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lunedì 31 dicembre 2007

I miei ospiti pennuti

Codibugnolo (Aegithalos caudatus) Fonte: Wikimedia, foto Marek Szczepanek, licenza GFDL

Come ogni inverno ho allestito in giardino una mangiatoia per uccelli: un lungo palo antigatto con in cima un largo contenitore forato che riempio quotidianamente di mangimi vari. A qualche ramo appendo i "canederli per cince" (foto Luc Viatour), palle di grasso imbottite di semi, molto gradite dagli insettivori. Da non scordare una ciotola di acqua, soprattutto quando gela e in giro è difficile trovare dove abbeverarsi e per quanto freddo faccia c'è sempre un merlo che fa il bagno. Apprezzatissima anche una mela.

Ogni anno arriva una banda di pennuti: decine di passeri, verdoni, sempre pronti a litigare fra loro, merli, fringuelli (per loro devo distribuire una manciata di semi in terra: sono terricoli, non amano la mangiatoia sul palo); agilissime cinciarelle e cingallegre che fanno vere evoluzioni appese ai loro canederli a testa in giù, alcuni pettirossi che per l'occasione depongono l'ascia di guerra e scordano le dispute territoriali.

Quest'anno, graditissima new entry, un gruppo di una decina di minuscoli codibugnoli: corpicini grossi come una noce, codone lunghe il doppio di loro, piccoli folletti piumati che si fermano il tempo di un sospiro: difficilissimo fotografarli. Golosi di frutta, si stanno spazzolando i cachi che ho lasciato per loro sull'albero.

Al calar del sole il boschetto di bambù e l'alloro diventano un chiassoso condominio di pennuti che si litigano rumorosamente il rametto migliore.

lunedì 15 dicembre 2008

Ringraziamento pubblico :)

testata

Voglio ringraziare qui una persona squisita e di animo gentile, che sa muoversi in rete con discrezione, senza approfittare di una citazione su questo blog per farsi pubblicità, inserire commenti con link, invadere uno spazio altrui come un elefante in una cristalleria.

Paolo invece, responsabile di WILDLIFE CARE, titolare del sito WILDLIFE SHOP, ha bussato con discrezione alla mia mailbox complimentandomi per il ristorante per pennuti che ho allestito, e senza tentare di vendermi nemmeno uno spillo mi ha dato un paio di consigli operativi e oggi un corriere mi ha consegnato a casa un "piccolo omaggio per la sua attività di "ristoratrice".

Il "piccolo omaggio", che poi tanto piccolo non è, consiste in 10 palle di grasso per cince, una simpatica mangiatoia di legno, e una serie di fotografie pennute una più bella dell'altra :)

Solo il costo della spedizione via corriere supera la definizione di "piccolo omaggio".

Non ho mai fatto pubblicità su questo blog e mai ne farò, non so se quello che lui vende in rete sia più o meno caro più o meno di qualità (ehm.. la mangiatoia a primo sguardo pare molto ben fatta), ma sicuramente lui è una persona di qualità, che fa con passione il suo lavoro e se sa trattare i pennuti con la sensibilità con cui tratta i rapporti in rete dev'essere circondato da uno stormo di creaturine cinguettanti.

E' molto bello incocciare ogni tanto persone così.

domenica 23 novembre 2008

Pali, palle, cince e ciance

cincia_canederlo

Cinciarella (Parus caeruleus)

Equipaje è pronta ad agire ma chiede istruzioni, Marzia sarebbe pronta ma teme di allestire un ristorante per gatti, Enrica fa la sua parte come può nel centro di Milano, il gambero rotto sta già pregustando polenta e osei... la mangiatoia per pennuti interessa.

Dunque, algoritmo per la costruzione della mangiatoia fatta in casa a costo tendente a zero. Che da comprare in giro se ne trovano, anche in rete, saranno anche più belle della mia ma costano un occhio della testa, e non sono momenti, questi.

Qui le foto del risultato finale, che ci si capisce meglio con l'immagine sotto gli occhi.

Procurarsi un palo alto circa 2 metri, possibilmente liscio, in modo che le unghiette di chi sappiamo non facciano presa, abbastanza sottile da risultare scomodo all'arrampicata: 3 cm di diametro bastano, il mio è sovradimensionato ma quello avevo. Se non fosse abbastanza liscio, avvolgere gli ultimi 50 cm in un foglio di lamierino, di plastica liscia, insomma ci siamo capiti. Se il palo è di metallo risolve il problema del liscio ma per fissare la mangiatoia in cima ve la pelate voi, eh?

