto a ricordi di avvenimenti storici.

Per ogni camminata c'è una scheda che sintetizza tempi di percorrenza, dislivelli, quota massima raggiunta, difficoltà, breve descrizione dell'itinerario e "libri guida": le orme di che scrittore e di che personaggio stiamo seguendo. Una poco dettagliata e non esauriente cartina serve per farsi un'idea del percorso e della zona dove si svolge.

Accompagnano ogni escursione numerose fotografie storiche, che ritraggono i protagonisti o i paesaggi narrati.

Paola Lugo cammina per i sentieri delle Dolomiti bellunesi nei Monti del Sole e nei Piani Eterni sulle tracce di Luigi Meneghello e del suo "I piccoli maestri". Sotto l'Antelao verso il rifugio Galassi cammina insieme a "I giorni veri" di Giovanna Zangrandi, al secolo Alma Bevilacqua, alpinista, scrittrice e partigiana per volontà della quale è stato costruito il Rifugio Antelao a Sella di Pradonego. Ancora Meneghello e i suoi Piccoli maestri accompagnano virtualmente Paola sull'Altopiano di Asiago alla ricerca dei posti narrati da Mario Rigoni Stern nel racconto "Un ragazzo delle nostre contrade" pubblicato nel volume "Ritorno sul Don".

Il sentiero successivo segue i passi di Ettore Castiglioni, grande alpinista, partigiano in Valpelline, molto più famoso del suo biografo Marco Ferrari. Emozionante la fotografia di pagina 66 nella quale sono ritratti, davanti alle baite dell'Alpe Berio, i membri della "piccola repubblica indipendente": Castiglioni e i suoi compagni.

Ovviamente non poteva mancare una camminata sulle Langhe a San Bovo di Castino insieme alla Resistenza antiretorica del Partigiano Johnny. E anche qui due foto emozionanti: due gruppi di partigiani fra i quali si riconoscono Pietro Balbo "Poli", il Comandante Nord, ed Enrico Martini Mauri, Comandante Lampus.

Il Comandante Lampus (fonte: parco paesaggistico letterario langhe monferrato roero)

Calvino accompagna Paola Lugo sul "sentiero dei nidi di ragno" nei monti liguri, McBride sulle Apuane al rifugio Rossi alla Pania di Miracolo a Sant'Anna. L'Appennino Tosco Emiliano è visto con gli occhi di Francesco Guccini e di Loriano Macchiavelli sui sentieri di Tango e gli altri, anche se proprio quei sentieri non esistono. Il Molino del Turco è solo nella testa dei due autori e la "Piana del Falchetto" si cercherebbe invano sulle cartine. I paesaggi e le atmosfere però esistono eccome, e anche uno dei personaggi del libro, Toni: Antonio Giuriolo, già incontrato con Meneghello, e sul suo sentiero Paola muove i primi passi in Appennino.

Agnese di Renata Viganò è la guida per le valli di Comacchio e l'argine del Reno ed è l'ultima dei nostri accompagnatori: infatti "Ci sono luoghi che aspettano che qualcuno scriva la loro storia" come la val Vajont e la val Mesath dell'ultimo capitolo: ci prova Paola Lugo con l'aiuto di Mauro Corona a scriverne un pezzettino in attesa di un narratore di razza.

Serviva, c'è da chiedersi, un altro libro sulla Resistenza, questo libro sulla Resistenza?

"... sull'Altopiano di Asiago, mentre raccontavo a un gruppo di amici le morti tragiche avvenute ai Castelloni, un trentenne mi ha interrotta, definendole morti inutili, volute da Stati che mandano a morire soldati ignari «per allargare i propri confini». I suoi sguardi un po' perplessi davanti ai miei successivi tentativi di spiegazione mi han fatto capire che di Resistenza e di 8 settembre non aveva mai sentito parlare". Possibile? Possibile che si faccia, come racconta l'autrice, spesso confusione fra la prima guerra e la Resistenza al punto che per il gestore di un rifugio "peraltro gentilissimo e subito dopo interessato e quasi confuso della propria ignoranza, la prima risposta è stata un veloce «Ah ma qui non c'è stato il fronte, gli austriaci non sono mai arrivati». Eppure la parola «partigiani» l'avevo detta e ripetuta più volte."

Forse si, in quest'Italia ignorante e smemorata, serviva.

(*) Primo Levi, Se non ora, quando?, Einaudi

mercoledì 22 aprile 2009

Earth Day

Trentanovesima giornata mondiale della terrra. Pensiamoci, ogni tanto. E' così bella e ne abbiamo una sola, e non è nemmeno nostra.

Uno degli Spendidi video di David Coiffier. (grazie a Maestroalberto)

Technorati Tags:

martedì 21 aprile 2009

Kanchenjonga, Annapurna o.. ?

Annapurna (foto Jamie O'Shaughnessy, fonte wikimedia commons, licenza copyleft)

Non erano partiti per l'Annapurna e Annapurna, ancora una volta, non sarà: prima brutto tempo, poi un campo intermedio che deve essere smontato e spostato perché la via di salita individuata, che passa in mezzo a seracchi impressionanti, non è quella giusta, infine Romano si prende una bronchitaccia.

Già fallito nel 2006, evidentemente non era destino nemmeno questa volta: nel tempo passato al campo base per permettere a Romano di riprendersi dal malessere, le condizioni della montagna sono cambiate a tal punto che i due alpinisti hanno faticato non poco a riconoscere il posto nel quale avevano allestito il campo intermedio e a ritrovare il materiale. I crepacci si spalancavano davanti ai loro piedi, venivan giù seracchi come se piovesse, non hanno nemmeno provato a pernottare lassù: sono scesi il prima possibile dandosela a gambe lontani dalla seraccata, come riferisce sul sito ufficiale Leila Meroi, sorella di Nives e loro contatto in Italia. In quelle condizioni infatti insistere era andare a cercarsela.

