lunedì 21 marzo 2011

Travel is fatal to prejudice

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Ritten / Renon

"Travel is fatal to prejudice, bigotry and narrow-mindedness."
Mark Twain, Innocent's Abroad

Per quelli che “mi hanno servito per ultimo perché sono italiano”; “mi hanno trattato male perché non parlo tedesco”; “non ci hanno trovato un tavolo perché siamo italiani”; “questi crucchi che hanno fatto finta di non capire e non mi hanno indicato il sentiero perché parlo italiano” eccetera:

Enrica, che il mondo un poco l’ha girato, mi scrive in un commento:

Mi pare che anche in queste terre stupende ci sia qualche problema. Peccato davvero.
Sono stata a Bolzano e sinceramente mi sono stupita della bellezza di tutto, le montagne, i colli, i vigneti ma anche la città e la gente: diffidente, chiusa ma gentile.
Andavo a passeggio fino a una baita nascosta e non conosciuta, scoperta per caso, frequentata solo da gente del posto (e molti non parlavano italiano) che si riuniva dai casolari isolati (non ricordo come si chiamano) quasi ogni pomeriggio.
La prima volta mi hanno guardato diffidenti (ero l'unica estranea), la seconda mi hanno fatto molte domande, ma non inopportune, per vedere chi ero, la terza e la quarta mi hanno invitato a bere con loro al tavolo.
Visto che ho gradito un vino fatto da uno di loro l'ultima sera mi hanno anche invitato a mangiare il pane tipico fatto da una signora del tavolo e altre specialità, sempre casarecce (se le portavano da casa e anche il gestore mangiava insieme al tavolo).
Sinceramente? Tanta ospitalità e apertura ora nel resto d'Italia è proprio rara. C'era, per esempio in Sicilia, ma no la vedo più.
Non vorrei che questi posti, o i tuoi posti, fossero rovinati, sinceramente.
Non sono solo belli: c'è un equilibrio magico fra gente e natura, mi sembra. Che troppa "civiltà" non farà che contaminare, come è sempre successo (per esempio sui monti del Nepal, nei boschi del Terai al confine dell'India e così via, cose che conosco bene)
.”

Quando si gira con gli occhiali del pregiudizio sugli occhi, si vede il mondo attraverso le loro lenti.

E per tutti coloro che soffiano sul fuoco del conflitto etnico per motivi elettorali o politici o per vendere più copie di un giornale, conflitto etnico che fra la gente comune ormai è molto sfumato: se quassù prima o poi si dovesse tornare alle bombe sotto i tralicci e ai morti, e non sono passati tanti anni da questi eventi, se ricominceremo a odiarci, sappiate che è tutta colpa vostra.

(grazie Enrica, da parte di tutti noi quassù)

19 commenti:

  1. Ho detto solo quello che ho sperimentato: io sono persona di mare e stare così bene fra i monti, e specie quei monti considerati così chiusi, mi ha piacevolmente sorpreso. Calma, serena, rispettata. Poche parole, pochi gesti, ma chiari e pacati. Per me un vero piacere.

    Però mi fai una cortesia? Ho sbagliato (scrivo sempre di getto), mi sostituisci boschi del Terai (e non monti)?

    Comunque nessuno soffia sul fuoco etnico per vendere più copie del giornale, davvero. Almeno non dalle mie parti:)

    Enrica

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  2. un'altra cosa: mi fa sempre impressione, e mi stringe il cuore, vedere sui blog degli alpinisti i saluti agli scalatori che cadono da qualche vetta, burrone, sentiero.

    Come se fosse una cosa normale. Una cosa che può accadere. Come se la morte per incidente fosse comunque una componente quotidiana. Sbaglio?

    Enrica

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  3. dalle tue parti no sicuro, Enrica. Da queste parti qui però mi par di si. E molto subdolamente.

    Serve il nome della testata alal quale mi riferisco?

    (PS: fatto)

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  4. Non sbagli Enrica boh, è una componente dell'andar per monti che si prende in considerazione. Di solito sono rischi calcolati, non si va PER mettere a repentaglio le piume, ma può succedere. E' una passione un po' più rischiosa del gioco del golf, ma non poi così tanto ma la componente sfiga e la componente "momento del mona" sono sempre presenti.

    Viene poi spontaneo, secondo me, sentire vicina e amica una persona con la quale si condivide uno sport così coinvolgente da diventare parte della vita e sentirsi un po' più soli quando non c'è più anche se non la si conosceva bene. E' anche un modo piccolino, ci si conosce quasi tutti direttamente o indirettamente, a volte si è passati nello stesso posto, si conoscono le difficoltà da affrontare e ci si chede dove e perché è successo; si segue con attenzione un'impresa importante, più o meno si capisce la posta che c'è in gioco e resta col fiato sospeso a guardarli da lontano.