Piantarlo a mazzate nell'orto, in un posto che sia visibile da una finestra molto utilizzata (altrimenti che lo mettiamo a fare se non per goderci lo show?) ma a qualche metro da ogni supporto per gatti.

Procurarsi un sottovaso di plastica per cassette o per vasi molto grandi, ampio a piacere. Praticare sul fondo del sottovaso parecchi fori in modo che la pioggia non si fermi sul fondo che diventa un pantano (fare la prova sul lavandino di casa). Inchiodare solidamente il sottovaso sul palo. Se il sottovaso è bello grande e sporge molto dal supporto l'eventuale gatto che abbia scalato il palo della cuccagna si troverà in serie difficoltà a superare il "tetto" (i climber mi capiscono bene, vero? :P)

passeri

La banda di teppisti (stava nevicando, ieri :)

Non è finita: i nostri adorabili uccellini sono dei veri porcelli: ogni tanto bisogna far pulizia alla mangiatoia. Per non dover smontare ogni volta tutto l'ambaradan non metto il becchime direttamente nel sottovaso ma in scodelline di plastica (gli imballaggi per cibi del supermercato vanno benone) a loro volta forate e appoggiate nella mangiatoia su un rialzo di qualche genere (quattro sassetti piatti agli angoli, dei legnetti, insomma vedete voi) in modo che scorra l'eventuale pioggia.

Mi rifiuto di costruire anche il tetto, se piove si procurino l'ombrello, che sarà mai. Se nevica portino mezza giornata di pazienza che andrò a spalarla via, e poi in città non nevica quasi più. Per riempire la mangiatoia, il grande vaso rovesciato della foto per scala, o amico alto a disposizione se siete gnomi come me. Il tempo per costruire l'aggeggio è inferiore di quello impiegato per leggere fin qui come si fa.

Le gatte, dopo un paio di tentativi, si comportano da "è acerba l'uva", sanno di non arrivarci e se ne disinteressano.

Cibarie: pane vecchio sbriciolato, briciolame vario, l'immangiabile torta di zia Caterina, croste di formaggio a pezzettini, avanzi di pastasciutta, avanzi di polenta, mangiano quasi di tutto, paiono galline. E, ovviamente, semi misti, con una netta preferenza per quelli di girasole. Li trovo in sacchetti da un chilo all'esorbitante costo di 2 euro, al supermercato Despar; nei negozi per animali a un po' meno ma sempre carucci, per esempio nel negozio in cima a viale Venezia; a meno della metà sfusi al mulino Silbernagl al ponte di Sant'Antonio. Ai non bolzanini non so che dire. La LIPU li mette in vendita sul sito a pacchi da 4 chili a 14 euro. Mi pare letteralmente una follia: quando si è sparsa la voce, 4 chili di semi se ne vanno in 10 giorni.

merlo_caco

Ne lascio sempre qualcuno per loro sull'albero.

Frutta: qualche acino d'uva, i merli van matti per i cachi, mezza mela. Sì la preferiscono "iniziata" i pigroni.

Poi le palle di grasso da appendere in giro, adorate dalle cince, che da un po' sanno usare anche i passeri. E qui ci starebbe un bel ragionamento di etologia su come i pennuti si trasmettono il sapere fra generazioni.

Equipaje, fare in casa le palle di grasso e semi è da suicidio, davvero. Ho provato con lo strutto ma fa un po' schifo, la casa puzza da schifo, e soprattutto viene uno schifo. Io le trovo fatte al mulino di cui sopra al prezzo più vantaggioso, altrimenti nel negozio di animali a 4 euro 11 palle. Wildlife shop sul sito le vende a 3 euro per 6, LIPU a confezioni da 6 a 3,5 euro/confezione. Caro ma spero serva anche per finanziare qualche oasi.

Cmq se vuoi, puoi mettere pallettine di strutto, anche burro eh, o di altri grassi animali, a cucchiaini, mescolati a semi nella mangiatoia. Per vedere le cince appese puoi costruire delle retine con arachidi, nocciole, noci sgusciate. Le retine delle confezioni di aglio al super, degli scalogni (che non sono bianche) per esempio. Oppure collane di arachidi con buccia infilate su spaghi.