Ma a casa non si torna: da stamane sono in viaggio per il Kanchenjonga, l'8000 più orientale della catena Himalayana, sul confine fra Nepal e Sikkim e terza montagna più alta del mondo (8.586 m). Raggiungeranno la zona, salvo prevedibili imprevisti, dopo 15 giorni di trekking. Kanchenjonga che era la prima meta del loro viaggio, abbandonata perché scioperi e disordini rendevano impossibile raggiungerne il campo base.

Come per un gioco della parti, le condizioni della sud dell'Annapurna fanno loro cambiare di nuovo programma e tornare sui loro progetti iniziali, nel frattempo infatti i disordini si sono calmati e la strada è stata riaperta.

Montagna ostica da salire, battuta da abbondanti precipitazioni e da frane e valanghe, conquistata per la prima volta nel 1955 da Charles Evans, è stata salita finora solo da 2 donne mentre nel 1991, ci informa Wikipedia, "il primo tentativo di scalata effettuato da due alpiniste donne finisce tragicamente, i loro resti verranno trovati poco prima della parete finale" e ancora nel 1992 "l'alpinista polacca Wanda Rutkiewicz è dispersa in una tempesta di neve mentre tenta di raggiungere la vetta."

Vetta peraltro mai espugnata per rispetto ad una leggenda locale: nessuna bandiera né insegna né vessillo sventola infatti lassù, sulla cima dei "Cinque tesori della grande neve" come pare voglia significare il suo nome.

Ancora una volta buona strada, Nives e Romano. Siate prudenti. Tornate presto, magari con il dodicesimo ottomila in tasca e la terza donna al mondo a cavallo della cima :)

 

Kanchenjonga (foto Siegmund Stiehler, fonte wikimedia commons, licenza GNU Free Documentation License)

venerdì 10 aprile 2009

Bellezze in bicicletta

"La donna in bicicletta e in calzoni era considerata immorale, priva di femminilità e anche brutta. Per averne un esempio ecco come a fine secolo (XIX secolo. N.d.f.) si esprimeva un medico tedesco:

«Hai mai visto qualcosa di più ripugnante, odioso, meschino, dello spettacolo offerto da una pedalatrice ansimante, paonazza, con gli occhi arrossati dalla polvere? Sotto i piedi di queste signore finiscono non solo i pedali ma anche i fondamentali principi estetici. A una simile furia in azione non resta più un pizzico di grazia. E come è possibile con la schiena arcuata in quel modo e quel deretano che sporge così provocante? Un corpo femminile ideale resta per me quello con le linee morbide e le piacevoli rotondità. Il velocipede invece rende spigolosi e rinsecchisce questi esseri che della donna non hanno più nulla.»

Considerate ancora che, secondo alcuni, pedalare non solo rendeva brutte ma anche comprometteva la salute di uomini e, soprattutto, donne. Infatti, a detta dei medici, pedalare era insalubre in quanto considerati come segni di malattia l'affaticamento dei muscoli che degenerava in crampi violenti, la colorazione del viso sotto sforzo che si faceva anomala, bluastra, l'aumento delle pulsazioni, il calo di peso.

Questi cambiamenti nel fisico potevano provocare malattie infettive, disturbi al cuore, danni ai polmoni (...) infiammazioni agli occhi (...) e non era escluso il rischio di cecità.

(...) nella donna i rischi erano molti di più: la continua paura di cadere le alzava eccessivamente il livello dell'adrenalina e le sconvolgeva il sistema nervoso... oppure si credeva che questo gesto mettesse a repentaglio addirittura gli organi di riproduzione rischiando di renderla sterile. Infatti l'atto del pedalare, provocando l'accumulo del sangue e il conseguente ingrossamento degli organi del bacino, portava malattie alle ovaie. Proibito era alla donna pedalare durante le mestruazioni, e se avesse infranto questo tabù le si prevedevano complicazioni durante il flusso, amenorrea, dismenorrea, ulcere, parti faticosi"

(...) non solo (da svergognate!) non si curavano di mostrare le caviglie (...), perdevano ogni grazia e femminilità sforzandosi di pedalare e vestendosi come un uomo, non si mostravano dolci e remissive (come lo stereotipo femminile richiedeva) ma forti, tenaci e autonome, e addirittura rischiavano, per vezzo la sterilità, mettendo così a repentaglio la continuazione dell'uomo di cui (adesso non esplodete dalle risa) adesso potevano infischiarsene potendo godere del sellino.

Infatti alla gogna era messo anche questo elemento della bicicletta e anche su questo vennero fatte numerose ricerche al fine di trovarne uno adatto al corpo femminile. Non sapevano più cosa inventare per mettere in difficoltà le donne. Per i moralisti dell'epoca, infatti, la posizione del corpo protesa in avanti e la conseguente pressione sulla clitoride, aveva un effetto stimolante. Inoltre la fatica del pedalare produceva accaloramento, afflusso del sangue alle ovaie e l'aria fresca faceva il resto... pedalare e masturbarsi era veramente troppo! I moralisti vennero messi a tacere solo dall'invenzione del "christi", un sellino più largo e lungo del normale"

Giuliana Lamastra
"Donna e biciclette 
Consigli, aneddoti e spunti tecnici con il vento fra i capelli"
Editrice Elika
Prefazione di Paola Pezzo
pag. 128
ISBN 88-87162-03-4

Purtroppo quasi introvabile.