sabato 15 agosto 2015

L’armata dei babbei

Ci risiamo! L’armata delle anime belle all’assalto delle 3 cime di Lavaredo.

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Leggo sul Corriere della sera: “Gianluca Testa:

Seimila persone, dodicimila mani, tre cime. Le Dolomiti saranno protagoniste di un evento inedito e straordinario. In occasione del 40esimo anniversario di Amnesty, il prossimo 13 settembre si compirà un grande, grandissimo abbraccio ad alta quota. L’obiettivo è uno solo: chiedere giustizia, libertà e pace. Quei monti – che torneranno protagonisti del “Dolomites Unesco LabFest”, festival delle genti e per le genti organizzato ad Auronzo di Cadore (28-30 agosto) – sono stati scelti come luogo ideale per il superamento di ogni confine.”  E blabla, catena umana, bla “per proteggere simbolicamente ogni donna, ogni uomo, ogni bambino a cui ancora oggi sono negati i diritti umani fondamentali” bla bla.

Attorno alle 3 cime. In 6000. Per i diritti umani. Come nel 2009, allora per la fame nel mondo. Attorno a un campo di pomodori dove muoiono di fatica e di caldo schiavi migranti o attorno a un Centro di accoglienza e transito dove non funzionano i cessi e la gente viene presa a colpi di idrante avrebbe avuto meno appeal, immagino. Meglio una bella giornata in montagna con canti, chitarre, picnic vegan o pappardelle al cervo, eggià.

Mi cito, purtroppo:

”E io mi domando, seriamente, a che cavolo servirà. Oltre che a portare altro casino attorno alle 3 cime che, diciamolo, di pubblicità e di ulteriore affollamento non ne hanno sto gran bisogno. "Altro invito degli organizzatori è quello di rispettare l’ambiente non lasciando rifiuti sul tracciato." Si eh? 6.000 beneducatissimi! E che sono in parco naturale, glie l'avranno detto? Di non raccogliere fiori, di non portarsi il cane, di stare zitti per il possibile, di non inquinare, di non uscire dai sentieri, di non spaventare gli animali (se la saranno già battuta di corsa appena letta la notizia), di non rompere il cazzo ai contadini della val fiscalina und so weiter? Sono contraria, contrarissima, non ci sarò nemmeno per idea fra quei 6.000, non cercate una spatuzza là in mezzo perché la spatuzza non ci sarà. E invito i miei 25 lettori a fare altrettanto.”

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La vedete nella foto sopra la colonna di auto e pullman vicino al rifugio Auronzo in un normalissimo sabato di fine giugno? Serve altro inquinamento, si?

Ovviamente un’anima bella mi ha commentata sarcastica:

"ogni giorno 30.000 bambini muoiono di fame in africa a causa della nostra indifferenza.
attendo da voi proposte per far emergere questo problema e tentare di porvi rimedio.
dopodichè si accetteranno le critiche sulla "scema" manifestazione allle tre cime
"

e qui il post di risposta:

forse hai ragione maik, non è una scemenza.
Bruciare qualche migliaio di litri di petrolio per far arrivare lassù almeno 6000 persone con un migliaio di auto, pullman e navette più un paio di elicotteri in nome dei bambini che muoiono di fame non è una scemenza.

Portare inquinamento, rumore, gente, far saltare per quel fine settimana tutti i divieti e le regole, in un parco con un'ecologia molto fragile che sta già soffrendo di troppa gente, turismo, antropizzazione, non è una scemenza. Né è una scemenza fare a quel posto ulteriore pubblicità, dare fiato e portare altri soldi a chi vuole costruire proprio lì vicino un ulteriore impianto di risalita per rovinare un altro pezzo di natura, non capire che gli unici a guadagnarci saranno albergatori e navette e pizzerie e campeggi cui clienti e notorietà non mancano proprio (che se non erro fan parte di quel modo consumistico di vivere occidentale che affama il terzo mondo), più qualche presenzialista che si farà pubblicità gratis, no non è una scemenza.

E' come vuotare una nave cisterna in mare per attirare l'attenzione sui problemi del Darfur.

Immagino che scegliere un posto meno suggestivo e meno fragile sarebbe stato meno mediaticamente impattante e meno divertente, Bono e Veltroni sarebbero stati a casa, probabilmente. Il risultato pratico, cioè salvare vite di bimbi affamati, identico: nessuno.

Un bel po' di gente se ne andrà tutta contenta, dopo una giornata in allegria in montagna, sentendosi molto generosa e virtuosa credendo di aver fatto qualcosa contro la lotta alla fame nel mondo. Invece ha fatto solo ulteriori danni, ulteriore spreco, e un'operazione di marketing per i "professionisti della solidarietà".

Si, hai ragione, non è una scema manifestazione, è "una cagata pazzesca" (cit.).