Poi bisogna portare un po' di pazienza e sperare che si accorgano di noi. E pian piano ci si adegua alle loro preferenze, si impara a capire cosa desiderano i nostri ospiti che, pare strano, ma non dappertutto gradiscono gli stessi menu.

verdone_bega

Verdone attaccabrighe

Lati spiacevoli, poi non ditemi che non vi avevo avvertiti ;) : i nostri dolci passerotti cagano come una mandria di mucche, tenete le mangiatoie lontanine dal balcone, dal posto macchina, dallo stenditoio, dal davanzale del vicino. In primavera toccherà ramazzare un cumulo di bucce vuote di sementi varie che tappezzano per un raggio di 3 metri attorno. Ogni tanto arrivano i piccioni, Enrica, si. Se arrivano loro non resta niente per gli altri e sono antipatici anche a me. Ho risolto... con la cerbottana: un tubo da elettricista caricato a bacche di bagolaro, di sorbo,  sai come si faceva da ragazzini? Non fa abbastanza male da ferirli ma abbastanza per tenerli, alla lunga, lontani.

Lati negativi ampiamente sopportabili mi pare; in compenso passo un sacco di tempo a sbirciarli. Ho appeso un canederlo a un rametto dell'alloro davanti alla finestra dello studio: basta alzare gli occhi per vedere una cincia appesa, è bello e rasserenante.

verdone_magna

Verdone (Carduelis chloris chloris)

PS: le foto non sono splendide, sono sempre fatte attraverso i vetri in più con poca luce e sotto una nevicata.

sabato 16 maggio 2009

Non ci sono più i gatti di una volta!

Pauli! Cosa accidente hai in bocca, gattaccio? Cazzo, ha beccato un piccione! Uno stupido piccione si è fatto acchiappare. Uno di quelli che mi beccano il prato appena seminato, suppongo, un'odiosa pantegana volante. E' ancora vivo ed attonito nelle fauci del gatto del vicino e mi guarda sbigottito agitando ogni tanto le ali per cercare di battersela.

Dai Pauli, mollalo qui, su, non è carino sbattacchiare in giro quel povero piccione. Molla quell'uccello, gattaccio! Seh. Piume ovunque, mi par di vedere una ferita sulla schiena, la coda e' andata da mo', però è ancora vitale e ce la mette tutta per salvarsi la scorza.

Se mi avvicino Pauli si sposta quel tanto da non farsi acchiappare sbattendo la testa dell'uccello qua e là, e cerca di sgattaiolare sotto la recinzione con il piccione nelle fauci, scorticandolo sul muro. Appena lo molla quello cerca di battersela zoppicando e si trascina sotto il furgone. Non lo beccherò mai, inutile.

Caro piccione, è giunta la tua ora. Il destino, la selezione naturale, chi troppo vuole, bla bla, io vado a far la spesa. Quando torno, Pauli, vedi di aver finito il lavoro, grazie.

Certo, se fosse un merlotto mi darei da fare di più. "Due porri, mezzo chilo di spinaci e 4 carote per favore". Probabilmente a quest'ora starei strisciando sotto il furgone con in mano una scopa. 

E allora? Tu non hai le tue simpatie, coscienza spaccaballe? Speriamo che Pauli si spicci a fare il suo mestiere.

Questi gatti di oggi, signora mia, che non finiscono i lavori iniziati! Anzi, se ne vanno lasciando la preda ferita a morire sotto il mio furgone! Troppo grassi, troppo nutriti, non ci si può più fidare di nessuno.

Ehi, piccione, sei ancora vivo? Alza la testa e mi guarda. Se cerco di acchiapparti, tu che fai? Cerchi di svolazzare via, ovviamente. Fatti prendere, cretino! Ormai son bella che incastrata. Fra quell'impicciona di coscienza, una fastidiosa sensazione di razzismo, il fatto che non sopporto l'idea di pranzare con una creatura agonizzante sotto la finestra, soprattutto dopo che mi ha guardata negli occhi, son fritta, mi devo occupare di te.

Pigliare un piccione che non ne vuol sapere, che per oggi ne ha viste abbastanza e che si oppone come può, anche se è ferito, stanco e spaventato, non è semplicissimo. Anzi, è un rodeo. Esce da sotto il furgone, svolazza in giro, zoppetta di qua e di là, infila la finestrella della lavanderia e tocca terminare l'inseguimento dentro il vecchio vascone del bucato, per fortuna vuoto al momento. Lo straccio buttato addosso funziona quasi sempre, e finalmente è in gabbia. Bene non sta, la bestiola. Mettiamo nel gabbione una scodella di acqua, un po' di becchime, lo copriamo in modo che stia nascosto e isolato e si tranquillizzi.  E ora che si fa?

