“Il momento peggiore, più avvilente, è stato in Grecia: pioveva a dirotto da giorni, avevamo camminato senza dormire nel fango così alto che ci è annegato dentro un mulo, eravamo stanchi, sporchi, bagnati. Avevo in mano la gavetta con la zuppa. Nelle baracche non si poteva stare, le pulci ci mangiavano vivi. Cerco di ripararmi sotto la falda del tetto, ma l’acqua sgronda esattamente nel colletto della divisa. Così mi siedo su un sasso, con la mia gavetta in mano, a mangiare zuppa e pioggia senza sapere se domani sarei stato ancora vivo”
Odiava la retorica, il Pietro; di divise, alpini, spirito di corpo, dopo 7 anni buttati fra naia e guerra, fronte occidentale, Grecia e Albania, dopo aver schivato per una fatalità la Russia dalla quale nessuno del suo plotone è tornato, dopo essersi guardato davanti dai nemici e alle spalle dagli amici in camicia nera, dopo fame, freddo, cimici e morte, non ne poteva più. La croce di ferro in fondo a un cassetto. Non si è mai iscritto all’ANA, il cappello, privo della penna, lo metteva per andare a pescare: comodo e impermeabile. Adunata? Macché!
Però. Però quando a Bolzano c’è stato il raduno triveneto degli alpini, lui e lo zio Elvio, che di retorica e alpini e adunate e penne nere (bianca, la sua) si nutriva, vecchietti e zoppicanti, c’erano. Entrambi un po’ commossi, ognuno a modo suo.
Per il Pietro, che nonostante tutto oggi sarebbe probabilmente in piazza, per Elvio, che è andato a scavare con i suoi a Gemona, che piangeva solo a sentirli nominare, gli alpini, che un’adunata a Bolzano la sognava e ha partecipato all’ultima a 93 anni, per la mia nonna Piera che ne aveva 5 di figli alpini in guerra, per Mario Rigoni Stern, per quelli che son tornati a baita e per quelli che sono rimasti in Russia, per gli alpini del Friuli e del Vajont, per quelli di Genova e della grande nevicata di febbraio, per quelli dell’Aquila, per loro oggi, come avrebbe fatto il Pietro, sul balcone c’è la bandiera.
(E non è vero che Bolzano avrebbe accolto gli alpini con freddezza. Né Bolzano, né i paesi qui intorno, a maggioranza tedesca. Giornalisti scaldacolla!)
:'-|
RispondiEliminaMi hai commosso.
Pure io, commossa.
RispondiEliminaIeri, arrivando in bici a Bolzano, abbiamo incontrato tanto bei personaggi che per esserci avevano optato per un arrivo diverso, chi in bici ma tanti a piedi lungo la ciclabile.
RispondiEliminaBei personaggi, begli incontri e chiacchiere...
Bolzano questi giorni ha dato il meglio di se in tutti i sensi, rimandando al mittente le polemiche che volevano strumentalizzare questo evento.
Come tanti hanno ribadito, da questi eventi la politica rimane fuori, al di la di ogni credo.
Polemiche sudtirolesi ma anche ( forse soprattutto) italiane che gufavano, sono state stroncate dai fatti.
ciao Loriz
P.s.
Non mi sono fatta viva perche' avevamo tempi stretti...:-)
http://www.storiecredibili.it/2012/04/lalpino-che-scala-il-secolo/
RispondiEliminaSilvia
:)
RispondiElimina(tutti commenti di ragazze, fra l'altro)
@Loriz: esattamente, per bolzano è stata una grande prova di convivenza etnica, di apertura e, diciamolo, una botta di vita in questa città così bella e ingessata dove gli abitanti dicono di sé: "3 bolzanini, 4 tavoli".
Stamane era già tutto ripulito, non una cartaccia in giro. Quelli che soffriranno un po', i bei prati del Talvera calpestati e distrutti da 300.000x2 piedi e parecchie paia di zampe. Ma si rifaranno presto, i giardinieri del comune sono bravi.
Lo spirito che accomuna gli Alpini va oltre ogni pensiero, ogni tentativo di strumentalizzare l'evento. Da Cividale del Friuli sono partiti in tanti e hanno avuto un'ottima accoglienza. Bravi tutti.
RispondiEliminaNon c'è politica che tenga, viva gli alpini e viva Bolzano.