Conto su Fantozzi e sulla sua nuvola: cerca di far piovere, a dirotto, a partire da un paio di giorni prima, per favore! I diritti umani non ne risentiranno, gli albergatori nemmeno, dopo un’estate di caldo e sole e turisti come non se ne vedevano da anni. E le 3 cime ringrazieranno.

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sabato 25 aprile 2015

Grazie “Piccoli maestri”

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Luigi Meneghello
I piccoli maestri

Editore: Rizzoli BUR

anno: 2013

pp. 234
(e numerose altre edizioni)

Dagli orli del bosco si vedevano le colonne raggrupparsi, e formarsi i cordoni e le file indiane; c’erano migliaia di soldati; le staffette in sidecar andavano e venivano, a qualche centinaio di metri davanti a noi. A metà della mattina mi venne paura; fu l’unica volta che ebbi veramente paura durante la guerra. Era evidente che eravamo in trappola: mi ero sempre figurato un centinaio di uomini che ti rastrellano, diciamo duecento; ma qui era tutto pieno dappertutto. In principio si aveva il senso di avere tedeschi davanti, e spazio alle spalle; ma poi questa impressione andò a farsi benedire, si sparava anche dietro di noi, dove giravano i nostri compagni, e si capiva che potevano arrivare da qualunque parte. Avevamo due o tre caricatori per ciascuno, e qualche bomba a mano: cinque minuti. Dante ci aveva fatto mettere in una conchetta tra i pini. «Adesso stiamo qua» disse. Fu a questo punto che mi venne la paura. Era proprio paura, un’esperienza eccitante. La cosa disgustosa è quel paio di minuti tra quando avvisti la processioncina in arrivo, e quando ti dici: Va bene, è proprio vero. Mi pareva molto più facile alzarsi subito, andargli incontro. Per fortuna c’era Dante, il quale o non aveva paura o non si vedeva assolutamente.

«Cosa facciamo quando li vediamo?» dissi a denti stretti, che delle volte non battessero.

«Non pensare» disse Dante. Infatti aveva ragione, basta non pensare.

La prossima cosa che mi ricordo siamo tornati alla Fossetta. È sera, il rastrellamento è terminato, i camion stanno andando via da Marcésina. La malga non c’era più: misuravamo coi passi i residui neri, ed è incredibile quanto appariva piccola. Parte dei sacchi nascosti li avevano trovati, parte no.”

Inoltre, ricordo:

Paola Lugo
Montagne ribelli.
Guida ai luoghi della resistenza
Editore Mondadori  (collana Oscar storia)
anno 2009,
pagine XIX-179 p., ill., brossura,
€ 13
ISBN: 978-88-04-58839-9

del quale avevo parlato qui

(e mi pare che di “..un muto bisogno di decenza” ce ne sia sempre più bisogno)

domenica 1 marzo 2015

Manaslu

"Sunrise, Manaslu" di Ben Tubby - flickr.com. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons

Manaslu, 8.163 m s.l.m., catena dell’Himalaya, l’ottava montagna più alta del mondo. E c’è su Tamara, adesso, in inverno, insieme a Simone Moro.

Intervista sul quotidiano Alto Adige
Le foto di Tamara
Manaslu: Moro e Lunger sono saliti al campo base

Bè, dita incrociate. Tutti, ci conto!

giovedì 26 febbraio 2015

webcam

Per i fanatici delle webcam, segnalo un sito molto interessante, dal quale ho tratto la foto di apertura del post precedente:

webcam

webcam aggiornate ogni 10 minuti, con foto di ottima qualità e risoluzione, ingrandibili fino a 4272*2848 pixel. Su ogni immagine troviamo stampigliata la data, l’ora, il luogo dello scatto, a volte la temperatura. Di ogni foto ci sono i dati EXIF.

Una mappa aiuta a collocare la webcam sul territorio, una scheda dettagliata informa sulle caratteristiche tecniche e mostra alcune foto dell’hw e dell’installazione.

Di ogni webcam troviamo l’archivio delle foto dal primo scatto (in alcuni casi anni di fotografie!), e la selezione delle immagini più belle.

Installate a cura di varie aziende, alberghi o associazioni (la sezione dell’Alto Adige del C.I.S.A.R., i radioamatori italiani, per alcune webcam altoatesine), per la maggior parte si trovano all’estero, ma l’Alto Adige e il Trentino sono ampiamente rappresentati e stanno man mano crescendo.

