Il Monte Paterno (a sx) e le 3 Cime di Lavaredo dal Rifugio Locatelli/Dreizinnenhütte
Sepp Innerkofler ha 50 anni quando vede la guerra avvicinarsi al punto da essere quasi ai confini con l'orto del suo maso. Può restarsene lì a guardare, mentre gli austriaci adibiscono a quartier generale la sua Dreizinnenhütte (ora Rifugio Locatelli alle 3 Cime di Lavaredo), rafforzano le difese sulle sue montagne con le poche truppe a disposizione (la maggior parte infatti è impegnata sul fronte russo), costruiscono trincee in attesa della dichiarazione di guerra degli italiani?
No, non può: stanno portando la guerra in casa sua. In maggio del 1915 Sepp, alpinista e guida alpina, si arruola fra gli Standschützen, i volontari tirolesi dell'esercito austrungarico e per alcuni mesi fa parte di una "pattuglia volante" che sorveglia la zona delle Dolomiti di Sesto, posti che Sepp conosce come le sue tasche, scalando nel contempo diverse cime. Il coraggio dimostrato nei suoi pattugliamenti gli vale il grado di sergente e una medaglia d'argento, cosa non comune dato il suo stato di volontario e non di militare effettivo. Durante quei mesi di guerra tiene un diario sul quale scrive quello che vede e racconta brevemente le azioni alle quali partecipa.
Non dura molto quel diario, infatti il 4 luglio di quell'anno Innerkofler muore sulle sue crode durante il tentativo di attacco alla postazione italiana sul Paterno, montagna da lui già scalata diverse volte e punto strategico per il controllo della Forcella Lavaredo, porta d'accesso verso il Cadore da una parte e verso la Pusteria e il Tirolo dall'altra.
Ma come morì Sepp Innerkofler? Secondo la prima versione colpito da una fucilata italiana quando, arrivato in prossimità della vetta, lanciò 3 bombe a mano, due delle quali rimasero inesplose. Luis Trenker invece, nel 1932, diffuse la notizia, ripresa da un libro di Antonio Berti, che Sepp precipitò dalla cima travolto da un grosso masso gettatogli addosso dall'alpino Piero De Luca, finendo incastrato nel camino Oppel.
Queste furono per decenni le versioni accreditate: Innerkofler era morto per mano italiana, difendendo i sacri confini dell'Impero. Difficile in quegli anni accettare la terza ipotesi, che iniziò a circolare molto tempo dopo, nel 1975, suffragata peraltro da più di un testimone, fra i quali lo stesso figlio di Sepp: morì falciato da una raffica di mitra partita per errore dalle vicinanze della Torre Toblin, postazione tenuta in quel momento dai suoi stessi commilitoni, che gli facevano fuoco di copertura. Fuoco amico.
Recuperarono la salma del noto e stimato alpinista gli stessi alpini che l'avevano combattuto e la seppellirono sulla cima del Paterno da dove venne recuperata e traslata nel cimitero di Sesto dopo il 1917.
(Joseph Innerkofler: Sesto Pusteria 28 Ottobre 1865, Monte Paterno 4 Luglio 1915, dapprima tagliaboschi, operaio in una falegnameria e in seguito simbolo delle guide di Sesto/Sexten. Gestì per 17 anni il rifugio Dreizinnenhütte alle 3 Cime di Lavaredo, fino a quando non venne distrutto dalle artiglierie italiane, e nel 1908 costruì il Dolomitenhof, il famoso albergo tuttora aperto vicino al parcheggio all'inizio della Val Fiscalina, dotandolo di tutte le comodità compresa la luce elettrica. Famosa la sua prima ascensione, nel 1890, della parete N della Cima Piccola di Lavaredo in cordata con Hans Helversen, di Vienna, e Veit Innerkofler. Al suo nome è dedicato il Sentiero attrezzato Piero de Luca - Innerkofler sul Paterno.)