Telefona qua, prova di là, il CRAB, Centro recupero Avifauna di Bolzano il sabato è chiuso. Facciamo un salto a vedere, l'avifauna mangia e beve anche il fine settimana, forse qualcuno c'è.

Tu intanto, collaborare e tirare le cuoia tua sponte no, eh?

Deserto. E anche desolato, pare. Boh, mi tengo il piccione in bagno fino a lunedì, poi riprovo.

Ma alla Sill, il canile sanitario della Provincia, un piccione non lo vorranno? Han accolto di tutto, cavalli dispersi, tartarughe, conigli, caprioli, asini; piccioni no?

"Certo che lo prendiamo. Me lo porti, siamo aperti fino alle 5". E non solo sono aperti e prendono piccioni anche nel week end, ma per caso c'è lì anche il veterinario che a una prima occhiata fa una diagnosi tranquillizzante: non è messo proprio benissimo, ma probabilmente il nostro se la cava.

Mezza giornata ho perso, porca miseria, fra gatti, pennuti, rodei e coscienze impiccione.

E pensare che colombi, piccioni, tortore e dintorni mi stanno proprio parecchio sui maroni!

giovedì 20 novembre 2008

Ristorante all'aperto


Cinciarella alle prese col canederlo. Bolzano, lorto, by Edo.

Ho riaperto il ristorante per volatili, come tutti gli inverni. Non ci sono volute molte ore per veder arrivare la gang dei passeri: piccoli teppisti pennuti che viaggiano sempre in gruppo; e poche ore ci sono volute alle cince par scoprire il loro canederlo di grasso e semi. Agilissime e veloci, piccole trapeziste senza rete, eleganti equilibriste dal raffinato cappellino .

In montagna è arrivta la neve e sono scesi in città anche i verdoni: tempo mezzo secondo e stanno già attaccando lite con chiunque svolazzi nei dintorni: lampi gialli di piume così impegnati a beccarsi a vicenda da scordarsi di mangiare;  

I pettirossi! Anche i pettirossi fanno una minimigrazione: d'estate non li si vede in giro, dall'autunno inoltrato fino alla tarda primavera sono in pianura. E troppo spesso trovo sulle scale un corpicino di pochi grammi, una pallottola di piume, con il collo spezzato da una delle mie gattacce. Sono territoriali e distratti a controllare il loro regno, a corteggiare le femmine, a tenere lontani i rivali. Sono presuntuosi e un po' bulli, si mettono in mostra, saltellano e volano rasoterra. Ogni volta che ne vedo uno mi si stringe il cuore: quanti giorni durerà?

I merli se ne fregano di tutto e di tutti: simpatici e confidenti, ti vengono fra i piedi mentre vanghi, a scavare lombrichi nella terra appena smossa. Da stare attenti a non pestarli. Specialisti nello sradicare l'insalatina appena trapiantata: chissà che bella larva ci sarà sotto quella piantina sofferente! Tornati dalla campagna autunnale nei vigneti dei dintorni, si sono già mangiati i pochi cachi salvati dalla grandine e metà delle bacche della mia pyracantha e alle gatte fanno marameo.

merlo

Ladruncolo pescato con il becco nella marmellata (foto attraverso i vetri, la qualità è quella che è)

I fringuelli sembrano galline. Belli rotondi, saltellano, razzolano e becchettano sempre sul terreno, difficile vederli fra i rami. Paiono golosi e un po' tonti, impegnati solo ad ingozzarsi senza guardare cosa gli succede intorno. Ma non si sono mai fatti acciuffare dalle belve, si vede che poi tanto scemi e distratti non sono.

I codibugnoli hanno fatto una rapida comparsa poi sono spariti. Colpa mia, non avevo ancora aperto i battenti della mensa. Li sto aspettando, speriamo tornino.

E fra i miei preferiti, la capinera. Si vede poco, ma si sente, eccome si sente. Canta a squarciagola per ore intere, estate ed inverno, di solito bella eretta sul filo della luce o in cima al cipresso. Da domandarsi come facciano polmoncini così piccini a fare un baccano del genere. E come canta bene! Mica un cip cip da quattro soldi, ma cascate di note, tirate lunghissime senza prender fiato, trilli, gorgheggi. Non scende mai fra noi terricoli, non si abbassa a mendicare becchime nella mangiatoia, lei si arrangia da sola, e dall'alto del suo filo ci copre di musica.

martedì 20 gennaio 2009

Neve e parchi senza pattìne

MeteoBz le sta cannando una dietro l'altra. Sabato davano tempo discreto per domenica, infatti quando mi sono alzata per andare a fare quattro passi per monti, stava nevicando tutto attorno alla città.