Per esempio da (immagini scelte a capocchia dalla sottoscritta):

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Bolzano dal Gantkopfel (Monte Macaion) con vista sulle Dolomiti, qui il 22.12:14 alle 6:40

rittenRitten (Renon), hotel Plörr a Oberinn/Auna di sopra, sempre con le Dolomiti sullo sofondo. Qui martedì scorso 24 febbraio alle 20: aveva appena nevicato

merano

Dorf Tirol (Tirolo), dall’ hotel Klüglerhof, con vista su Merano. Qui la notte di capodanno

torbole

Torbole sul Garda, or ora (15:50)

aurinaRein in Taufers (Riva di Tures), qui il 18 febbraio scorso alle 6:50

ora a bz bz anno scorso
ritten2 renon natale

Ora a Bz c’è un solicello pallido mentre l’anno scorso a quest’ora non ci si vedeva a un palmo dal naso, il Renon è sotto le nuvole e innevato mentre a Natale non ce n’era nemmeno un fiocco… eccetera eccetera. Insomma, buon divertimento! (io ci passerei le ore :D)

Camelie e caprioli (e mi immagino le zanze!)

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nevischiava sui monti (fonte: foto-webcam.eu)

“Che strana stagione!” stavo pensando mentre il vento portava qualche fiocco di neve sui fiori della camelia, già fiorita da giorni, con un anticipo di più un mese. Il prato non è mai ingiallito, la lonicera è piena di getti nuovi, le rose hanno messo getti lunghissimi ben prima della consueta potatura di gennaio. L’acqua che metto a disposizione dei merli è gelata pochissime notti.

E mi è tornato in mente Rigoni Stern, appena ri-ri-riletto, che parla dell’inverno del 1992:

sentieriMario Rigoni Stern

Sentieri sotto la neve

Editore: Einaudi
Supercoralli

Anno 1998

pp. 127
€ 11,36
ISBN 9788806149000

(altre edizioni:
Sentieri sotto la neve. 2013. eBook
Sentieri sotto la neve. 2006. ET Scrittori

Questa stagione inusitata ha sicuramente favorito anche lo sviluppo di certi insetti e mai come quest'anno le mie api hanno anticipato la sciamatura. I tassi si sono svegliati in anticipo dal letargo invernale: già a metà febbraio avevo notato i loro segni. Pure i caprioli hanno avuto un inverno tranquillo; tranne qualche vecchio legnaiolo nessuno girava per i boschi (i cittadini non trovavano niente da raccogliere: né frutti né funghi), e cosi i caprioli sono scesi a pascolare le gemme dei saliconi a ridosso delle contrade. Una mattina ho visto le loro tracce sulla terra appena rivangata del mio orto. Ora, però, stanno pagando il trascorso mite inverno e la precoce primavera.

Nelle ore del giorno, quando stanno dentro il bosco a ruminare, li sento tossire e sternutire con insistenza. E un brutto segnale. Il loro malessere non è dovuto al polline delle conifere ma a un dittero: la Cephenemyìa stimulator, che l'estate scorsa ha depositato le sue larve nelle loro cavità nasali. Queste piccole larve, dopo una migrazione invernale all'interno delle prime vie respiratorie del capriolo, si sviluppano e crescono tra aprile e giugno per raggiungere poi la faringe. In questo periodo la povera bestiola infestata mostra segni di sofferenza, ha difficoltà a deglutire, tossisce, sternuta, ha il respiro raschiarne, scola muco dalle narici e scuote la testa con forza per liberarsi dal fastidioso ospite. Di conseguenza dimagrisce, ritarda la muta del pelo invernale, e se è maschio stenta a far ricrescere il trofeo. Può facilmente diventare preda dei cani randagi e delle volpi.

Le larve mature, dalle quali il capriolo infine si libererà, si impupano nel terreno delle radure e nei prati ai margini del bosco; dopo cinque settimane diventano insetti adulti: mosche lunghe un centimetro e mezzo, pelose e di colore giallo scuro. Nella maggior parte dei casi, andranno a deporre le uova sul naso dei piccoli caprioli nati a maggio perché gli adulti, conoscendo il pericolo, cercheranno difesa nel bosco più fitto, dove queste mosche di solito non arrivano.

Recentemente ho trovato una piccola femmina di un anno colpita dalla Cephenemyìa morta tra i fiori di un pascolo. Forse ad aggredirla sono state le volpi. Avevano già mangiato le cosce e le interiora. Le larve le uscivano dal naso. Il giorno dopo sentii i corvi gracchiare sopra quel pascolo, li osservai volare attorno alle spoglie della bestiola. Nel giro di poco tempo non rimase che lo scheletro ripulito e bianco; sull'erba, il pelo sparso.

(Mario Rigoni Stern)

Per fortuna i miei ricci e le tarte dormono ancora, ma la gatta Puzzola sta cambiando il pelo (ne ho dappertutto!). Adesso si spera che l’inverno non abbia qualche colpo di coda magari sui fiori dei meli o sui getti delle vigne.

