Foto di Flavio FaganelloNel 1973 usciva, per i tipi "arti grafiche Saturnia" di Trento, un bellissimo libro: "Gli eredi della solitudine" (ristampato nel 2003 da Cierre edizioni), firmato dal giornalista Aldo Gorfer e dal grande fotografo trentino Flavio Faganello.
I due autori nell'inverno del 1972 girarono per alcuni masi altoatesini isolati in montagna, a diverse ore di cammino dal primo paese e dalla civiltà, privi di ogni collegamento con il fondovalle. Erano abitati da povera gente, da contadini che praticavano una pura economia di sussistenza. Ammalarsi era vietato, durante i lunghi inverni i masi erano irraggiungibili; le donne partorivano da sole lontane da ogni assistenza, allevavano molti figli in condizioni di vita durissime dettate esclusivamente dalle necessità della campagna e dal ritmo delle stagioni. Per i ragazzini andare a scuola voleva dire 3-4 ore di cammino per frequentare multiclassi nel paese più vicino. In moti masi non arrivavano ancora né telefono né luce elettrica.
"Maso Greit, m.1858, di fondazione medievale, distante un'ora di severo cammino dalla strada di val martello. E' abitato permanentemente da due famiglie." oppure "maso Grub, abitato da 12 persone, è uno dei caratteristici masi montani del comune di Naturno [..] Si trova a 1475 m s.l.m. a circa due ore di cammino da Naturno [..] Una teleferica allaccia Naturno con il maso Rofen (m 1034). Da qui si dipartono altre due teleferiche, una delle quali per il Grub.
Aldo Gorfer faceva parlare la gente, raccoglieva storie di uomini e donne fermi nel tempo, fortemente ancorati a vecchie tradizioni, alla loro terra, a una semplice religiosità spesso venata di superstizione; di famiglie nelle quali ogni età aveva i suoi importantissimi compiti da svolgere dai quali dipendeva la sopravvivenza di tutti.
"Oggi fanno il pane. Non si deve disturbarli. Quando fanno il pane tutta la famiglie è sottosopra. La cottura del pane è avvenimento importante per il maso. Una cerimonia che rappresenta la vita per alcuni mesi".
Flavio Faganello fotografava. Decine di belle fotografie in bianco e nero di interni ed esterni, di facce, gente al lavoro, animali, casali coperti di neve, vecchi e bambini.
Insomma un libro bellissimo.
A distanza di 30 anni Flavio Faganello tornò lassù, senza Aldo questa volta, morto da tempo, a visitare i luoghi visti allora, con la paura di non trovare nessuno e di aver perso un mondo, una cultura. Li raggiunse in auto, le strade erano arrivate fin lassù. Invece li trovò ancora tutti abitati dalle stesse famiglie, al posto delle temute rovine, masi ristrutturati e ammodernati, televisione, automobile, attrezzature agricole moderne. In tutti i masi il suo libro in bella vista nel posto d'onore.
La gente è cambiata per forza, più aperta al mondo, diversa ma non si può dire peggiore. Resta il grande attaccamento alle proprie radici e una grande consapevolezza dell'importanza del contadino di montagna per la salvaguardia dell'ambiente, della cultura, dell'economia e anche del turismo ecocompatibile.
Merito della Provincia che ha saputo creare infrastrutture, dare contributi per le ristrutturazioni, per gli ammodernamenti delle stalle, per l'acquisto di macchinari. E merito di quel concetto di Heimat altoatesino, che quando è sano rappresenta il legame profondo alla propria piccola patria fatta di radici e cultura e non malinteso nazionalismo. Che si vede anche nella pulizia dei prati e dei boschi, nello sviluppo turistico ancora in parte compatibile col territorio, nei gerani alle finestre (con buona pace di Paolo Rumiz che li detesta).
Da queste visite nell'ottobre 2003 a BZ è nata una bella mostra fotografica, intitolata "Gli eredi della solitudine - Un ritorno" con uno splendido catalogo.
Questo post aveva altri intenti, in origine. Volevo parlare di Flavio Faganello, morto in ottobre di due anni fa, delle sue fotografie e del suo modo di vedere il Trentino. Ha cambiato volto e indirizzo per merito di un interessante e piacevole scambio di opinioni con RoVino nei commenti del post di ieri dedicato alle Portatrici Carniche. Grazie anche a lui, quindi, per lo spunto di riflessione.