    E' anche un mondo di solidarietà (e di grandi odi e invidie eh, mica tutto rose e fiori) dove è facile sentirsi fratelli: in montagna, in mare, in viaggio, in situazioni inconsuete, se non si è solidali si muore.

    Però è un discorso che non si esaurisce così in fretta. Se ne discuteva con una cara amica che in montagna ha perso il marito e si è allevata da sola una bimba. Ma che fatica a capire come Walter Nones, dopo aver sfiorato la morte così da vicino insieme a Karl Unterkircher, abbia voluto mettere di nuovo alla prova la sorte nello stesso posto un anno dopo, lasciando orfani due bimbetti e Manuela da sola a farli crescere.

    Vabbe', un po' di retorica e molta fatica per spiegare una cosa che e' difficle da spiegare e meriterebbe più tempo. Scusami.

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  5. Spesso l'essersi sentiti trattati male o indifferentemente non è pregiudizio, ma l'essere "estranei" a quella realtà sociale.

    Provate nei piccoli paesi dell'appennino, solo dopo tempo vi considerano "dei loro".
    Il mio vicino parla il dialetto stretto e a fatica capisce l'italiano, pensate al rapporto con persone che parlano/pensano in tedesco.

    Nel 1982 a Bolzano ho fatto il militare. Quale rappresentazione più alta del potere statale italiano? Eppure, per come sono stato trattato allora e negli anni seguenti, io persona di mare e romagnolo, ho deciso perfino di sposarmici nel Sudtirolo. ;)

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  6. Sono ormai 41 anni che frequento le amate dolomiti e in questi 41 anni ho soggiornato in val di fassa, in val gardena a Nova levante ecc....
    Devo ammettere purtroppo che durante il periodo delle bombe sotto i tralicci l'atmosfera che si respirava in queste zone non era delle migliori ed effetivamente ho toccato con mano questi pregiudizi. Ora sono anni che invece trovo la gente del posto molto ospitale. Negli ultimi dodici anni soggiorno in una casa a Selva di Valgardena e i proprietari sono delle persone splendide come lo sono quelle di Selva. Comunque questo fuoco etnico di cui parli non mi sembra si possa aiutare a spegnere quando lo stesso sig. Durnwalder lo alimenta.(non vuole essere polemica).
    Un caro saluto :)
    Mario

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  7. Non capisco assolutamente questa sfida sui monti perché sento di moltissime persone che perdono la vita. Un mio amico americano fa free climbing senza corda per esempio, mani e via. Mi sembra assurdo.

    Non so, sarà che io soffro anche un po' di vertigini. Mi tengo sempre bene in mezzo e non vado mai molto in alto e non mi sporgo mai, quindi non lo capisco. Tutto stupendo ma non posso proprio andare, per quanto i paesaggi il verde (anche la neve, i boschi, ecc.) e soprattutto il silenzio mi incantino. Quando poi ci sono di mezzo dei bambini non lo capisco proprio.

    (Ma la testata è il fatto o il foglio?;))

    Enrica

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  8. ...Fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza...
    Li c'erano le colonne d'Ercole da attraversare, qui una montagna da arrampicare. Ognuno è Ulisse a modo suo, Ognuno ha bisogno di mettersi alla prova a modo suo. Forse qualche alpinista non avrebbe mai il coraggio di avventurarsi in una metropoli asiatica, di confrontarsi con la realtà dell'India, non capirebbe lo sforzo di avventurarsi nel mistero della scoperta di culture lontane da se

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  9. Sai Mario Christomannos, il vituperato turismo ha anche i suoi meriti: se vuoi che la gente torni è meglio non trattarla a pesci in faccia ;)

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  10. just my 10 cents, Enrica, in aggiunta alle parole di Vera:

    io credo che alla tua domanda non ci sia una risposta univoca: ognuno ha la sua e le sue motivazioni, difficili da capire da chi non le condivide.

    Si puo' parlare della purezza del gesto atletico e del movimento per il tuo amico che arrampica slegato e che conosce di se' ogni muscolo, tendine, nervo, reazione, capacità; della bellezza della fatica e dell'esplorazione per Nives Meroi, della ricerca del proprio limite, di quella sorta di misticismo del dolore e della conoscenza di se' che questo porta; delle endorfine che ti fanno sentire cosi' bene; di quel brivido in fondo alla spina dorsale e dell'adrenalina che e' una droga alla quale ci si puo' assuefare; alla paura che si impara a conoscere e a dominare e a spostarne piu' avanti la soglia perche' si impara. E si impara facendo, ovviamente. Il tutto in un ambiente bellissimo. Qualcuno poi ne fa il proprio lavoro, e non sono gli unici a fare un lavoro pericoloso.