Le previsioni di ieri dicevano, invece:

"Il tempo domani:
Su tutta la provincia si prevede tempo perturbato con diffuse precipitazioni, localmente anche abbondanti. Limite delle nevicate a circa 1000 m. Al mattino temperature comprese fra -3° e +2°. Nel pomeriggio valori massimi da 0° a 5°."

Bolzano sta a metri 262 s.l.m. E nevica da ieri sera, porca paletta! Gli regalo un altimetro. Uff!

DSC_5220_rid

Bolzano, m.262 s.l.m., pomeriggio di oggi.

E siccome a equipaje piacciono i dilemmi, ecco che torna d'attualità l'argomento ungulati: un inverno così nevoso li mette in seria difficoltà. Ci sono metri di neve sopra i resti dei pascoli, scavare con le zampe fino all'erba è impossibile, spostarsi per cercare cibo, con la neve un bel po' sopra il petto, è difficilissimo e richiede un grande dispendio di energia, che bisognerebbe reintegrare, appunto, col cibo. Bel circolo vizioso eh?

E dunque, nutrirli con lanci di fieno o lasciar fare alla natura? Come funzionava quando non c'erano parchi, forestali, elicotteri? Perché nevicava anche "sti ani", non è una novità moderna. E nevicava tanto, per diversi inverni di fila, strano era un inverno con poca neve.

Funziona, racconta Luca Pedrotti, biologo del Parco Nazionale dello Stelvio, che in inverni nevosi ci siano perdite fino al 30-35% di capi. Ed è un fattore di regolazione delle popolazioni del tutto naturale. Dopo diversi inverni facili per i selvatici, questo è finalmente un inverno normale. E l'indice di fluttuazione di una popolazione non deve essere calcolato su qualche stagione, ma su tempi lunghi, e sul medio periodo questa si chiama selezione naturale. La buona, vecchia, selezione naturale.

Che, ragionando sui grandi numeri e in aree vaste dove l'antropizzazione non ha ancora stravolto il territorio, mi trova d'accordo. Ma pensare al singolo capriolo affamato che ti guarda implorante con una funivia, un residence, un villaggio turistico fra lui e il fondovalle dove la sopravvivenza sarebbe stata molto più semplice, stringe il cuore.

Pedrotti, pragmatico, smonta in parte questa teoria. «Non c’è dubbio che cento anni fa, in condizioni naturali, cervi e caprioli svernassero in fondovalle e che oggi queste migrazioni stagionali siano in parte ostacolate da barriere di origine antropica. Questo non significa però che i fondovalle siano diventati inaccessibili, perché non è così. In molti casi svolgono ancora questo ruolo, e non è un caso se in inverno è più facile vedere questi animali vicino a case e masi». «[il discorso] starebbe in piedi in casi molto particolari, ma non ne conosco. Certamente non allo Stelvio, e questo vale tanto per la parte trentina che per quella altoatesina. È vero comunque che quarant’anni fa gli inverni avevano mediamente indici di mortalità più bassi, ma questo semplicemente perché le densità medie di cervi e caprioli erano molto minori»(*).

Non ci vuole molto a capire che il dr.Pedrotti è contrario al foraggiamento artificiale, che non si limita, secondo lui, ad interferire in meccanismi naturali ma crea un'ulteriore serie di guasti ambientali: la concentrazione di tanti animali attorno alle mangiatoie provoca danni alla vegetazione e facilita la trasmissione di malattie. Se i cacciatori si stracciano le vesti e fingono un attacco di compassione chiedendo a gran voce che il parco foraggi, è solamente per non perdere quote di prelievo nella prossima stagione venatoria. E se loro ritengono giusto farlo, è legittimo, facciano pure, ma non nel territorio del parco. "[...] come fanno ad esempio tradizionalmente in Germania e anche in Austria, inducendo una dipendenza dall’alimentazione artificiale che snatura fortemente anche il carattere di selvaticità degli animali. A dirla tutta ci sono casi in cui si dovrebbe più correttamente parlare di misure a tutela del patrimonio zootecnico, visto che di selvatico - per esempio certi cervi bavaresi - hanno proprio poco. A mio modo di vedere preferisco quindi mille volte che sia l’inverno a fare selezione, piuttosto che i cacciatori. Perché quella dell’inverno è una selezione certamente naturale e certamente efficace e mirata, e quindi benefica.(*)"