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Camelia fiorita in gennaio. A Bolzano.

domenica 25 gennaio 2015

Facili profeti

Valanga cade in pista a Pejo 3000

La slavina, con un fronte di quindici metri, non ha per fortuna investito sciatori.

TRENTO. Questa mattina, intorno alle 11.30, il Soccorso alpino-Servizio provinciale trentino è intervenuto per bonificare una valanga, con un fronte di circa cinquanta metri, che si è staccata in modo spontaneo da un pendio, invadendo in parte la pista di sci “Pejo 3000”, a una quota di circa 3000 metri.

(fonte TRENTINO on line di oggi)

4 anni fa scrivevamo:

“La prima parte della discesa è stata costruita esattamente nello stesso colatoio dove 25 anni fa (30 gennaio 1986) una valanga si è portata via pista e impianto di risalita. Ora l’impianto non è più a rischio, ma la pista? Siamo proprio sicuri che il Taviela non si incazzi di nuovo e non scarichi un’altra megavalanga su una pista zeppa di sciatori? Dove è caduta una volta ci sono buone probabilità che cada di nuovo.

Tranquilli, le staccheranno prima che cadano spontaneamente, con elicotteri e cannoncini. Però, inaugurata sabato, mi dicono che domenica la pista era già chiusa. Per cosa? pericolo valanghe. Ma guarda. Spiritosi!”

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Anche stavolta è andata bene…

martedì 6 gennaio 2015

Non solo pappagalli

Visitatori un po’ meno esotici:

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Cinciarelle, diverse coppie (Cyanistes caeruleus)

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Cinciallegre, troppe per riuscire a contarle (Parus major)

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Cincia mora. Una, direi, ma come si fa a controllare? (Periparus ater)

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passeri, plurali, cinguettanti, litiganti, sfacciati, innumerevoli (Passer domesticus)

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verdone (Chloris chloris). Meno numerosi dell’anno scorso, mi pare.

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Pettirossi. Almeno 2, li ho visti litigarsi il territorio e il becchime. (Erithacus rubecula)

Alcuni fringuelli, che fatico a fotografare perché razzolano a terra e non si lasciano avvicinare. (Fringilla coelebs)

Merli, alcune coppie, che adorano fare il bagno nella ciotola, a prescindere dalla temperatura:

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Infine, esotiche ma ormai stabili in Europa, 6 tortore dal collare, cha vanno sempre in coppia e stanno, di già, tubando allegramente. Sotto le mie finestre. La mattina all’alba! GRRRRR!  (Streptopelia decaocto):

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venerdì 2 gennaio 2015

dalle stalle alle stelle

Nonna Alba Nonna Alba

Era nata alla fine del 1800 da una famiglia contadina di Tuenno, val di Non, in Trentino. Campi, stalla, maiali, patate, la solita vita dei paesi alla fine dell’800 nell’impero austrungarico. Narrano  le storie familiari di un mitico viaggio in slitta trainata dai cavalli, sepolta dalle coperte e dalle pellicce, per andare a Innsbruck a trovare la sorella sposata lassù.

nonno eugenioEra molto bella, brillante, con una sua eleganza innata e un carattere volitivo (una peste ad essere sinceri :D); purtroppo non ho più nessuno a cui chiedere come e dove conobbe e affascinò mio nonno Eugenio, bello e fine pure lui, nato in una famiglia colta e benestante di Bolzano. So però che in viaggio di nozze andarono, sempre in carrozza, a Riva del Garda.

Da sposa imparò ad apprezzare le comodità di una casa di città e attraversò, fra varie vicissitudini, gran parte del ventesimo secolo passando dalla candela alla luce elettrica, dalle stufe a legna da accendere stanza per stanza al riscaldamento centralizzato, dalla lavandaia alla lavatrice, dal carro all’automobile, dai filò in stalla alla televisione alla magia del telefono. Nonostante non avesse mai capito come funzionava un interruttore né a programmare il termostato della caldaia, assisteva con ammirazione e curiosità allo sviluppo tecnologico: rimase alzata tutta la notte davanti alla TV per assistere allo sbarco di Armstrong e Aldrin sulla Luna e ne parlò per mesi con entusiasmo.

Nonna Alba

Chissà, nonna Albina Cristoforetti, cosa ne penseresti oggi a sapere che Samantha è ingegnere, capitano dell’aeronautica, pilota di jet e sta girando 400 km sopra le nostre teste nella Stazione Spaziale Internazionale, mandando sulla terra in tempo reale le foto del nostro pianetino e delle nostre valli prese da lassù!

valli di Non e Sole dalla ISS – foto Samantha Cristoforetti

“Come abitante temporanea di un avamposto umano nello spazio, condividerò la prospettiva orbitale e condurrò virtualmente nello spazio tutti quelli che vorranno prendere parte a questo viaggio.

Samantha Cristoforetti