    I compagni e le compagne di questi alpinisti del limite, di chi si sono innamorati in fondo? Lo sapevano che non avrebbero diviso la vita con un giocatore di scacchi. Probabilmente questa passione è stata una delle componenti dell'innamoramento. E comunque "o me o la montagna" vuol dire non aver capito molto della persona che credi di amare.

    E in fondo, Bonatti e' uno splendido ottantenne, Messner ha quasi 70 anni e' si e' fatto male saltando il muro del suo giardino; Cesare Maestri ne ha 82, Cassin e' morto l'anno scorso a 100 anni compiuti, Ardito Desio ne aveva 104...

    (e poi, da bimbi, si sogna di fare il pompiere, l'astronauta, l'esploratore, mica l'impiegato al catasto ;) )

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  11. ..e per ultimo: non si va con la testa nel sacco, ma si cerca di calcolare il rischio e di non infilarsi apposta nei casini. Quasi mai e' gente che va per monti da incosciente, soprattutto quando fa cose toste. Se poi mi citi l'alpinista della domenica che va con i sandali a fare le bocchette superiori o in val lasties con pericolo valanghe 4...

    Certo che, come ben sai, se la fortuna e' cieca la sfiga ci vede benissimo.

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  12. ah, la testata... quelli che citi non li ho considerati: son mica giornali, quelli :D

    macché, da quelli cosa puoi aspettarti? è il quotidiano locale che fa capo a un gruppo editoriale che dovrebbe ragionare in altro modo, ed e' per quello che mi fa incazzare ancora di piu'. parlo del quotidiano locale che fa capo al gruppo Repubblica Espresso. Che tira l'acqua al mulino dei suoi lettori: italiani che "hanno il malessere". E riconoscono la propria identità nei bassorilievi del duce a cavallo.

    Invece che smorzare i toni, fanno titoloni. battono e ribattono per giorni su questioni che diventano importanti, appena possono dan fiato alle trombe. Il tutto parendo equidistanti, oggettivi, neutrali. Seh!

    Non e' la loro posizione? possibile, ma allora cambino stile, perche' questo e' quello che, alla lunga, passa. Non sono la sola a pensarla cosi'.

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  13. hai qualcosa contro i giocatori di scacchi? :D
    oggi bep (che non mi vede da una settimana) è andato ad arrampicare nella pausa pranzo: "vuoi che dica ai miei compagni che resto a casa perché la mia morosa non vuole?" :|

    baci a te e a quelle splendide "cose" che vedi appena esci di casa ;)
    val

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  14. quoto. frequento l'alto adige da una decina d'anni (quindi non posso esprimermi su come fosse prima), ma sinceramente non sono mai stata trattata male, anzi a volte più amichevolmente che in zone di lingua italiana. poi a volte il trattamento ricevuto dipende anche da come uno si presenta/comporta ;O)

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  15. E' un peccato che questo post si sia biforcato, sono interessanti entrambi i concetti.
    Io sono l'amica che Mosco cita, quella che ha perso il compagno in montagna etc.etc... se ne è parlato e se ne parla moltissimo sul perché si va in montagna, su quello che si vive, su chi rimane a casa; emozioni degli uni, paure, ansie, timori di chi sta ad aspettare che i primi ritornino. Ho sperimentato entrambe le situazioni e mi riesce difficile esprimere qui in poche parole quello che si prova.
    Dopo l'esperienza vissuta ho sempre messo davanti a tutto la sicurezza, ho predicato ai quattro venti che in montagna bisogna usare la testa; però andando su per le terre alte può capitare di cadere, ehh sono alte... in spiaggia può capitare di beccarsi un colpo di sole... però che dire: e' una passionaccia, una S"porca" passione, che trascina, mannaggia se trascina e capita che un Walter Nones non sappia resistere neanche dopo quanto gli era successo, mannaggia la passionaccia per la montagna, è stata piu' forte della responsabilità per due figli che non avevano chiesto loro di venire al mondo e che ora si trovano senza un papa'. E' stato descritto come un eroe, ma forse lo sarebbe stato molto di piu' se avesse saputo rinunciare a quei rischi che ben conosceva...ma e' un discorso troppo complicato e forse non sta a noi giudicare queste sue scelte, ma mi sembra che in questi ultimi anni succeda un po' troppo spesso.

    ciao Loriz

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  16. Ah, Enrica, scordavo la motivazione "tutto pur di non stare con la morosa"!

    Azz, ciao Val non ti avevo vista :P:P

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  17. Appunto, Marina, bisogna togliere i paraocchi e porsi con rispetto e curiosita'. Qui come ovunque, altoadige, sardegna, entroterra romagnolo o giappone che sia.

    Ciao :)

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  18. Loriz, dopo il tuo commento non credo ci sia molto altro da aggiungere. tnx!

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