Come andrà a finire, quante saranno le perdite, è difficile dirlo ad ora. Le nevicate precoci han sorpreso gli animali ancora in forma, dovesse la neve sciogliersi presto probabilmente ci sarà scarso o nessun incremento della mortalità. Se nevicasse ancora e l'inverno fosse lungo «Allora andrà verosimilmnete a finire come nel 2000-2001. Andremo a raccogliere le carcasse col camion(*)»

Bisogna ricordarsi, però, che caprioli e cervi non sono in via d'estinzione, anzi, in forte espansione.

Un po' di carne al fuoco eh? I cattivi che fanno i buoni, i buoni che condannano a morte i dolci cerbiatti, il parco che una volta tanto fa un ragionamento che, per quanto doloroso, è sensato e lontano dalla retorica buonista e lo riesco a capire; ma il singolo cervo in difficoltà mi commuove.

Regulus regulus (foto MPF; fonte wikimedia commons, licenza GNU)

E i miei pennuti? La mia mangiatoia in questo contesto come la posiziono? Mi accontento di giustificarmi dicendo che l'ambiente cittadino bla bla i piccoli numeri bla bla, così sono a posto con l'etologia e l'ecologia e la coscienza? O viceversa evito di uscire sotto la neve, domattina, lasciando fare a madre natura, così sono a posto con l'etologia e l'ecologia e la coscienza (e non mi becco il raffreddore)?

Non c'è niente di semplice a questo mondo, l'ecologia è un gran casino mentre tutti si sentono in diritto di pontificare, poche posizioni sono inattaccabili. E non tutte quelle che ci si avvicinano sono anche umane.

Be', sappiatelo, mi tengo le mie contraddizioni: Pedrotti ha ragione e io torto, ma me ne impipo. Domani aggiungo le noccioline, che con questo tempaccio, povere bestiole!

PS: è arrivato anche il regolo :)

(*) da un'intervista di Mauro Fattor a Luca Pedrotti, pubblicata sul Quotidiano Alto Adige dell'8 gennaio u.s.

Un po' dopo aver pubblicato il post, io che sono sempre sulla notizia e non mi faccio scappare niente :P, tramite Marzia scopro sul blog di Legno e fieno (che dovrei leggere più spesso, sisi), che si stanno già scannando fra ambientalisti e parco del Gran Paradiso per lo stesso motivo. E la blogosfera ambientale (che ambientalista può essere malinterpretato :P) si divide.

Lo specifico per correttezza: ho scoperto l'acqua calda ma almeno non ho copiato :)


giovedì 18 dicembre 2008

Un gipeto in ospedale

Gypaetus barbatus. foto: Wikimedia Commons, licenza public domain.

Non è cosa usuale vedere un avvoltoio appollaiato sul tetto della chiesa, nemmeno in val di Rabbi, parco nazionale dello Stelvio. Estinto sulle Alpi da circa un secolo, il gipeto lo si pensa svolazzare sulle Ande, fa parte dell'iconografia della Death Valley, è uscito da parecchio dall'immaginario delle nostre vallate dove è più comune l'aquila.

Probabilmente era Ikarus, giovane esemplare rilasciato la primavera scorsa in val Martello nel quadro del progetto di reintroduzione del rapace.

Ancora meno consueto trovarlo a bordo strada ad un incrocio in una grigia mattinata di dicembre, in evidente difficoltà, probabilmente affamato, forse inesperto e incapace di cavarsela da solo nelle condizioni di tempo e di neve così difficili di questi giorni.

E' stato raccolto dai forestali di Rabbi e portato al centro faunistico del Casteller in attesa di essere probabilmente trasferito in un ospedale per pennuti specializzato, forse in Austria.

Spero vivamente che l'omonimia con il mitologico Icaro non gli porti sfiga e che se la cavi.

Aggiornamento dall'ANSA: "Ha ripreso le forze ed e' ormai fuori pericolo Ikarus, il gipeto recuperato ieri a Rabbi, in Trentino, dai forestali che operano nel Parco Nazionale dello Stelvio. L'avvoltoio e' stato visitato da un veterinario e viene alimentato gradualmente, in attesa del suo completo recupero. E' affidato alle cure del Centro di recupero avifauna selvatica della Provincia autonoma, gestito dalla Lipu nella nuova sede a San Rocco di Trento [...]"