Ciao
vedo che i giornalisti sono amati ovunque, anche da te..;)
RispondiEliminaTemo, Enrica, che di giornalisti liberi ne siano rimasti pochi. La maggiranza scrive quello che l'editore o i lettori (quindi l'editore) vogliono leggere. O quello che pensano che si voglia leggere, perché, nella fattispecie in molti hanno cambiato atteggiamento in corsa.
RispondiEliminaCiao :)
Beh certamente se un direttore ti chiede di scrivere su un certo argomento, tu ci scrivi. Ma ti assicuro che nessuno ti dice *cosa* devi scrivere.
RispondiEliminaL'atteggiamento che tu dici è dovuto più alla eventuale cialtroneria singola (per esempio, mancanza di spirito critico, mancanza di tempo ecc.) che altro, a mia esperienza.
E anche al fatto che anche nel giornalismo, come in tutti gli altri campi, si va a mode: se uno scrive una certa cosa e dà un certo giudizio tutti seguono a ruota per non essere da meno (persino nelle piante! cercavo un'aralia particolare, mi ha detto il vivaista che non va più di moda).
Orientalia
Scusa la latenza, Enrica, avevo operai in casa e mi mancava non solo il tempo ma anche il PC e il posto dove appoggiarlo :D
RispondiEliminati incollo qui un paio di frasi estrapolate da "il giornalista" di Miriam Mafai (si, copiate da IBS, confesso ;) ) che sto leggendo proprio adesso:
"Un mestiere finito. Dequalificato. Asservito: ai partiti, ai potentati economici, alla pubblicità. Burocratizzato. Senza più prestigio né credibilità. Malpagato".
"... si dice tra di noi che il primo consiglio da dare a un giovane che voglia fare il giornalista è di nascere figlio di giornalista, o figlio di un amico di un grande giornalista. Non sempre questo consiglio è seguìto, e qui cominciano i guai".
"... non sono sicura che non ci fossero brillanti giornalisti tra coloro che in tutti questi anni hanno bussato invano alla porta delle redazioni. Non sono sicura che abbiano vinto la corsa i migliori. E mi chiedo se questo lungo tirocinio, questa lunga attesa non selezionino negli aspiranti, anziché lo spirito critico e la passione per il mestiere, la tendenza al conformismo e l'accortezza a tacere."
Credo sia un lavoro stressante e farlo bene sia difficile. Ma hai sicuramente ragione: la cialtroneria e la faciloneria sono troppo comuni: procedono spesso a frasi fatte (non ne posso più della morsa del gelo e del traffico in tilt per esempio) e per la fretta non verificano le notizie, cadendo in castronerie madornali.
Sto facendo la raccolta delle parole che ODIO leggere quotidianamente, delle frasi fatte, e dei refusi.
Forse è sempre stato così, bravi giornalisti ce ne sono sempre stati e ce ne sono ancora. Ma Miriam Mafai non era molto tenera con la stampa contemporanea.
Ciao, e scusami ancora!
Nel mio vissuto di "bocia" i grandi erano stati tutti alpini: papa', zii, amici "grandi".
RispondiEliminaCosi' provo una sincera simpatia anche se cio' contrasta con alcune altre cose razionalmente critiche nei confronti delle truppe in genere.
Nel mio vissuto di "bocia" i grandi erano stati tutti alpini: papa', zii, amici "grandi".
RispondiEliminaCosi' provo una sincera simpatia anche se cio' contrasta con alcune altre cose razionalmente critiche nei confronti delle truppe in genere.
più che con la truppa, @Uomo in cammino, sempre, salvo qualche esaltato, mandata al macello contro la sua volontà, c'è da criticare chi ce li ha mandati, come, perché, con che preparazione, con che strategie.
RispondiEliminaE tuttora, purtroppo, anche la neutrale svizzera un esercito ce l'ha. :S
E gli alpini dei raduni, come ben saprai, non si ritrovano per nostalgia della naia o per militarismo più o meno sepolto, son quasi tutti uniti dal cameratismo, dall'esperienza (sgradevole) comune, dal senso di appartenenza e soprattutto dallo spirito di servizio: quando c'è da spalare, da lavorare gratis, da costruire prefabbricati, da dare una mano, loro ci sono sempre. Credo siano uniti dal concetto di "Heimat" all'altoatesina :) che è molto più concreto e meno retorico e tronfio del nostrano "Patria"
Just my 5 cents :)
PS: se non vedi subito i tuoi commenti, ho dovuto mettere la moderazione: troppo spam e schifezze varie.
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